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04/07/2017

La Ue smonta il mini-ricatto italiano sui migranti

L’Unione Europea se ne fotte dei migranti, e il governo Gentiloni non ha il peso specifico necessario a imporre il sognato scambio tra più restrizioni all’ingresso e maggiore redistribuzione tra i vari paesi europei.

Il vertice di Tallin si è concluso con uno schiaffo in faccia al governo italiano e l’apertura di una mini-crisi tra i maggiori responsabili del fallimento. Per capirci: l’Austria ha messo i mezzi corazzati al valico del Brennero, con l’esplicita motivazione della sfiducia nella capacità (o nella volontà) dell’Italia di trattenere sul proprio territorio chi sbarca qui dai barconi. Il “liberale ed europeista” Emmanuel Macron ribadisce un fermissimo “no” all'arrivo di quelli che vengono chiamati “migranti economici”, minacciando la chiusura dei porti francesi alle navi che li hanno salvati in mare. Stessa posizione per la Spagna, paese di confine forse più dell’Italia, ma che da tempo ha scelto di alzare muri di sbarramento ai confini delle sue enclave in territorio marocchino /Ceuta e Melilla).

In pratica, l’Unione Europea ha raggiunto l’agognato accordo su un solo tema: fermare gli sbarchi. A questo scopo, come al solito, si prevede di implementare gli accordi già esistenti con la Libia di Al Serraj (che controlla una porzione ridicola delle coste), magari cercando di estenderli alle tribù dell’interno. L’idea è impedire la partenza dei barconi e fermare i flussi già nel deserto del Sahara, lontani dalle telecamere.

L’altro punto fermo è l’ostacolo all’attività delle navi delle cosiddette Ong (un insieme molto variegato, che va dalle multinazionali della “solidarietà” a piccoli gruppi sicuramente degni di rispetto).

Di fatto, si impedirà a queste navi di effettuare soccorsi di propria iniziativa, obbligandole a sottostare agli ordini di Frontex o della Guardia costiera italiana. Non potranno entrare nelle acque territoriali libiche, non potranno spegnere il transponder (una sorta di gps che ne permette l’individuazione), dovranno ufficializzare anche più precisamente finanziatori, bilanci e membri degli equipaggi. Un’overdose di adempimenti burocratici pensata per rallentare l’attività operativa.

Come ultima misura, resta sempre sullo sfondo la “minaccia” di Gentiloni e Minniti, quella di impedire alle navi di soccorso l’ingresso nei porti italiani (quello che hanno già deciso Francia e Spagna, in pratica) oppure, in casi limite, il sequestro delle stesse navi.

In effetti Salvini è stato scavalcato a destra...

Tutto questo però sembra ancora poco ai paesi dell’Est europeo, assolutamente contrari a qualsiasi distribuzione anche minima di migranti, non importa con quale etichetta (rifugiati, “economici”, richiedenti asilo, ecc).

L’interesse comunitario per la questione è stato del resto mostrato con chiarezza dall’aula semivuota di Strasburgo, quando il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, doveva comunicare al cosiddetto “parlamento” (in realtà privo di potere legislativo) i risultati del semestre di presidenza maltese della Ue e sulla crisi migratoria. Furente per il vuoto assoluto della platea ha giustamente apostrofato come “ridicoli” i presunti europarlamentari. Che avesse pienamente ragione lo si può capire dalla stizzita reazione del carneade Antonio Tajani, arrivato a presiedere l’assemblea in virtù di congiunzioni astrali difficilmente ripetibili.

Alla fine della fiera, comunque, resta il punto politico che spiazza definitivamente l’atteggiamento furbesco del governo italiano, che aveva pensato – “minacciando” la chiusura dei porti – di poter usare i migranti come oggetto di scambio col resto della Ue. Questa Unione “solidale”, ripetiamo, se ne fotte.

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