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10/06/2017

Perchè la Turchia continua a radunare truppe all’interno del Qatar?

L’atmosfera da “guerra mondiale” si fa sempre più spessa e concreta; nella parte più calda del globo si sta giocando, forse, la partita di Risiko più importante degli ultimi tempi... I giocatori, però, di volta in volta cambiano maschera, atteggiamento, alleanze, in un “gioco delle parti” che confonde le idee a chi assiste da fuori. Il resto dell’umanità, cui viene data in pasto una retorica che beatifica alcune nazioni lanciate in crociate salvifiche e rassicuranti; oppure, sul fronte opposto, la percezione sempre più pressante e presente di un “pericolo” (islamico o irrazionale, comunque inspiegabile) che aleggia su qualsiasi luogo pubblico e/o di riunione. In un carosello schizofrenico che rischia di innescare reazioni in larga parte incontrollabili...

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Perchè la Turchia continua a radunare truppe all’interno del Qatar?

Gli analisti affermano che la decisione non è da interpretarsi necessariamente in chiave anti-saudita, ma più sicuramente come una manovra pro-Qatar.

Birce Bora, per Al Jazeera, 8 giugno 2017
Traduzione e cura di Francesco Spataro

Solo due giorni dopo che, a causa del presunto supporto a non ben identificate “organizzazioni terroristiche”, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, ed Egitto hanno rotto qualsiasi rapporto diplomatico con il Qatar, il Parlamento turco ha approvato un provvedimento che permette alle proprie truppe di dislocarsi presso una base militare in territorio qatarino. Parlando con l’emittente Al Jazeera, alcuni analisti hanno interpretato questa mossa come “un’evidente dimostrazione di supporto al Qatar”.

Can Kasapoglu, analista del Centro Studi Economici e di Politica Estera turco (EDAM) afferma: “I fatti suggeriscono con grande evidenza che, la Turchia percepisce il legame con il Qatar come un pilastro indispensabile che evidenzia la sua posizione strategica nella regione, e mostra, inoltre, che Ankara non modificherà drasticamente la sua visione a lungo termine a proposito delle oscillazioni politiche regionali.”

Un chiarimento lo fornisce Kadir Ustun, direttore esecutivo della Fondazione SETA, di stanza a Washington: “La Turchia, per molto tempo, ha avuto formazioni militari ed una base in Qatar, ma al momento una presenza crescente di truppe potrebbe essere interpretata come un tentativo di rassicurare il Qatar.”

La Turchia ha allestito la base militare in Qatar, presentandola, secondo quanto sottoscritto in un accordo firmato nel 2014, come prima installazione in Medio Oriente. La base, che può accogliere fino a 5000 uomini, ospita già 200 soldati dell’esercito turco.

Mercoledì scorso, al Parlamento turco, sono stati ratificati due accordi: il primo, permette alle truppe turche di essere disposte nella regione – in Qatar quindi – mentre l’altro prevede un’intesa fra i due paesi riguardo la possibile collaborazione nell’addestramento militare.

Entrambi gli accordi, delineati prima che esplodesse il diverbio fra il Qatar ed i sauditi, suoi confinanti, sono stati proposti al Parlamento, riunito in sessione straordinaria, dai deputati dell’ AKP (il partito per la Giustizia e lo Sviluppo turco, partito conservatore N.d.T.).

Un futuro asset di potere

Continua l’analista: “Per la Turchia, la base militare in Qatar è un importante asset di potere nella zona; Ankara da sempre considera il Qatar un alleato strategicamente importante nella regione, e l’uso della base che sta facendo ora va in questa direzione.”

Gli analisti ci tengono a precisare che, comunque, è fondamentale non leggere la decisione della Turchia di ammassare truppe ai confini del Qatar come uno “schierarsi dalla parte di qualcuno”, nelle controversie che stanno scuotendo l’area del Golfo.

Secondo Atila Yesilada, analista politico della Global Source Partners di Istanbul, “la base militare turca in Qatar è, ed è sempre stata, niente più che un simbolo”.

“Tuttavia la Turchia ritiene di fondamentale importanza la sua partnership con il Qatar e, anche se non approva la linea di politica estera saudita, che sta cercando di costringere con la forza il piccolo ma influente emirato a comportarsi contro la sua volontà, non vuole, e non può permetterselo, di rischiare uno scontro militare con Riyadh.

Aggiunge Kasapoglu: “La ratifica dei trattati militari non è affatto una mossa in chiave anti-saudita; la Turchia è ancora fedele alla politica del ‘non voglio che sorgano problemi fra i miei buoni amici’; quindi, sebbene questa non sia una posizione chiaramente anti-saudita, è comunque di sicuro una politica pro-Qatar. Ankara dà priorità alle sue prospettive geopolitiche, e ha dimostrato di saper mantenere la sua presenza militare (in Qatar) anche ora, durante la recente crisi diplomatica.”

Dalla stessa parte della barricata

La Turchia ed il Qatar hanno una lunga storia di cooperazione nei conflitti e nelle evoluzioni che si sono manifestati nella regione. Entrambi hanno dato un grande supporto alla rivoluzione egiziana, e condannato fortemente il colpo di stato militare, che ha portato al potere l’attuale leader del paese, Abdel Fattah Al-Sisi.

Entrambi rifiutano anche di considerare i Fratelli Musulmani ed Hamas come “organizzazioni terroristiche” e, infine, entrambi hanno sostenuto le milizie ribelli che combattono per rovesciare il governo del presidente Bashar al-Assad in Siria.

