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08/07/2017

Tortura, una legge vergogna. Intervista ad Antigone

Il testo della legge sulla tortura non è uscito vivo dall’esame del Parlamento. Basterebbe ascoltare la rivendicazione di Maurizio Gasparri, noto terminale degli interessi di Carabinieri e corpi militari vari: “Per fortuna con la nostra azione al Senato abbiamo fatto in modo che il testo venisse modificato e che la legge diventasse sostanzialmente inapplicabile. Abbiamo boicottato attivamente un tentativo di paralizzare le forze di polizia”.

Per un’informazione più precisa, Radio Città Aperta ha sentito Alessio Scandurra, responsabile per l’osservatorio sulle condizioni della detenzione membro dell’associazione Antigone.

Cominciamo dal fatto, non è proprio un avvenimento… Ma è un primo passo?

Dipende dai punti di vista. E’ un passaggio che aspettavamo da 28 anni, quindi è difficile per noi che ci abbiamo lavorato così tanto tempo che passi inosservato. Ovviamente noi, per 28 anni, abbiamo lavorato a qualcosa di diverso, di più ambizioso, che peraltro non era solo una nostra ambizione, ma quello che le convenzioni internazionali richiedevano. In ogni legislatura c’era una proposta di legge presentata da qualche parlamentare, su nostro suggerimento o su nostra richiesta, che era la riproposizione della convenzione Onu. La norma si disegnava traducendo la definizione di tortura della convenzione Onu. Questo è successo inutilmente, purtroppo, per molti molti anni. Oggi accade qualcosa di diverso. Non è il risultato a cui aspiravano noi, però comunque è un passaggio importante.

Non vogliamo usare la parole compromesso, che su un crimine contro ‘umanità – come la tortura – è a sua volta un crimine. Voi avevate lavorato, dal ’98, a un modello esattamente fedele a quello delle Nazioni Unite... Però è venuto fuori questa “cosa”...

In qualche modo devo dire che sarebbe stata una soluzione politicamente facile. Uno si aspettava che fosse più facile costruire un compromesso su una norma che ha la forza del timbro delle Nazioni unite... Quindi non ci dobbiamo accordare tra noi su come farla, dobbiamo solo accordarci sull’approvare quella che vogliono le Nazioni unite. Sarebbe sembrata la strada più semplice, ma tutti questi anni hanno dimostrato che così semplice non era...

Dove trovi più difficile rendere operativa, questa legge? Qualcuno ha parlato di legge “temperata”, troppo debole...

Noi l’abbiamo studiata in lungo e largo e ci sono vari aspetti problematici che abbiamo denunciato da sempre e che sono: la pluralità delle condotte, il tema della prescrivibilità; perché secondo la convenzione Onu la tortura non si prescrive, mai, mentre questo reato si prescrive. Secondo la convenzione Onu la tortura è un reato specifico, cioè che possono commettere solo i pubblici ufficiali, mentre in questo testo è un reato generico... Però il problema non è solo tecnico, è anche un problema culturale. Quando una comunità stabilisce che un fatto è un reato penale sta anche al di là delle conseguenze giuridiche, sta dando anche un messaggio politico, un messaggio culturale...

Assolutamente sì...

Poi quella condotta è una condotta che noi condanniamo profondamente, noi come collettività... Il fatto che si debba fare tutta questa fatica, che ci vogliano tutti questi distinguo e queste cautele per dire che la tortura è un reato, è un fatto culturalmente preoccupante.

Infatti è molto arzigogolato... Tu parlavi della previsione della “pluralità delle condotte”. E’ un fatto tecnico, giustamente dicevi, però vorremmo farlo capire in termini molto pratici a tutti gli ascoltatori. Vuol dire la pluralità delle condotte violente, per cui diciamo che se tu applichi degli elettrodi ad una persona, e fai “soltanto questo” tra virgolette, non può essere ravvisato il reato di tortura. Ci deve essere un’altra pratica violenta nello stesso tempo...

Oppure lo devi fare più volte...

E poi la “verificabilità del trauma psichico”...

La verificabilità del trauma psichico è un’altra cosa strana, nel senso che nel processo penale nessuno viene mai condannato per un fatto che non è verificato. Quindi in qualche modo aver voluto inserire la “verificabilità” deve significare qualcos’altro perché, ovviamente, prima di condannarmi perché io ho fatto qualunque cosa, quella cosa andrà verificata; non solo nella sua natura giuridica, ma anche nei fatti perché è accaduta. Quindi la verificabilità è qualcos’altro, forse una tipologia di trauma psichico... Però questo diventa una limitazione, perché ci sono altre tipologie di trauma psichico che non sono tortura. La convenzione questa precisazione non ce l’aveva e quindi noi abbiamo una norma che copre alcune condotte ma non altre rispetto alla convenzione.

Tu parlavi ovviamente di “delitto generico”... E alla fine ne esce fuori un delitto generico, non uno proprio, come dice il diritto internazionale.

