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12/04/2017

MUOS: rischio per ambiente e salute

10 aprile 2017

La presenza di emissioni elettromagnetiche nocive per l’uomo, recentemente misurate da ARPA, oltre che dei vincoli ambientali del SIC “Sughereta di Niscemi”, insieme a tutti gli altri punti già rilevati in precedenza (si veda articolo articolo su Contropiano), quali ad esempio la certificazione antisismica assente, l’edificazione in zona ad elevata sismicità, le emissioni elettromagnetiche nocive per uomo, ambiente e traffico aereo, la già rilevante presenza di altre fonti di inquinamento elettromagnetico e chimico, impone l’unica possibile soluzione: occorre procedere alla rimozione del MUOS e delle antenne NRTF e alla smilitarizzazione di tutta la zona.

Nella Lettera ARPA del 31 marzo 2017 si riportano risultati di misurazioni effettuate nel 2016:


Con questa precisazione siamo ancora una volta a ribadire come sia del tutto improprio riferirsi al livello di riferimento di 83 V/m per le emissioni a 46 kHz. Un ente chiamantesi ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente) dovrebbe svolgere un ruolo più adeguato al nome che porta, e non limitarsi all’applicazione tabellare di limiti inadeguati.

Sulla base della normativa vigente, riteniamo che le soglie di sicurezza per l'esposizione prolungata della popolazione alle frequenze in banda LF da 30 kHz a 100 kHz, debbano essere fissate a 6 V/m per la componente elettrica e a 0,016 A/m ·100 / f (in kHz) per la componente magnetica.

Viceversa non vi è alcun nessun meccanismo fisico conosciuto che possa giustificare un aumento delle soglie di sicurezza di oltre un ordine di grandezza in corrispondenza a una diminuzione della frequenza da 100 kHz a 46 kHz. La scelta di una soglia di sicurezza di E=873V/m per la tutela della popolazione civile da possibili effetti cronici per esposizioni prolungate alle emissioni elettromagnetiche a 46 kHz, è priva di fondamenti scientifici e la sua adozione costituisce quindi un errore scientifico e metodologico;

La scelta di adottare un valore di attenzione di E = 83 V/m, indicata dalla Raccomandazione UE 1999/512/CE per la tutela dagli effetti acuti, finisce di fatto per rimuovere le protezioni che la Legge 36 del 2001 offre alla popolazione dagli effetti di una esposizione prolungata ai campi elettromagnetici, violando così lo spirito e la lettera della legislazione in vigore che richiede di fissare tale limite in modo opportuno sulla base delle conoscenze scientifiche più aggiornate.

I risultati dell’ARPA ci indicano pertanto che – anche senza MUOS e soltanto con le attuali antenne, in funzione da decenni – si hanno livelli di campo elettromagnetico superiori alle soglie di sicurezza e pertanto passibili di procedure di messa a norma, ovvero, in questo caso, di spegnimento. L’addizione di ulteriori sorgenti di esposizione ai campi elettromagnetici, come il MUOS, è ovviamente fuori discussione.

Conseguentemente all'adozione del principio di precauzione, la legislazione italiana (vedi Appendice) prescrive l'adozione di limiti di sicurezza per l'esposizione a lungo termine della popolazione (detti: Valori di Attenzione). Tali limiti sono stati fissati in base a un compromesso tra esigenze tecniche e risultanze scientifiche e il loro rispetto non garantisce in assoluto l'assenza di rischio, vi sono anzi evidenze del fatto che la soglia per annullare gli effetti biologici delle radiazioni non ionizzanti debba essere di un ordine di grandezza inferiore1. Per queste ragioni il rigoroso rispetto dei limiti fissati dai Valori di Attenzione è uno dei requisiti minimi richiesti nelle valutazioni.

I riferimenti protezionistici formulati nelle linee guida dell'International Commission on Non-Ionising Radiation Protection (ICNIRP), risalenti al 19982, come appunto il limite di 87 V/m, sono invece da considerarsi oramai superati dagli importanti sviluppi che la ricerca ha conosciuto negli ultimi 20 anni, si riferiscono infatti unicamente agli effetti acuti dovuti alle esposizioni a breve termine3.