La loro partnership nelle politiche regionali ha preso maggior forza da quando l’emiro del Qatar, sceicco Tamim bin Hamad Al Thani, ha mostrato un sostegno maggiore al governo turco ed al Presidente Recep Tayyip Erdogan, durante e dopo il fallito tentativo di colpo di stato del luglio scorso.

Qatar e Turchia stanno inoltre seguendo una strategia molto simile, di “equilibrio”, per così dire, di “compensazione” nei rapporti con l’Iran. Alcuni analisti sostengono che, al momento, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, stanno lavorando alla costruzione di un fronte unito per isolare completamente l’Iran, con il sostegno e l’incoraggiamento dell’amministrazione Trump.

Il Qatar, rifiutandosi di seguire una strategia più aggressiva nei confronti del Daesh, viene percepito sempre più come “l’anello debole della catena”, in questa alleanza del Golfo in chiave anti-iraniana, affermano gli analisti.

La Turchia, d’altro canto, dati i forti scambi commerciali e l’apparente riluttanza ad avere un confronto con il paese confinante, sta sostenendo la strategia di Doha nei confronti della minaccia Iraniana.

“Riyadh si rivolge all’Iran come fosse una minaccia secolare, invece il Qatar, seguendo molto di più l’ esempio della Turchia, sta perseguendo una strategia contro l’Iran su diversi livelli, piuttosto complicata”, sempre secondo la tesi di Yesilada, che continua: “la Turchia è ai ferri corti sia con l’Iran, che con Iraq e Siria, ma continua a mantenere forti e crescenti scambi commerciali con il vicino saudita, e, questo rapporto compartimentalizzato, così speciale con Riyadh, rinforza la posizione turca in questa alleanza che si sta formando in Medio Oriente, contro l’Iran.”

“Il loro atteggiamento nei confronti dell’Iran, sta mettendo di nuovo Qatar e Turchia dalla stessa parte della barricata” conclude l’analista.

Gli stessi analisti chiariscono che la Turchia farebbe qualsiasi cosa pur di opporsi alle pressioni statunitensi e saudite per trasformare la storica rivalità con l’Iran in aperta ostilità; commenta Kasapoglu: “La Turchia e l’Iran hanno compartimentalizzato a lungo i loro rapporti, proprio per evitare questo.”

“Si sono affrontati anche militarmente in Iraq o in Siria, ma questo non ha impedito che il Ministro degli Esteri iraniano visitasse la Turchia, o che si interessasse alle relazioni commerciali fra i due paesi.”

Secondo Yesilada, “la visione della politica estera turca combacia in molti aspetti con quella qatarina, ed il presidente Erdogan è sempre stato molto chiaro sul disaccordo riguardo le accuse che Riyadh ha diretto al Qatar”; ed aggiunge che “su argomenti come la questione palestinese, l’Egitto, Hamas o i Fratelli Musulmani, i due paesi sono da sempre, senz’altro, sulla stessa lunghezza d’onda. Ma”, chiosa l’analista, “questo non vuol dire che la Turchia voglia mettere a repentaglio i suoi rapporti con l’Arabia Saudita o gli Emirati Arabi.”

Risolvere la crisi attraverso il dialogo

La Turchia gode di forti rapporti economici e politici con il Regno dell’Arabia Saudita. I due paesi, ad aprile scorso, hanno firmato uno speciale accordo, che istituisce un team incaricato specificamente di rafforzare i rapporti commerciali bilaterali.

Continua Kasapoglu: “La Turchia vuole incrementare i suoi dividendi nel commercio globale degli armamenti; Ankara crede che questo sia un prerequisito per diventare una potenza globale, ed è corretto dire che identifica l’Arabia Saudita come una forza-mercato vorace, aggressiva, ma anche accettabile. Nel prossimo futuro, ci si aspetta che la Turchia firmi un importante accordo per vendere diverse corvette di produzione nazionale al mercato saudita”, aggiunge lo specialista; “Se l’accordo va in porto, sarà l’accordo per l’esportazione di armamenti più importante degli ultimi anni, ed il governo di Ankara non ha nessuna intenzione di lasciarsi scappare questa opportunità.”

Yesilada fa notare che la Turchia ha bisogno dell’Arabia Saudita, anche per tenersi buono “un partner strategico ed affidabile”.

“Ankara è consapevole della crescente amicizia fra Riyadh e la nuova amministrazione statunitense, e vuole aprire un nuovo canale di dialogo con Donald Trump utilizzando l’Arabia Saudita,” dichiara Yesilada, “ma questo, naturalmente, non vuol dire che la Turchia abbia intenzione di abbandonare il Qatar; è corretto però affermare che Ankara non prenderà mai apertamente una posizione contro Riyadh.”

La Turchia sostiene di poter risolvere la crisi nel Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC), con l’aiuto della diplomazia, dichiara Ustun, ma aggiunge anche che “essa stessa non sembra interessata ad essere additata come una nazione che abbia fatto una ‘scelta di parte’ in una controversia di questo tipo”.

Kasapoglu, sottolinea che “al momento la Turchia non vuole assolutamente che qualcuno ‘vinca’ il conflitto che sta lacerando il GCC. Lo stato della Mezzaluna vuole che il GCC, trovi rapidamente una soluzione ai suoi problemi interni, e mostri al mondo, ed ai suoi avversari comuni, un solo fronte unito.

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