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26/04/2017

26 aprile 1986: il disastro di Chernobyl che scosse anche l’Italia


Il disastro avvenne il 26 aprile 1986 presso la centrale nucleare “Lenin” di Chernobyl in Ucraina vicino al confine con la Bielorussia, allora repubbliche dell'Unione Sovietica e convinse gli italiani a votare NO al referendum del 1987

L’Italia, con un referendum del 1987, ha detto no al nucleare. Non sarà facile per nessun governo rimuovere questo ostacolo. Specie se si ricorda l’evento che convinse la popolazione italiana a votare “no” al nucleare: il disastro della centrale di Chernobyl. Che coinvolse anche l’Italia, con la proibizione dell’uso del latte e delle verdure fresche per qualche settimana a causa della nube radioattiva, e impressionò per le modalità con le quali l’intera Europa fu messa a rischio per un fatto avvenuto in Ucraina.

Il disastro avvenne il 26 aprile 1986 presso la centrale nucleare “Lenin” di Chernobyl in Ucraina vicino al confine con la Bielorussia, allora repubbliche dell’Unione Sovietica. Nel corso di un test di sicurezza (!), un brusco e incontrollato aumento della potenza e della temperatura del nocciolo di un reattore della centrale causò la scissione dell’acqua di refrigerazione e l’accumulo di idrogeno a così elevate pressioni da provocare la rottura delle strutture di contenimento, il contatto dell’idrogeno e della grafite incandescente con l’aria, a sua volta innescò l’esplosione e lo scoperchiamento del reattore.

Una nube di materiali radioattivi fuoriuscì dal reattore e ricadde su vaste aree intorno alla centrale che furono pesantemente contaminate, rendendo necessaria l’evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone. Nubi radioattive raggiunsero anche l’Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia, raggiungendo anche l’Italia, la Francia, la Germania.

Il rapporto ufficiale redatto da agenzie dell’ONU produsse un bilancio di 65 morti accertati con sicurezza e altri 4.000 presunti per tumori e leucemie su un arco di 80 anni. Il bilancio ufficiale fu contestato da associazioni antinucleariste internazionali fra le quali Greenpeace che presentò una stima di fino a 6.000.000 di decessi su scala mondiale nel corso di 70 anni, contando tutti i tipi di tumori riconducibili al disastro secondo lo specifico modello adottato nell’analisi. Altre associazioni ambientaliste, come il gruppo dei Verdi del parlamento europeo, presero le distanze dal rapporto Greenpeace, che considerarono una provocazione per segnalare il problema, e pur concordando sulla stima dei 65 morti accertati del rapporto ufficiale ONU, se ne differenzia e lo contestarono sulle morti presunte che stimarono piuttosto in 30.000-60.000.

Siccome non esistono centrali intrinsecamente sicure è meglio far circolare la memoria del disastro di Chernobyl. Che è alla radice della maturazione del “no”, dopo tanti anni di battaglie ecologiste, al nucleare nel referendum del 1987. Una memoria da preservare specie nel momento in cui questa sciagurata maggioranza di governo con il nucleare guarda più ai grandi appalti che alla sicurezza delle popolazioni.

Tratto da Senza Soste cartaceo n.49 (aprile-maggio 2010)


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