La legge quadro n.36 del 2001 nel fissare i termini generali per la radioprotezione dai campi elettromagnetici non ionizzanti, adotta quindi un doppio livello di protezione, che prevede due differenti soglie di sicurezza: a) i Limiti di Esposizione, a tutela degli effetti acuti e immediati, e b) i Valori di Attenzione, a tutela dagli effetti cronici dovuti a esposizioni prolungate. Poiché in generale gli effetti cronici dovuti a esposizioni prolungate si verificano per livelli di campo inferiori rispetto a quelli necessari per produrre effetti acuti e immediati, i Valori di Attenzione dovranno assumere valori notevolmente inferiori rispetto ai Limiti di Esposizione. Nel caso di esposizioni multiple poi, va considerato il cumulo dovuto alla sovrapposizione degli effetti dovuti a tutte le singole sorgenti.

La legge quadro n.36 del 2001 non indica però le soglie di sicurezza specifiche per le diverse condizioni di esposizione, ma rimanda per la loro fissazione ad appositi decreti applicativi, che sono poi stati emessi solo in parte.

I due DPCM dell'8 luglio 2003 hanno fissato le soglie di sicurezza per i campi lentamente variabili4, dovuti essenzialmente agli elettrodotti, e per le emissioni a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz prodotti da sorgenti fisse5. Non sono stati emessi invece decreti attuativi specifici relativi ad alcune importanti fonti di esposizione quali, ad esempio, le sorgenti mobili (telefoni cellulari, cordless, etc.) e le sorgenti impulsate (radar, etc.); mentre per le emissioni radio alle frequenze basse e bassissime (bande LF e VLF) sono stati fissati esplicitamente solo i Limiti di Esposizione, a tutela degli effetti acuti e immediati.

La legge 36 del 2001 naturalmente non esclude affatto che in quelle situazioni in cui una delle due soglie di sicurezza, o entrambe, non siano state esplicitamente fissate attraverso un esplicito decreto, non vi siano rischi per la salute e la popolazione non vada tutelata sia dagli effetti acuti e immediati, che da quelli effetti cronici dovuti a esposizioni prolungate. Le garanzie di sicurezza stabilite dalla legislazione non possono in nessun caso venir meno, perciò, se in una specifica situazione di esposizione non sono disponibili limiti di sicurezza precisi, fissati per decreto, dovranno essere i tecnici incaricati a determinarli, di volta in volta, sulla base delle conoscenze scientifiche più aggiornate.

Un caso emblematico, che riguarda esclusivamente l'ambito militare, è quello delle esposizioni a emissioni radio alle frequenze basse e bassissime (bande LF 30 kHz – 300 kHz e VLF 3kHz – 30 kHz), utilizzate per le trasmissioni con i sottomarini, anche in immersione.

Naturalmente la legge 36 del 2001 non esclude affatto che emissioni elettromagnetiche al di sotto dei 100 kHz non siano dannose per la salute, e vadano escluse dal computo degli effetti complessivi. Il DPCM dell'8 luglio 2003 dedicato ai campi quasi-statici, specifica che, per quanto riguarda lo spettro di frequenze da 0 Hz a 100 kHz, non riconducibili a elettrodotti, si applica “l’insieme completo delle restrizioni stabilite nella Raccomandazione del consiglio dell’Unione Europea 1999/512/CE del 12 Luglio 1999” (Art. 1 comma 3), che a sua volta, in caso di esposizioni multiple6 prevede il calcolo del cumulo attraverso formule del tutto analoghe a quelle previste dal DPCM dell'8 luglio 2003 per le radiofrequenze. Ne consegue che il contributo dato dalle emissioni sotto i 100 kHz devono essere considerate in cumulo delle altre, attraverso formule del tutto analoghe.

