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24/01/2017

Francia, primarie PS: Hamon beffa Valls

di Michele Paris

L’inattesa sconfitta nel primo turno delle primarie presidenziali in Francia dell’ex primo ministro, Manuel Valls, rischia di aggravare la profonda crisi in cui versa il Partito Socialista d’oltralpe (PS) dopo cinque anni sotto la guida del super-screditato François Hollande e dei governi da lui nominati. Valls ha chiuso al secondo posto dietro al “frondista” e suo ex ministro Benoît Hamon, in grado di intercettare la maggior parte dei consensi di un elettorato Socialista che continua a chiedere politiche progressiste e a respingere la deriva liberista accentuatasi in questi ultimi anni.

La destra del PS francese è apparsa essere in netta minoranza nella consultazione di domenica. Valls, emblema stesso dell’involuzione reazionaria del suo partito, si è fermato a poco più del 31%, mentre Hamon ha superato quota 36%.

Se ai voti del 49enne ex ministro dell’Educazione e deputato del dipartimento di Yvelines si aggiunge il 17,6% ottenuto da un altro ex membro di “sinistra” del primo governo Valls, Arnaud Montebourg, si comprende agevolmente come la maggioranza dei votanti auspichi una svolta in senso progressista del Partito Socialista. Sia Hamon che Montebourg erano stati di fatto allontanati dal governo Valls nel 2014 per avere criticato le politiche economiche liberiste dell’allora primo ministro.

Al di là dei risultati, le primarie di domenica si sono tenute prevedibilmente in un’atmosfera di relativa indifferenza. L’ostilità dei francesi nei confronti dei governi Socialisti e del presidente Hollande si è manifestata con un’affluenza che è stata meno della metà rispetto a quella registrata qualche settimana fa nelle primarie della destra gollista, vinte anch’esse a sorpresa da François Fillon.

Hollande sta facendo segnare il minimo storico nei livelli di approvazione per un presidente in carica dopo che il suo mandato è stato caratterizzato dall’implementazione e dal tentativo di implementazione di misure di austerity e dallo smantellamento dei diritti dei lavoratori. Ancora, Hollande e lo stesso Valls sono identificati con l’adozione di misure anti-democratiche, come lo scavalcamento delle prerogative del Parlamento e lo stato di emergenza tuttora in vigore, quest’ultimo destinato teoricamente a combattere la minaccia di attentati terroristici.

Hamon ha in ogni caso incassato già nella serata di domenica l’appoggio di Montebourg, anche se il conforto della matematica potrebbe non essere sufficiente a garantirgli il successo nel secondo turno delle primarie di domenica prossima. Per i media francesi, a influire sulle scelte degli elettori del PS potrebbe essere il dibattito televisivo previsto a metà settimana tra Hamon e Valls.

Chiunque esca vittorioso dalle primarie, il candidato Socialista alla successione di Hollande, il quale ha da tempo ha annunciato di non volersi ripresentare alle elezioni per evitare una clamorosa batosta, sembra essere comunque destinato a una sonora sconfitta nel primo turno delle presidenziali nel mese di aprile.

I più recenti sondaggi danno addirittura l’aspirante presidente del PS in quinta posizione nel primo turno delle presidenziali, dietro a Fillon e a Marine Le Pen del Fronte Nazionale (FN) di estrema destra, ma anche all’indipendente ex ministro Socialista, Emannuel Macron, e a Jean-Luc Mélenchon del Partito di Sinistra (PG).

Dietro a Hamon si sono coalizzate quelle forze che cercano di conservare una qualche credibilità del PS, impostando una campagna elettorale basata sulle critiche all’impopolare presidenza Hollande e proponendo l’illusione di un partito che, dietro le pressioni popolari, possa mettere in atto misure come l’istituzione di un reddito minimo universale garantito per tutti.

Quest’ultima è una delle due proposte cardine di Hamon, da finanziare con una ancora più improbabile tassa sulla ricchezza in un clima nel quale le classi dirigenti di qualsiasi schieramento, in Francia come altrove, appaiono sempre più ostili anche a un minimo aumento della spesa sociale. L’altra iniziativa propagandata da Hamon è l’ulteriore riduzione dell’orario lavorativo settimanale da 35 a 32 ore.

La fragilità del PS rischia di aggravarsi dopo il secondo turno di domenica prossima. Un’eventuale vittoria di Hamon acuirebbe le divisioni interne, nascoste a malapena negli ultimi cinque anni dal timore di riconsegnare il governo alla destra. Sotto la spinta dell’estrema destra e con la prospettiva sia di vedere all’Eliseo un presidente gollista critico dell’Unione Europea sia di sparire virtualmente dalla mappa elettorale francese, la maggioranza del PS e le forze borghesi europeiste che a esso fanno riferimento potrebbero optare per una soluzione clamorosa.

Invece di appoggiare Hamon per la presidenza, questi ultimi potrebbero cioè dare il proprio sostegno a Emmanuel Macron, lasciando il candidato Socialista ufficiale a poter contare solo sui “frondisti” della “sinistra” del partito. Già alla vigilia delle primarie, decine di membri del PS che ricoprono cariche elettive a livello regionale avevano annunciato il loro appoggio a Macron, mentre fonti vicine a Hollande avevano affermato, prima di smentire le loro stesse dichiarazioni, che lo stesso presidente era pronto ad appoggiare l’ex banchiere ed ex ministro dell’Industria diventato indipendente.

Quali che siano le scelte di Hollande, è innegabile che Macron trovi ampi consensi nelle stanze del potere in Francia, soprattutto tra coloro che, ormai sicuri dell’inevitabile rovescio elettorale che attende i Socialisti, intendono puntare su un candidato che rappresenti un punto di riferimento per il business all’interno di un quadro europeista.

Macron, in altre parole, potrebbe essere l’unica residua speranza per installare all’Eliseo un presidente che, presentandosi con un’apparenza di modernità e un finto appeal da giovane imprenditore vincente, prosegua con le distruttive politiche di austerity di Hollande e si adoperi per evitare l’implosione dell’UE.

Se Valls dovesse quindi fallire, buona parte dei vertici del PS e dei poteri che a questa fazione fanno riferimento potrebbe essere pronta a scommettere su un candidato dal chiaro profilo ultra-liberista, chiudendo così definitivamente il cerchio di un percorso verso destra.

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