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20/10/2017

In Italia ormai è “emergenza emigrazione”

Il problema non sono gli immigrati che arrivano in Italia ma gli emigrati italiani che stanno abbandonando il paese e che ormai sono quasi cinque milioni. Eppure la narrazione continua ad essere fuorviante, incompleta e miope.

Anche nel 2016 infatti hanno lasciato il paese 124mila italiani per andare all’estero, in aumento del 15,4% rispetto al 2015. E’ quanto trova conferma nel Rapporto Italiani nel Mondo 2017 di Migrantes, la Fondazione della Conferenza episcopale italiana. E aumentano soprattutto gli emigranti giovani ossia il futuro di questo paese: oltre il 39% di chi ha lasciato l’Italia nell’ultimo anno ha tra i 18 e i 34 anni (+23,3%). Il 9,7% ha tra 50 e 64 anni e sono i “disoccupati senza speranza” rimasti ormai senza lavoro. Dal 2006 l’emigrazione italiana all’estero è aumentata del 60,1%. Dal Rapporto 2017, Europa e America Latina risultano le destinazioni preferite. I centri studi delle classi dominanti brindano al fenomeno e lo nascondono dietro la rassicurante categoria della “mobilità”, negando che dietro ci siano invece le conseguenze del massacro sociale e del crollo – voluto – delle aspettative generali del nostro e degli altri paesi europei più deboli.

Si emigra soprattutto verso il Regno Unito, che registra un primato assoluto tra tutte le scelte, seguito subito dopo da Germania, Svizzera, Francia, Brasile e Stati Uniti. Si evidenzia anche come tra le prime 15 destinazioni dell’ultimo anno ci siano Irlanda (+57,6%), Spagna (+31,6%) e Australia (+22,2%), e sono in diminuzione Argentina (-14,7%), Canada (-8,7%), Emirati Arabi (-6,7%) e Austria (-3,6%).

Ma a differenza dei decenni precedenti, si emigra anche dalle regioni ricche. La Lombardia, con quasi 23mila partenze, si conferma la prima regione da cui gli italiani hanno lasciato l’Italia alla volta dell’estero, seguita dal Veneto (11.611), dalla Sicilia (11.501), dal Lazio (11.114) e dal Piemonte (9.022). L’unica regione che presenta un dato negativo è il Friuli Venezia Giulia da cui nell’ultimo anno sono partite circa 300 persone in meno (-7,3%).

Degli oltre 4,9 milioni di italiani residenti all’estero, sottolinea il rapporto Migrantes, “il 54,3% ha fatto effettivamente esperienza migratoria: detto in altri termini, sono quasi 2,6 milioni gli italiani iscritti all’Anagrafe Italiani residenti all’estero (A.I.R.E.) per espatrio o residenza all’estero”.

Interessante quanto scrive su questo fenomeno sociale la campagna Noi Restiamo che su questo ha prodotto un documento ricco di dati.
“La struttura produttiva del nostro paese si sposta verso settori a basso contenuto tecnologico, e parallelamente assistiamo ai tagli agli investimenti in ricerca e sviluppo e alla ristrutturazione del sistema formativo, segnato da un notevole ridimensionamento dell’alta formazione (eccetto pochi poli universitari di eccellenza che anzi si consolidano) nonché dalla ridefinizione della scuola superiore come serbatoio di manodopera flessibile e impiegabile con profitto in mansioni poco qualificate, tramite l’alternanza scuola-lavoro. Il mercato del lavoro è caratterizzato da precarizzazione pressoché totale e da percentuali altissime di disoccupazione, in particolare per quanto riguarda le fasce giovanili.

Data tale desolante situazione, moltissimi fisiologicamente scelgono la strada dell’emigrazione. Negli ultimi dieci anni, sono aumentati del 50% gli iscritti al registro dell’AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all’estero) – dato conservativo in quanto non tutti gli emigranti vi si iscrivono; il dato dei cittadini italiani che lasciano il paese continua ad aumentare di anno in anno”.
E più avanti lo stesso documento sottolinea che
“A smentire qualunque visione ideologica, proposta dall’avversario di classe, di presunte invasioni in corso, i dati mostrano come il saldo migratorio (ovvero la differenza tra immigrati ed emigrati) ammonti a poco più di 100.000 persone e sia inoltre in costante calo. Citiamo dal rapporto Istat: “Negli ultimi cinque anni, tuttavia, le immigrazioni si sono ridotte del 27%, passando da 386 mila nel 2011 a 280 mila nel 2015. Le emigrazioni, invece, sono aumentate in modo significativo, passando da 82 mila a 147 mila. Il saldo migratorio netto con l’estero, pari a 133 mila unità nel 2015, registra il valore più basso dal 2000 e non è più in grado di compensare il saldo naturale largamente negativo (-162 mila)”.

L’emigrazione dall’Italia ha assunto caratteristiche di massa, come già a cavallo tra Otto e Novecento e dopo la Seconda guerra mondiale; ma rispetto alle due altre grandi ondate migratorie, la composizione di chi lascia il paese presenta importanti differenze. Oltre alla perdurante migrazione di forza lavoro poco qualificata, infatti, va segnalata la presenza significativa di laureati, che si aggira intorno al 30% negli ultimi anni ed è in costante e notevole aumento dal 2011”.
Insomma materia seria su cui riflettere ed agire al di fuori di ogni logica caritatevole dell’accoglienza (i rifugiati hanno diritto alla protezione non all’accoglienza che è una assunzione di responsabilità assai superiore, ndr) e per impedire questa spoliazione sistematica delle risorse di questo paese, pianificata neanche troppo velatamente dai tecnocrati dell’Unione Europea, è qualcosa di più e di peggio che una semplice “fuga di cervelli”.

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