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15/10/2017

Ape social. Era una presa in giro e ora si vede

In questi giorni si moltiplicano gli allarmi sull’applicazione della cosiddetta “Ape social”. Si tratta di una misura decisa oltre un anno fa dal governo Renzi, presentata come un “ritocco alla legge Fornero” che avrebbe permesso a una serie di lavoratori di andare in pensione prima dei 66 anni e 7 mesi previsti.

La realtà dei fatti si sta mostrando in questi giorni, a un anno esatto dagli annunci. Oggi, infatti, quei lavoratori stanno vedendosi respingere dall’Inps la richiesta d’accesso all’”Ape social”. Si tratta in fondo di poche persone (66.000) rispetto ai milioni inchiodati al lavoro ben oltre i termini previsti dalle leggi precedenti, ma comunque un numero ragguardevole.

I “criteri” previsti dalla norma del governo Renzi sono infatti così restrittivi che ben pochi possono rientrarvi.

Leggiamo la denuncia presentata sui siti specializzati:

Il Patronato Inca Cgil ha diffuso un rapporto nel quale parla di “eccessive rigidità imposte da Inps, in contrasto con le intenzioni del legislatore e in alcuni casi addirittura contro legge”. Pur non avendo ancora dati precisi il patronato Inca parla di numeri non irrisori e elenca alcune segnalazioni di domande respinte:
- requisito di riconoscimento dello stato di disoccupazione: chi ha lavorato anche 1 giorno con voucher dopo un periodo di disoccupazione, o con retribuzione inferiore per mantenere lo stato di disoccupazione, potrebbe perdere all’accesso all’Ape social;
- lavoratori o lavoratrici licenziati senza ammortizzatori sociali per mancanza di requisiti o per non aver presentato la domanda entro il termine;
- lavoratori con contributi esteri.

Nel nostro piccolo, che sarebbe andata in questo modo, l’avevamo scritto in tempo reale, esattamente un anno fa (L’Ape gratuita è così estesa che non la prenderà nessuno). Eravamo preveggenti? No, semplicemente ci siamo messi a leggere il testo della norma, abbiamo fatto due conti e abbiamo pubblicato il risultato.

L’unico punto che non potevano calcolare allora era il futuro impatto negativo, sui pensionandi, del voucher. Ma del resto un anno fa ancora nn se l’erano inventato…

Quel che dovrebbe fare qualsiasi giornalista medio quadratico, se ce fossero ancora. Ma è pretendere troppo da “porgitori di microfono” davanti a un ministro o portavoce.

Qui di seguito il “vecchio” articolo, illustrato con alcune delle fake news diffuse allora dal governo e dai suoi innumerevoli lecchini.

*****

L’Ape gratuita è così estesa che non la prenderà nessuno

Renzi è un contafrottole e questo lo sanno tutti. Anche Berlusconi lo è e soprattutto lo era, tanto che molti lo indicicano come il suo “padrino”. Ma c’è qualcosa di radicalmente perverso nella menzogna seriale renziana: l’assenza di qualsiasi limite.

Vediamo un esempio, che è come sempre anche una dimostrazione di lecchinaggio insopportabile del giornalismo mainstream. Titola per esempio Repubblica (dando le indiscrezioni che escono dalla riunione tra il governo e i sindacati): Pensioni, Ape esteso a edili e maestre, con 35 anni di contributi.

Un lettore disattento capisce che c’è stata una “estensione” a categorie per cui – nelle balle raccontate fin qui – non era prevista la versione “social”, ovverossia “gratuita” (un governo italiano che chiama tutto con parole inglesi, già a monte, sta cercando di raggirare il prossimo).

Incuriosito, si mette a leggere l’articolo per capire quanti benefici sta regalando questo povero governo a quei disgraziati di lavoratori che si sono ritrovati a dover andare in pensione solo dopo aver compiuto 66 anni e 7 mesi, ma che ora Renzi invita a lasciare il lavoro “in anticipo” rispetto alla legge Fornero ma pur sempre qualche anno dopo di quanto aveva previsto fino a qualche anno fa.

“Per accedere all’Ape agevolata bisognerà avere almeno 30 anni di contributi se disoccupati e 35 se si è lavoratori attivi. Lo ha riferito il segretario confederale della Uil Domenico Proietti al termine dell’incontro governo-sindacati a Palazzo Chigi iniziato alle 8 di stamattina”. “Inoltre per poter accedere al “Ape social”, ovvero l’anticipo pensionistico senza penalizzazione, il tetto fissato dal governo nella legge di Bilancio è di 1.350 euro lordi”. “Il governo inserirà nella platea dell’Ape agevolata, oltre ai disoccupati, i disabili e i parenti dei disabili, anche alcune categorie di attività faticose come le maestre, gli operai edili e alcune categorie di infermieri. Inoltre saranno inclusi anche i macchinisti e gli autisti di mezzi pesanti. Il governo quindi, aggiungerà ulteriori categorie oltre quelle previste già dalla normativa sui lavori usuranti”.

Tutto chiaro? Non molto, ammettiamolo. L’elenco delle categorie “usurate” è indubbiamente più lungo, ma il requisito fondamentale è un altro: 1.350 euro mensili lordi di retribuzione con 30 anni di contributi.

Parliamo di salario netto, che ci si capisce meglio: 1.350 euro lordi significa all’incirca 1.000 euro netti. Ora dire voi qual’è quel lavoratore ultrasessantenne (intorno ai 63, diciamo, o di più) che, dopo aver lavorato per alemno 30 anni con i contratti “favolosi” in vigore prima del pacchetto Treu, la legge 30 e il Jobs Act, prende soltanto 1.000 euro netti mensili. 73413601 – golden parachute financial compensation in the business

Nella scuola sicuramente nessuno, visto che il salario d’ingresso è già più alto, figuriamoci quello dopo 30 anni. Nell’edilizia magari siamo vicini a quel livello salariale, ma è anche un mestiere dove i “buchi contributivi” (ovvero periodi di non lavoro o di lavoro nero) sono così numerosi ed estesi che difficilmente si raggiungono i 30 anni di anzianità. Ma se si ha la fortuna di averli superati, si ha anche un salario più alto... Stesso discorso per macchinisti, infermieri, autisti, ecc.

Risultato: nessun lavoratore potrà accedere all’Ape “social”. E’ come se il governo avesse stabilito che questa opportunità potesse essere concessa soltanto ai sessantenni che fanno i 100 metri il 10 secondi netti...

Un giornalista normale dovrebbe sempre chiedersi se quel che sente da un governante può essere vero o no. Magari non glielo dice in faccia, ma nel corso della scrittura dell’articolo sì.

Un giornalista vero, appunto. Ma è come chiedere che per diventare giornalisti in Italia bisogna saper fare i 100 metri in 10 secondi netti...

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