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27/02/2017

Kwait: lavoratori stranieri sempre più ai margini

di Francesca La Bella

A inizio mese Donald Trump sembrava aver trovato conferma del supporto di alcuni Paesi mediorientali al suo Muslim Ban. La notizia, diffusa da alcuni media internazionali e subito ripresa dal Presidente statunitense, era quella dell’introduzione in Kuwait di un divieto di ingresso per i cittadini di cinque Paesi a maggioranza musulmana: Pakistan, Iran, Afghanistan, Siria ed Iraq. La smentita del Governo del Kuwait è, però, stata immediata e netta: il portavoce del Ministero degli Esteri, Sami al Hamad, avrebbe infatti, dichiarato all’agenzia di stampa statale Kuwait News Agency (Kuna) che il Governo “smentisce categoricamente queste affermazioni e afferma che queste nazionalità segnalate hanno grandi comunità in Kuwait e godono di pieni diritti”.

Una notizia falsa, ma non totalmente inverosimile dato il crescente malcontento dei cittadini kuwaitiani per l’alto numero di stranieri presenti nel Paese. Data la limitata popolazione nazionale e l’economia in continua crescita, il Kuwait è, infatti, da molto tempo meta di flussi di migranti economici provenienti dal mondo arabo e dall’Asia. Secondo l’ultimo censimento datato 2011 la popolazione si attesterebbe intorno ai 3,1 milioni di abitanti di cui 1,1 milioni di cittadini kuwaitiani e 2 milioni di stranieri, ma le stime sono state riviste nel 2016, 3,7 milioni, e nel 2017, 4,1 milioni. Dati da cui sarebbe, però, esclusa una larga fetta di lavoratori stranieri non censiti e appartenenti a minoranze locali come i Bidoon, popolazione beduina solo in parte beneficiaria della cittadinanza kuwaitiana. Secondo gli ultimi dati gli stranieri costituirebbero, dunque, circa il 70% della popolazione nazionale (circa 2,9 milioni) e apparterrebbero a molte comunità nazionali, in particolare alla comunità indiana con (circa 900.000) e a quella egiziana (circa 450.000).

La percezione che la massiccia immigrazione nel Paese sia un problema ha indotto il Kuwait a rivedere più volte il proprio piano di accoglienza. Già nel 2013, infatti, il Governo aveva previsto di tagliare di circa 100.000 unità all’anno il numero dei lavoratori stranieri fino a dimezzarne l’entità in dieci anni. Un programma di ampio respiro che non sembra aver sopito i malumori della popolazione e che è stato ulteriormente potenziato portando il Governo a varare nuove modifiche della legislazione interna. Piccoli cambiamenti che, però, rischiano di avere un significativo impatto sulla quotidianità dei lavoratori stranieri nel Paese.

E’ del novembre 2014, ad esempio, la modifica delle normative riguardanti il rilascio della patente di guida nazionale. La nuova legge prevede l’incremento a 400 dinari (1200 euro circa) del salario minimo necessario perché uno straniero possa ottenere una patente di guida. Il candidato, inoltre, deve risiedere regolarmente in Kuwait da almeno due anni ed essere laureato. Nonostante alcune categorie come giornalisti, professori, sportivi ed altri siano state escluse dal cambiamento, molti lavoratori stranieri hanno perso la possibilità di guidare legalmente con conseguenti difficoltà nel proprio ambito lavorativo e molti altri, trovati senza patente, sono stati espulsi dal Paese. Nei mesi successivi molti altri piccoli cambiamenti sono stati introdotti e, ad esempio, per far fronte alle necessità delle casse statali, lo scorso aprile anche il prezzo dell’energia elettrica e dell’acqua in tutti gli edifici residenziali hanno subito un significativo incremento da cui, però, i cittadini kuwaitiani sono stati esentati.

Secondo quanto riportato in un lungo articolo dell’Associated Press (Ap) di pochi giorni fa, il prossimo passaggio in questa direzione sembra essere quello in ambito sanitario. Dopo l’incremento del ticket per le visite specialistiche dal 15% al 20% limitato ai soli espatriati e il blocco delle visite mattutine per i servizi non urgenti nelle cliniche di Jahra, a ovest della capitale, e nell’Ospedale Amiri a Kuwait City, come evidenziato dalla stessa Ap, ora i lavoratori stranieri potrebbero trovare nuovi ostacoli alla libera fruizione delle strutture mediche. Il Jaber Hospital, prima struttura sanitaria pubblica costruita dopo più di trent’anni e situata a pochi chilometri dalla capitale, potrebbe, infatti, essere il primo ospedale per soli cittadini kuwaitiani. Per quanto alcune voci si siano opposte a questi cambiamenti in quanto contrari al diritto internazionale e alla stessa deontologia medica, la proposta sembra trovare l’appoggio della popolazione locale che, sempre più spesso, imputa ai lavoratori stranieri tutte le principali problematiche del Paese.

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