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26/01/2017

Automazione e disoccupazione tecnologica. Self driving car e non solo /7

SELF DRIVING CAR E NON SOLO: I VEICOLI AUTOMATICI E IL FUTURO DEI TRASPORTI

La digitalizzazione che ha investito tutti i settori della produzione negli ultimi decenni ha ovviamente avuto delle importanti ricadute anche sul mondo dei trasporti e della logistica.

Da qualche anno si è però entrati in una nuova era che, sembra, segnerà un altro passo in avanti nella direzione dell’automazione sempre più intensiva dei processi di circolazione delle merci, una fase importante nel ciclo di valorizzazione del capitale. Il settore della logistica è proprio quel sistema che permette il trasporto delle merci dai luoghi di produzione a quelli di consumo. È evidente che ridurre i costi e i tempi di questa fase implichi un notevole risparmio e la possibilità di maggiori profitti. Un fenomeno le cui ricadute sulle imprese di settore iniziano a essere quantificabili, ma di cui sarà interessante riuscire ad analizzare la portata complessiva.

Proviamo a iniziare questa trattazione con uno sguardo a un mondo di cui tutti sentiamo parlare in questo periodo, quello dei veicoli automatici: mezzi considerabili futuristici fino a poco tempo fa, ma che oggi stanno per diventare realtà. Tutti ormai abbiamo familiarità con termini come cruise control e “parcheggio automatico”, nuovi sistemi di supporto alla guida che le case automobilistiche stanno già mettendo sul mercato. Questi dispositivi però sono solo gli effetti più visibili nella quotidianità delle possibilità di automatizzare i mezzi di trasporto. Partiremo da qui per capire a che punto si trova l’innovazione tecnologica e quali saranno gli scenari futuri a lungo termine, ipotizzando come potrebbe modificarsi la catena dello spostamento di merci e persone con l’avvento dell’automazione dei processi. Proveremo anche a leggere le probabili conseguenze che non mancheranno di colpire il mercato del lavoro, sia relativamente al ridimensionamento del numero degli operatori sia rispetto alle mansioni che saranno loro richieste.

Le self-driving car

Tentiamo di dare una fotografia degli standard raggiunti finora dalle self-driving car. I livelli di automazione dei veicoli secondo gli standard internazionali vanno da zero a cinque1. I primi livelli corrispondono a gradi di automazione limitati, in altre parole a dispositivi di supporto alla guida già noti al grande pubblico, come regolazione della velocità e sterzo automatico. A promuoverli sono per lo più grandi compagnie automobilistiche che possono immaginare un ritorno immediato per stare al passo con le richieste di mercato. Completamente diverso è invece il concetto di automazione che presentano i livelli più alti (4 e 5), dove il guidatore è del tutto assente e il veicolo è in grado di circolare in qualsiasi condizione, anche in emergenza, senza intervento umano. A essere interessati a questa tecnologia non troviamo solamente l’industria dell’automotive, ma anche altri soggetti. Si impongono dominanti i colossi dell’IT come Google e Apple, che stanno immaginando di ricavare la fetta di mercato più competitiva all’interno dell’arrancante industria automobilistica. Questi player punteranno a introdurre veicoli totalmente nuovi e che non avranno bisogno di un guidatore. Prendiamo il caso di Google, che da diversi anni sta sviluppando il suo prototipo di self-driving car avendo percorso ad oggi poco meno di 2 milioni di chilometri di test, incorrendo in soli 14 incidenti. Il portato di questi studi potrebbe essere esplosivo, se messo in sinergia con altri progetti di ricerca di big G sulle smart cities del futuro, come Sidewalk Labs, la divisione di Alphabet (holding di Google) dedicata allo sviluppo di soluzioni tecnologiche per le infrastrutture urbane, dalla mobilità alla distribuzione di acqua ed elettricità2.