I limiti tabellari indicati nella raccomandazione 1999/512/CE, sono basati sulle linee guida dell'ICNIRP e sono perciò adeguati per la tutela esclusiva dagli effetti acuti (danni derivanti da esposizioni anche brevi a campi di elevata intensità), mentre non offrono alcuna protezione dai possibili effetti a lungo termine a campi di moderata intensità7, tutela esplicitamente prevista dalla legislazione italiana. I limiti tabellari indicati nella raccomandazione 1999/512/CE non devono perciò essere utilizzati per fissare i Valori di Attenzione a tutela degli effetti a lungo termine dell'esposizione ai campi elettromagnetici, che andranno viceversa determinati a parte, sulla base della normativa e delle conoscenze scientifiche più aggiornate.

Occorre rimarcare come quella evidenziata non sia affatto la sola lacuna presente nella legislazione radioprotettiva dalle radiazioni non ionizzanti; vi sono altri casi molto rilevanti nei quali le soglie di sicurezza previste dalla legge quadro n. 36 del 2001 non sono ancora state fissate da appositi decreti attuativi: basti pensare alle emissioni impulsate provenienti dai radar o quelle relative dagli apparecchi di telefonia cellulare. In tutti questi casi naturalmente la garanzia di sicurezza stabilita dalla legislazione non può venire meno, occorre quindi che i tecnici incaricati, di volta in volta, stabiliscano un valore opportuno, sulla base delle conoscenze scientifiche più aggiornate. Nel caso delle garanzie da offrire alla popolazione civile per i rischi legati agli effetti cronici dovuti a esposizione continua, la determinazione di adeguate soglie di sicurezza risulta particolarmente complessa in quanto sia le conoscenze scientifiche che gli orientamenti giuridici in questo campo sono in rapida evoluzione. Non per questo il tecnico si può sottrarre a quello che è un suo compito preciso e una sua responsabilità non derogabile.

I limiti di sicurezza a frequenze in banda LF (30-300 kHz) ricadono solo in parte nei limiti di applicabilità del DPCM dell'8 luglio 2003, che fissa le soglie di sicurezza da 100 kHz a 300 GHz. Le soglie di sicurezza per le frequenze prossime ma inferiori ai 100 kHz, possono essere agevolmente determinate per estrapolazione, a partire dalle soglie di sicurezza fissate dalla normativa sino alla frequenza di 100 kHz, utilizzando a questo scopo le specifiche della norma tecnica CEI 211-7. Alle frequenze comprese tra 10 kHz e 10 MHz infatti, i limiti di base sono espressi in termini di densità di corrente all'interno dell'organismo (CEI 211-7 paragrafo 8.2). In particolare la componente elettrica del campo è in grado di produrre sia correnti di spostamento che di conduzione (CEI 211-7 paragrafi 4.1.3 e 4.1.4), mentre la componente magnetica genera correnti per effetto della legge di induzione magnetica (CEI 211-7 equazione 8.1). Si supponga ad esempio di dover valutare i limiti di sicurezza per una frequenza compresa tra 100 kHz e 30 kHz. Le correnti di conduzione, dovute alla componente elettrica, dipendono dalla conducibilità dei tessuti ma non dalla frequenza; poiché la conducibilità dei tessuti non varia in modo significativo nell'intervallo da 100 kHz a 30 kHz, non vi è ragione perché il valore di attenzione debba variare in questo intervallo di frequenze. Al contrario, le correnti indotte dalla componente magnetica, dipendono dalla conducibilità dei tessuti e crescono linearmente con la frequenza f, dunque, a parità di intensità di campo, passando dalla frequenza di 100 kHz a alla frequenza f (espressa in kHz) le correnti indotte si ridurranno di un fattore f /100 kHz, di conseguenza la soglia di sicurezza alla frequenza f può essere estrapolata da quella a 100 kHz dividendola per il medesimo fattore.

In definitiva, sulla base della normativa vigente, riteniamo che le soglie di sicurezza per l'esposizione prolungata della popolazione alle frequenze in banda LF da 30 kHz a 100 kHz, debbano essere fissate a 6 V/m per la componente elettrica e a 0,016 A/m ·100 / f (in kHz) per la componente magnetica.

Il risultato è riassunto nella seguente tabella:


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