Su cosa si fonda giuridicamente il disconoscimento del referendum catalano da parte di Madrid? Conviene una lettura sistematica della Costituzione che, nel preambolo inizia con queste parole: “La nazione spagnola... proclama la sua volontà di: ...proteggere tutti gli spagnoli ed i popoli di Spagna
nell’esercizio dei diritti umani nonché le loro culture, tradizioni,
lingue ed istituzioni...”.
Poi fondamentale è l’art 2:
“La Costituzione si fonda sull’unità indissolubile della Nazione
spagnola, patria comune ed indivisibile di tutti gli spagnoli,
riconosce e garantisce il diritto all’autonomia delle nazionalità e
delle regioni che la compongono, nonché la solidarietà fra tutte queste.”
Dunque il soggetto politico che detiene la sovranità è la Nazione
spagnola che è indivisibile (è detto due volte), mentre le nazionalità
sono individuate come soggetto etnico subordinato, cui si garantisce una
forma di decentramento amministrativo ma non politico.
Tutto è
illuminato dall’articolo seguente: “Il castigliano è la lingua ufficiale
dello Stato spagnolo. Tutti gli spagnoli hanno il dovere di conoscerla
ed il diritto di usarla. Le altre lingue spagnole saranno considerate
esse ufficiali nelle relative comunità autonome, in conformità ai loro
statuti. La ricchezza delle diverse espressioni linguistiche della
Spagna è un patrimonio culturale che sarà oggetto di speciale rispetto e
protezione.”
Quindi, le culture e le lingue regionali restano tali,
anche se riconosciute e con una promessa di tutela, ma la centralità
linguistica (e, di riflesso politica) del castigliano è ribadita
esplicitamente. E qui si spiega quel riferimento alle nazionalità dell’articolo precedente: esse, con le loro particolarità linguistiche e culturali, possono
rappresentare una ricchezza espressiva, patrimonio culturale della
Spagna, ma non aspirare ad una soggettività politica. Il punto non sta
tanto nella norma sull’indivisibilità territoriale dello Stato (molte
costituzioni hanno norme simili come quella italiana nell’art. 5), quanto
in questa ribadita centralità castigliana cui le altre comunità
linguistiche sono subordinate (si noti il “dovere” di conoscere il
castigliano per tutti gli spagnoli) e in un altro aspetto poco
appariscente: mentre la maggior parte delle costituzioni fa costante
riferimento ai cittadini, questa di cui ci occupiamo parla costantemente
di “spagnoli” (“Gli spagnoli raggiungono la maggiore età a 18 anni”
– art.12. “Gli spagnoli sono uguali davanti alla legge” – art. 14 ecc.)
ulteriore accentuazione del dato nazionale.
E’ interessante un aspetto: le Comunità, secondo
l’art. 148, hanno una molteplicità di competenze, ma in nessuna parte si parla di potere legislativo (come è proprio degli ordinamenti
ragionali del tipo italiano – che peraltro, si ispirava alla costituzione
spagnola del 1931 –) mentre l’art. 149 fissa un lunghissimo elenco di
competenze di esclusiva competenza dello Stato che coprono quasi tutte
le materie (comprese quelle riconosciute alle comunità), per cui si
evince che nella gerarchia delle fonti, le leggi statali prevalgono
sempre sulle norme delle comunità che, quindi, esercitano un mero
decentramento amministrativo. Dunque, non solo l’ordinamento
costituzionale spagnolo non è federale, ma non è neppure regionale, è
qualcosa di intermedio fra quello centralistico e quello regionale e con
ampia facoltà di revoca. Peraltro, la Costituzione si preoccupa di
stabilire (art. 145) che “In nessun caso si ammetterà la federazione
delle Comunità autonome” precludendo cosi la strada ad una
trasformazione federalistica dello stato spagnolo in via di fatto e
senza una revisione costituzionale.
A definire il rapporto di forze fra governo centrale e comunità provvede l’art. 155 (che è esattamente quello che Rajoi si appresta ad usare su sollecitazione dei suoi alleati di governo): “Qualora
una comunità autonoma non adempia agli obblighi impostile dalla
Costituzione o da altre leggi o agisca in modo da attentare gravemente
all’interesse della Spagna, il Governo, previa intimazione al presidente
della Comunità e nel caso non sia ascoltato, con l’approvazione della
maggioranza assoluta del Senato potrà adottare le opportune misure per
costringere la Comunità ad adempiere ai suddetti obblighi o per
proteggere l’interesse generale in pericolo. Per l’attuazione
delle misure di cui al comma precedente, il governo potrà dare
istruzioni a tutte le autorità delle Comunità autonome.”
Si noti l’indeterminatezza delle cause dell’intervento governativo
(“Qualora una comunità autonoma ... agisca in modo da attentare gravemente
all’interesse della Spagna,”) e delle misure che possono essere assunte
ma che si comprende facilmente consistano nello scioglimento degli
organi della Comunità e nel suo commissariamento temporaneo.
Ovviamente, la Costituzione non parla in nessun caso di un possibile
referendum per decidere la secessione di una parte del paese, quel che è
escluso dalla norma sull’indivisibilità del paese e, dunque, il governo
di Madrid ha piena legittimazione costituzionale ad intervenire contro
la Comunità Catalana.
Resta solo la strada della revisione costituzionale:
la revisione parziale richiede una maggioranza dei tre quinti di
ciascuna delle camere o, almeno, della maggioranza assoluta del Senato e
dei 2/3 della Camera. La cosa si complica nel caso di revisione totale o
che riguardi i primi due titoli della Costituzione (il secondo riguarda la
Corona) nel qual caso si richiede la maggioranza dei 2/3 di entrambe le camere, cui segue lo scioglimento anticipato delle Cortes ed il
referendum obbligatorio di ratifica. La revisione non può aver luogo
nel caso il paese sia in stato di allarme o di eccezione (art. 116) che,
però, dovrebbero avere la durata di qualche settimana, ma che, nel
silenzio della Costituzione, può essere reiterato.
Come si vede l’ordinamento costituzionale, e con esso il
centralismo madrileno, è abbastanza obbligato e l’unica strada
percorribile – strada tutt’altro che agevole – è quella revisione
costituzionale o, avendone la forza, quella dello scontro violento, ma
non so se i catalani siano in condizione di affrontarlo.
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