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30/01/2017

Né Renzi né Grillo ce la faranno a prendere il 40%. Facciamo due conti

La campagna elettorale è già aperta: anche se ci sarà ancora qualche resistenza di Mattarella o di Berlusconi, ormai i margini per evitare l’immediato scioglimento delle Camere sono ridotti al lumicino.


Dunque, voto a giugno, in vista del quale già si affilano le armi e, tanto Grillo, quanto Renzi, hanno dichiarato apertamente di puntare al 40%. Quante probabilità hanno di farcela? E’ un calcolo realistico o dietro c’è dell’altro?

Partiamo dal Pd: Renzi ha due punti di riferimento, il 29-30% dei  sondaggi (sostanzialmente confermato dai risultati delle amministrative) ed il 40% circa dei SI al referendum. Nel primo caso deve raggranellare un ulteriore 9-10% ed in più, trovare voti che compensino una eventuale scissione di D’Alema-Emiliano e forse anche Rossi e Speranza, dove li trova? E’ ovvio che il bacino più raggiungibile è quello del 40% dei SI al referendum ed è prevedibile sin d’ora che questa sarà la suggestione principale della sua campagna: “Hai votato SI, ora vota Pd”. Ma è realistico che tutti o quasi gli elettori che hanno votato in quel modo, poi votino Pd? Intanto nell’area del SI c’erano anche i centristi (Alfano, Verdini, resti di SC ecc.) e voti di sinistra (Pisapia, Cuperlo) che non è detto che ci siano questa volta. La cosa potrebbe avere una sua consistenza se si facesse una lista che riproduca quello schieramento.

Si è lanciato un ballon d’essai in questo senso attraverso l’Hp, ma la cosa si è sgonfiata subito: tanto Alfano quanto Pisapia hanno risposto picche e si capisce: intanto è uno sproposito pensare ad una lista che comprenda entrambe le ali, poi è difficile pensare che i rispettivi elettori seguano tutti questa indicazione di voto, sono del tutto improbabili flussi elettorali di qualche valore dall’area di quelli che hanno votato NO o degli astenuti, ed il margine di quell’area è appena dello 0,9% per restare sopra la soglia del 40 e senza contare l’effetto sconfitta che, di solito, produce ulteriori indebolimenti.

Dunque, mi sembra che le probabilità siano molto prossime allo zero. Ma Renzi ci crede? Va bene che la propaganda inganna prima di tutto quello che la fa, ma il fiorentino è troppo furbo per non capire che è una scommessa persa in partenza. Ed allora perché si espone al rischio di un risultato che suonerebbe come una sua seconda e definitiva sconfitta? In primo luogo lui vuole mobilitare al massimo le sue truppe e galvanizzarle per raggiungere il risultato massimo possibile e, se arrivasse intorno al 33-34, mantenendosi partito di maggioranza relativa e riducendo ai minimi termini il frutto dell’eventuale scissione, questo risultato non sarebbe affatto una sconfitta, ma un dignitoso posizionamento dopo la batosta del 4 dicembre. Dopo, si potrebbe tentare l’accordo con Fi da posizioni di forza o, magari, andare a nuove elezioni puntando ad una nuova avanzata. Dunque un obiettivo di bandiera dietro il quale stanno altri obiettivi più limitati ma più sperabili e poi si vedrà.

Anche Grillo parla di 40% e parte da sondaggi che gli danno il 30-31%, quindi deve trovare un 9-10%. Dove? Sembra improbabile che possa esserci uno sfondamento così rilevante sul fianco dell’elettorato tanto di destra quanto di sinistra ed anche a ripartire la quota a metà fra i due, l’obiettivo pare piuttosto lontano, tanto più considerate le “scivolate” prese a Roma e Strasburgo. Vero è che, sin qui, l’elettorato 5 stelle è restato fedele e non ha registrato neppure la minima flessione, nonostante le due cadute, però, di qui a pensare che, nonostante questi punti deboli, il Movimento possa crescere conquistando un flusso aggiuntivo pari al 33% della sua quota di partenza (e del 60% sul voto del 2013) mi pare un po’ troppo ottimistico.

Tanto più che le grane capitoline sono tutt’altro che finite. Anzi, temo che l’intestardimento nella difesa della Raggi, finirà per regalare al Pd un ottimo argomento di campagna elettorale che finirà per essere la palla al piede del M5s. al posto di Renzi mi augurerei di avere la Raggi sindaca sino al giorno del voto. Né credo che le continue purghe ed i richiami ad una disciplina un po’ da caserma giovino al movimento. Può darsi che Grillo, che di suo è un entusiasta che si lascia trascinare dai suoi sogni, ci creda, e se la Corte Costituzionale avesse fissato il limite al 49,9% , lui starebbe chiedendo quella cifra. Resterebbe comunque il problema del Senato, dove le probabilità di conquistare la maggioranza dei seggi sono pari a zero. Ma può anche darsi che pure nel suo caso l’obiettivo di bandiera ne nasconda altri meglio perseguibili. In primo luogo vale la stessa considerazione di voler galvanizzare i seguaci. Poi ci sono due obiettivi politici tutt’altro che disprezzabili da raggiungere anche sotto il 40%: conquistare la maggioranza relativa (il che, peraltro, comporterebbe che il primo incarico dato dal Presidente, per consuetudine, andrebbe al candidato premier del M5s) ed, in secondo luogo, fare si che la sommatoria dei seggi Pd-Fi-centristi resti sotto la maggioranza. Ed, in questo senso, a Grillo basterebbe la sommatoria M5s, Lega, FdI, Sinistra Italiana (senza contare l’eventuale partito nato da una scissione del Pd) che è inimmaginabile diventi una maggioranza di governo, ma che basta ad impedire che se ne formi una diversa. Dopo di che si andrebbe a nuove elezioni dove andare allo scontro finale con il Pd.

Dunque, anche qui ci sono “sotto obiettivi” da considerare ed i termini reali dello scontro sono questi. Ma non ci vuole la zingara per indovinare che questa sarà una legislatura di passaggio mentre si determinerà una ridefinizione dell’offerta politica.

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