Anche questo è un fatto più culturale che tecnico. Nel senso che poi, alla fine, nel “delitto proprio” c’è un aggravante per il delitto commesso dalle forze dell’ordine. Quindi in qualche modo quella specificità è coperta. Però abbiamo dimostrato la nostra paura e la nostra deferenza rispetto ad una sciocchezza, cioè il fatto che alle forze dell’ordine scocciava il fatto che fosse disegnato come “reato specifico” perché in qualche modo implicava l’idea che le forze dell’ordine possano essere autrici di questo tipo di reato. Quando invece, da una parte, sappiamo che la cosa succede, e quindi far finta che non sia così non aiuta nessuno; e dall’altra la cultura giuridica internazionale da sempre concepisce così questo reato. Per cui, di nuovo, è un po’ strano che noi (legislatore italiano, ndr) si debba ricorrere a sotterfugi e mediazioni per poterlo introdurre oppure dobbiamo restare senza. Non è una bella pagina della battaglia per i diritti umani in Italia.

Come non lo è stata una bella pagina la pagina del luglio 2001 a Genova. Visto che siamo di nuovo nel mese di luglio, la memoria torna anche a quei fatti: Diaz, Bolzaneto, ecc... Quanto avrebbe potuto incidere questa legge su quello che avvenne lì?

E’ difficile dirlo in astratto, perché poi le norme le applica un giudice che si trova davanti un fascicolo preparato da indagini che vengono orientate fin dall’inizio... Io le indagini le faccio in base alla norma incriminatoria che ho, per cui quando cambia la norma probabilmente cambia anche il modo in cui organizzo le indagini... Insomma, è un po’ difficile a tavolino... E’ chiaro che, per quanto sia doveroso denunciare le lacune, è un passo avanti importante. Ci saranno sicuramente fatti gravi, fatti molto gravi successi in questo paese in questi anni, che con questa norma sarebbe stato possibile punire mentre prima non era possibile. Questo va detto ma, soprattutto, va fatto. L’impegno nei prossimi anni sarà forse per migliorare la norma, forse battersi perché si avvicini di più alla formulazione Onu... Ma soprattutto l’impegno sarà quello di cercare di usarla. Una scusa in meno per l’impunità che abbiamo conosciuto in questi anni...

Perciò ci stai dicendo che voi sarete in prima linea per chiedere il miglioramento di questa legge, per lottare per migliorarla, per renderla più facilmente applicabile...

Applicabile... Però, soprattutto, ci batteremo perché sia applicata. Lo facevamo quando questa norma non c’era, quando ci arrivavano segnalazioni di casi di maltrattamenti o denunce di casi di tortura. Noi, con gli strumenti che c’erano nell’ordinamento giuridico, cercavamo di fare in modo che la violenza fosse accertata e i responsabili puniti. Qualche volta ci si è anche riusciti. E’ chiaro che continueremo a farlo usando questo strumento nuovo.

Come sempre, però, siamo in ritardo in questo paese, purtroppo...

E’ impressionante. Effettivamente è impressionante che ci siano voluti tutti questi anni perché si potesse dire che in Italia la tortura è reato ed è impressionante che ci siano voluti tutti questi distinguo, tutte queste cautele, tutte queste paure di inquietare qualcuno, di spaventare qualcun altro; che ognuno dovesse per forza dire la sua ed aggiustare una norma che, ripeto, volendo potevamo farla col copia e incolla dalla convenzione internazionale che ci obbligava di introdurla. E sarebbe stato semplice e lineare.

E’ impressionante anche il numero dei voti favorevoli: soltanto 198... E’ impressionante anche l’astensione...

Sì, però ricordiamoci quante volte non ci si è arrivati a questo risultato; quante volte una maggioranza del parlamento della Repubblica ha deciso che del reato di tortura non ci fosse bisogno. E pensiamo comunque che tipo di segnale culturale era quello. Perché non è che il problema – come sapete bene – sia saltato fuori oggi, non è che fino ad oggi nessuna aula parlamentare abbia mai votato...

Voi stavate lavorandoci dal ’98 su questa cosa, per cui...

Quindi il parlamento fino ad oggi ha votato più volte dicendo che non ce n’era bisogno, che era più opportuno non farne nulla. Quello pure era un messaggio culturale triste e spaventoso... Quindi i risultati di oggi vanno anche un po’ confrontati con la storia di ieri. Quello di cui siamo stati capaci non è una buona legge. Questo paese ha dimostrato di non essere capace di andare oltre questo.

Ci stai invitando a vedere un pochino il bicchiere mezzo pieno...

Per noi è inevitabile, nel senso per chi si occupa di questi temi è una giornata un po’ triste, però è anche un giorno in cui sai che da domani hai uno strumento in più. Queste cose sono successe fino a ieri e continueranno ad accadere da oggi in poi; e da oggi in poi hai uno strumento in più. Questo per noi è un pensiero ovviamente inevitabile e questo strumento in più lo spremeremo finché si può.

Certo... Un pensiero oggi potremmo mandarlo anche a Doddore Meloni, morto giusto giovedì mattina...

Anche quella è una storia triste, è una storia complicata fatta anche di elementi che con queste vicende per fortuna non c’entrano nulla. Però è chiaro che è uno di quei casi in cui la risposta giudiziaria, il ricorso al diritto penale, non è lo strumento probabilmente più intelligente e più adatto per affrontare problemi politici... Tante volte davanti a problemi individuali e collettivi si pensa che la risposta la debba fornire il diritto penale, il giudice penale. In linea di massima non è praticamente mai così.

Bene Alessio, grazie mille. Con questo pensiero, con queste tue riflessioni molto importanti ci hai anche dato delle spiegazioni più tecniche della legge e con ovviamente un occhio sempre vigile che le cose si possano e si debbano migliorare, ti salutiamo e ti auguriamo buon lavoro.

Grazie a voi, buon lavoro e buona giornata.

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