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22/02/2017

L’ultima crisi Alitalia. Intervista a F. Staccioli (Usb)

da Radio Città Aperta 

Con noi al telefono, come annunciato, Francesco Staccioli, Esecutivo nazionale lavoro privato dell'Unione Sindacale di Base. Il tema è l'Alitalia, dove ha lavorato per molti anni fino al momento della privatizzazione fatta da Berlusconi a favore della “cordata italiana” presto liquefatta. Ciao Francesco, buongiorno.

Buongiorno a voi.

Le ultime notizie, rispetto a questa situazione di crisi di Alitalia, raccontano di un incontro in mattinata di ieri al ministero dello sviluppo economico tra i vertici di Alitalia e il ministro Carlo Calenda. Vogliamo innanzitutto fare il punto della situazione?

La situazione secondo me è paradossale, se non grottesca. Da una parte c'è un'azienda che da tre mesi preannuncia tagli al personale, tagli ai salari, una crisi profonda, 500 milioni di buco. Dall'altra, dopo tre mesi, non siamo ancora in possesso di uno straccio di piano industriale. Dunque non sappiamo cosa vuol fare questa azienda. L'azienda non rinnova i contratti e ci informa che dal 1° marzo potrebbe emettere un regolamento unilaterale. Come una piccola impresa qualsiasi, che pure applicano il contratto nazionale. Quindi c'è una situazione in cui c'è molto fermento tra i lavoratori, che non ne possono più. D'altra parte ci sono scioperi di 24 ore che si annunciano estremamente partecipati per il 23, e c'è il governo che non ha capito quale ruolo deve giocare in commedia. Perché per salvare e rilanciare questa azienda da 15 anni di misfatti industriali, e anche reati penali – ci sono state anche delle condanne, oltre ai licenziamenti – occorrono molti soldi. Questi azionisti non si sa se ce li hanno, e non crediamo siano disposti a metterceli. Quindi la scelta del governo è esattamente basata su due questioni: da una parte la nazionalizzazione, quindi l’intervento diretto dentro il settore non tanto per salvare i posti di lavoro ma il ruolo strategico di una compagnia aerea, l'indotto, la capacità di governare anche i flussi di traffico turistico. La seconda questione è che in questo settore, che tra l'altro è un settore in espansione, ci debbano essere regole uguali per tutti, perché ricordiamo che la maggiore compagnia aerea che opera nel mercato italiano si chiama Ryanair. E non applica neanche lo statuto dei lavoratori.

Quindi diciamo che bisogna confrontarsi con la volontà dei vertici di deregolamentare la fase di contrattazione con i lavoratori. L'obiettivo un po' è questo, se l'esempio è quello di Ryanair, no?

Un mercato senza regole sta trascinando al basso tutti. Alitalia, nonostante i tagli al personale, ha licenziato 10mila persone nell'arco degli ultimi otto anni, non riesce lo stesso a essere competitiva. A nostro avviso, per essere competitiva, Alitalia ha bisogno di massicci investimenti e di riposizionarsi sul lungo raggio. Quindi l’alternativa è: o inseguiamo il low cost (con effetti deleteri perché nessuno, nessuno, neanche l'industria si salva), oppure rilanciamo in alto. Per rilanciare in alto e riposizionare l'azienda, occorrono due miliardi, diciamo. Un miliardo e mezzo, due miliardi di euro. Sono soldi che non crediamo che questi azionisti siano in grado di mettere, per questo noi ci rivolgevamo al governo perché nazionalizzi la compagnia. Ma serve anche l'altra gamba, in questo settore, dove non può più essere che ognuno fa come gli pare e chi è più furbo, chi viola più leggi, chi paga meno tasse perché fa i contratti in Irlanda, oppure non applica lo statuto dei lavoratori, viene considerata addirittura una grande azienda. Mi sembra una cosa vergognosa.

Il problema della natura e della qualità di questi investitori, dunque. Ricordiamo dai tempi della “cordata italiana” di Berlusconi, e anche da prima ovviamente, una serie di management disastrosi di questa compagnia. E' risolvibile esclusivamente con una nazionalizzazione della compagnia, con un intervento forte del governo? Se neanche Etihad è riuscita a risollevare la compagnia, forse c'è un motivo strutturale; forse è proprio la natura stessa del mercato attuale che porta – come tu dicevi – a puntare al ribasso dal punto di vista della regolamentazione...

