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18/10/2017

Il Kurdistan iraqueno perde Sinjar, lo Stato Islamico Raqqa

di Roberto Prinzi

Dopo Kirkuk è stato il turno oggi di Sinjar, nel nord ovest dell’Iraq: il gruppo yazida Lalesh affiliato alle milizie sciite irachene ha infatti detto di aver preso il controllo della città rivendicata sia dal governo centrale sia da quello autonomo curdo.

Anche qui, come è avvenuto ieri nella città petrolifera di Kirkuk, l’avanzata di forze legate a Baghdad è avvenuta senza lo spargimento di sangue: Lalesh è riuscito ad estendere il suo controllo su tutta Sinjar approfittando del ritiro delle forze peshmerga curde avvenuto nella tarda notte di ieri. Uno scenario ben diverso rispetto a quanto accaduto lo scorso marzo quando si erano registrati in città violenti scontri tra le Unità di resistenza del Sinjar (YBS) e quelle peshmerga, riproposizione locale del più ampio conflitto tra il governo centrale e quello regionale curdo (Krg).

La perdita del territorio da parte curda è stata confermata dal sindaco di Sinjar, Mahma Khalil, che ha fatto sapere che le unità di mobilitazione popolare (Pmu) controllano ora la città. Ma a essere presenti nell’area restano anche i combattenti del partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), tra i protagonisti nel 2015, insieme ai peshmerga, della sua riconquista dalle mani dell’autoproclamato Stato Islamico.

Le forze irachene – secondo quanto ha riferito un ufficiale militare alla Reuters – sono avanzate poi stamane anche nei campi petroliferi di Bai Hasan e Avana dopo che ieri avevano preso possesso di quelli di Baba Gurgur, Jambur e Khabbaz. Giacimenti che, affermano da Baghdad, starebbero già operando regolarmente.

Le recenti ritirate dei peshmerga – che giungono a distanza di tre settimane dal referendum curdo sull’indipendenza che includeva anche alcune aree “contese” da Baghdad e il Krg, a partire da Kirkuk – rappresentano un duro colpo per il presidente della regione curda, Massoud Barzani, che proprio sul voto referendario aveva puntato tutte le sue carte per ricompattare la sua popolazione distogliendola dai problemi reali (corruzione, crisi economica, disoccupazione alle stelle).

Una mossa apparsa già allora un azzardo visto che le potenze regionali e internazionali avevano manifestato sin da subito la loro netta contrarietà all’indipendenza del Kurdistan iracheno e che, di ora in ora, sembra essere stata sempre di più un grosso errore politico. Baghdad, godendo di ampio sostegno, può ora avanzare senza difficoltà in quei territori che i curdi, dopo averli strappati all’Is con costi umani ed economici elevati, volevano far rientrare nel loro stato indipendente.

Sinjar è balzata alle cronache tristemente nell’estate del 2014 perché teatro di una delle più gravi stragi commesse dallo Stato islamico: ancora oggi non si conosce il numero esatto delle persone uccise dalla barbarie jihadista (si parla di migliaia di civili). Senza poi dimenticare le migliaia di donne e ragazze yazide rapite e trasformate in schiave del sesso dai miliziani. Il dramma yazida, con i suoi morti, stupri e le sue lunghe file di rifugiati in fuga disperata dalla città, riuscì a fare breccia per alcuni giorni sulla stampa occidentale mainstream facendo scoprire al mondo, forse per la prima volta in questi termini, la crudeltà e la violenza cieca dello Stato Islamico.

La perdita di un altro pezzo di territorio rivendicato dai curdi giunge mentre la tensione politica nel Kurdistan iracheno continua ad essere alta: ieri uno dei partiti storici della regione, il Puk, è stato accusato dal Kdp del presidente Barzani di “tradimento” per aver ritirato le sue forze di fronte all’avanzata delle truppe irachene. Il Puk, accusa il Kdp, avrebbe negoziato con l’Iran e il governo iracheno lo status di Kirkuk, prima del collasso di ogni possibile dialogo.

Quanto fondamento hanno queste accuse è quanto invece sono strumentali in vista del voto locale previsto tra due settimane? La domanda nasce spontanea. Sempre che, sia chiaro, il voto avrà luogo. Una possibilità su cui non è possibile mettere la mano sul fuoco visto gli sviluppi delle ultime ore. Elezioni che sembrano sempre più minacciate anche dalle casse vuote curde a causa della perdita dei giacimenti petroliferi nel distretto di Kirkuk.

Un dato su tutto: Bai Hassan e Avana producevano da soli la metà dei 600 mila barili giornalieri esportati da Erbil verso l’Europa, via Turchia.

Ore 15:00 Forze democratiche siriane: “Conquistata tutta Raqqa”

Le forze democratiche siriane (Sdf), sostenute dagli Stati Uniti, hanno il pieno controllo della città di Raqqa, la “capitale” siriana dell’autoproclamato Stato Islamico. A riferirlo all’Afp è stato il portavoce delle Sdf, Talal Sello. “Le operazioni militari – ha detto Sello – sono terminate, ma sono in corso ora quelle di pulizia volte a scovare cellule [terroristiche] dormienti e a rimuovere le mine”.

Intervistato dalla Reuters, un residente della città ha raccontato che i combattenti delle Sdf hanno celebrato la vittoria per strada con cori e canti. La vittoria a Raqqa, la cui offensiva era iniziata lo scorso 6 giugno, è il simbolo ormai definitivo della fine, almeno nella sua forma statuale, del “califfato” islamico.

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