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20/09/2017

Ryanair: chi di esasperata produttività ferisce, di quella perisce

Il tracollo operativo di Ryanair di questi giorni, assurto ormai alle prime pagine dei giornali, apre un forte interrogativo sullo stato del trasporto aereo in Italia, a nostro avviso con molto ritardo. Le cause di questi gravi problemi operativi sono molteplici ma possono essere ricondotte a un fattore comune legato al collasso del teorema dell’esasperazione della produttività, del feroce dumping salariale alimentato dall’applicazione in qualsiasi nazione delle permissive regole irlandesi.

L’espansione dei vettori low cost in Italia è stato sia causa che effetto del disastro industriale dei nostri vettori, dei loro azionisti e management. Infatti, in pochi altri Paesi europei sono state letteralmente consegnate le chiavi di un settore industriale come hanno fatto i nostri Governi alla compagnia di O’Leary, attraverso la rinuncia ad una politica industriale, la mancanza di regole uguali per tutti gli operatori, un sistema di controllo indebolito e sovvenzionamenti statali mascherati.

Adesso che i nodi stanno inesorabilmente venendo al pettine, c’è molto poco da meravigliarsi che qualcuno abbia avuto finalmente una sentenza favorevole, che i Piloti scappino dove vengono trattati meglio, che bisogna rispettare orari di servizio, riposi e ferie minime, che poi sono alla base delle regole di sicurezza valide in tutta Europa.

A questo Governo, in particolare al suo Ministro dei Trasporti Delrio, chiediamo che finisca la stagione dei selfie e dei sorrisi con il patron di Ryanair; si apra la riflessione sul futuro e sulle regole di un settore che vive il paradosso di una crescita fortissima in un contesto di ultra-deregulation, dove la concorrenza si è fatta non sulle capacità ma sul massimo sfruttamento e sull’elusione delle regole.

Non dovevamo aspettare migliaia di voli cancellati con una moltitudine di passeggeri lasciati a terra; era chiaro che non saremmo potuti andare lontano e non potremo farlo in futuro se non si cambierà sistema.

Da più di 15 anni USB chiede una riforma del settore che non è mai arrivata generando disastri industriali, migliaia di licenziamenti e l’aumento della precarietà.

Vogliamo l’intervento dello stato per il rilancio delle grandi industrie nazionali, un sistema di regole uguali per tutti gli operatori e regole contro gli appalti e il dumping selvaggio.

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