Guarda... intanto noi siamo vittime, in generale come paese, di un’imprenditoria stracciona. Ormai è un dogma, una verità incontrovertibile. L'imprenditoria italiana è un'imprenditoria stracciona. Non ha spessore, non ha capitali... E sto parlando della grande impresa, perché la medio-piccola e persino alcune piccole imprese artigiane sono di eccellenza. Però, diciamo, le grandi aziende sono state svendute ai paesi stranieri che, ovviamente, fanno i loro interessi. Secondo me non è detto che il disastro Alitalia non sia nell'interesse di Etihad. Etihad è una società che intanto si è presa del traffico, che ha dirottato ulteriormente il traffico verso l'aeroporto di Abu Dhabi... Noi siamo convinti che un settore di questo genere, lasciato in mano ai “prenditori” puri, senza regole e, addirittura, con interessi stranieri che operano in Italia genera risultati come questi. Si distruggono risorse, si distruggono industrie, posti di lavoro, salari, e aumenta la precarietà.

Quale è secondo te il percorso da seguire per cercare di contenere o evitare gli esuberi? Si parla di duemila persone, mi pare...

Sì, diciamo... Guarda sono tutte cifre, dai 500 ai 2000, che apprendiamo dalla stampa. Non c'è comunicazione ufficiale da parte dell'azienda.

E quindi al momento comunicazioni ufficiali da parte del management non ce ne sono rispetto questo aspetto?

Il piano non è stato presentato. Non sappiamo che cosa vuol fare questa azienda. Quello che sappiamo noi, per esperienza, perché queste cose le diciamo dal 2001, dal fallimento dell'alleanza Alitalia-Klm, che era stata messa in un cul de sac che l'avrebbe portata al fallimento, è che la strada del downsizing porta alla chiusura. Perché riduci gli incassi, riduci anche la flotta, quindi voli meno e guadagni meno; e dall'altra parte una grossa percentuale di traffico pregiato l'hai dirottata verso gli alleati francesi, che nel frattempo hanno fatturato diverse centinaia di milioni di utili negli ultimi 15 anni. Ormai è palese che per rilanciare questa azienda occorrono investimenti pesanti sugli aerei “pregiati”, quindi quelli di lungo raggio, perché il medio raggio ormai da noi è stato, come dire, regalato al low cost. Ma occorre liberarsi anche dai vincoli dell'alleanza con i francesi, per poter coprire la flotta e le rotte redditizie, che vengono invece coperti dagli “alleati” francesi. La terza questione, ripeto, è che in questo paese, chi opera in questo settore – compagnia aerea, gestioni aeroportuali, catering o chiunque altro – debba rispettare le regole e non fare come gli pare. O non prendi qui dove paga le tasse, non prende aeroporti, o applichi almeno le regole minime: lo statuto dei lavoratori, congedi parentali, le 104, riconosca il sindacato italiano. Questa è la strada. Se questi signori trovassero i soldi e le risorse noi ci metteremmo a discutere intorno a un tavolo. A noi la nazionalizzazione sembra l'unica via perché non riteniamo che questi abbiano i soldi. Ricordo che Etihad, quando si affacciava nel 2014, aveva e ha tuttora, in portafoglio decine di opzioni per aeromobili nuovi. Negli ultimi due anni e mezzo, ne hanno messi in campo solo due. Sono pochi. I soldi che loro dicono di avere sperperato, non li hanno davvero sperperati in investimenti produttivi.

Molto chiaro. E quindi, di conseguenza, quello che sta avvenendo è quasi inevitabile, sulla base di queste premesse?

Diciamo che se non c'è una scelta coraggiosa da parte del governo, e noi qui faremo di tutto di tutto per salvare i lavoratori... Non mi sembra che la situazione sia per ora incardinata bene.

Per essere più certi di qualsiasi cosa, bisogna aspettare il piano industriale?

Sì. Vediamo come procede. Noi non abbiamo molta fiducia nel piano industriale, ma almeno è una base di confronto. Finora, a parte il blocco degli scatti di anzianità ai lavoratori, non si è visto niente. La prima cosa è stato il blocco degli scatti ai lavoratori. Qui il costo del lavoro è assolutamente nella norma generale. Il problema è che si vola poco.

Certo. Chiarissimo. Grazie Francesco. Ci riaggiorniamo magari all'uscita del piano industriale per commentarlo insieme. Grazie e buon lavoro. 

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