Tuttavia, nonostante gli enormi passi in avanti nello sviluppo dei veicoli automatici, è ancora difficile immaginare una reale circolazione di questi nelle nostre città. Infatti, a dispetto di quanto si potrebbe pensare, la tecnologia necessaria non è ad ora il problema più rilevante. Uno degli impedimenti maggiori consiste nel riuscire a controllare l’automobile in situazioni di emergenza e nell'interazione con i pedoni ed eventi non prevedibili. Questa è anche una delle ragioni per cui si stanno sviluppando molto più velocemente sistemi di trasporto autonomi che operano in ambienti protetti o corsie dedicate. Si pensi ad esempio a quanti minori imprevisti e variabili debbano affrontare veicoli che si muovono su una propria linea, come le metropolitane, o su percorsi standard, come i mezzi all’interno di magazzini o fabbriche. La difficoltà enorme della Google car sarà perciò quella di dimostrare al mondo, e a chi deve concedere la licenza, che non sarà un pericolo per nessuno e che saprà valutare le condizioni in strada come se fosse davvero un reale guidatore.

Un altro grosso ostacolo è dato dalle normative vigenti. E’ naturale che non esista ancora nessun testo legislativo di riferimento che regoli la circolazione di robot, però è interessante vedere chi, in questo momento, si sta muovendo per cambiare le cose. In prima fila spiccano gli USA (in particolare la California) che hanno già autorizzato numerosi test e che programmano di mettere mano al loro codice della strada il prima possibile per non creare barriere a chi vorrà implementare questi veicoli. L’Europa non è da meno, con in testa l’Inghilterra, l’Olanda e la Svezia. Quali sono le ragioni di tanta fretta per aiutare lo sviluppo dei veicoli automatici? Sicuramente creare un ambiente favorevole per attrarre investimenti, senza contare il rilancio delle proprie industrie nazionali (si pensi alle collaborazioni tra Volvo e le autorità svedesi3) e chi, come l’Olanda, ha mirati interessi sul tema dell’automatizzazione della logistica, come vedremo più avanti.

Self-driving vehicles nell’industria

I centri di ricerca che investigano i veicoli automatici in realtà non si fermano allo studio della semplice automobile, ma si occupano anche di altri campi di applicazione. All’Università di Parma, il progetto Vislab (recentemente venduto a una società californiana) oltre ad aver dato il via allo sviluppo di auto in grado di circolare in città come quelle di Google, studia parallelamente la possibilità di impiegare questa tecnologia su più fronti: per scopi militari, industriali (nell’agricoltura e nel settore estrattivo) e di sorveglianza.4 E’ infatti facile pensare che vi sarà una particolare attenzione ai settori in cui i veicoli lavorano in ambienti protetti, con movimenti limitati e dove si ha un alto ritorno in termini di risparmio di costi (rimozione del lavoro umano e ottimizzazione dei processi), ovvero all’interno di zone industriali e di stoccaggio.

Gli scenari sono ancora incerti, portiamo però alcuni esempi di aziende del settore operanti in territori in cui l'alto costo della manodopera e la lunghezza delle tratte da percorrere ha indotto, prima che in altri contesti, l'interesse verso l'automazione. L’azienda petrolifera canadese Suncor Energy è già pronta all’utilizzo di nuovi camion automatici all’interno dei propri stabilimenti e ha già siglato un accordo per acquistarne altri in futuro. Considerando che la Suncor ha un importante impiego di operatori specializzati per la guida di autocarri pesanti, la prospettiva dell’introduzione di questi nuovi mezzi ha giustamente sollevato la paura di una significativa riduzione dei posti di lavoro. Per dissipare ogni dubbio sul fatto che simili scenari non appartengono al solo mondo della fantasia, la compagnia ha ribadito che la Suncor sta lavorando per sostituire tutta la flotta entro dieci anni. L'azienda ha recentemente ribadito5: “Questo cambio porterà ad avere l'80 per cento di persone in meno che lavoreranno per noi”, e aggiunge “considerando che un salario medio per un autista è di circa 200.000 dollari, sono indubbi i benefici che si possono ricavare da questa operazione”. C'è da chiedersi quali saranno i costi sociali di questi benefici.

La multinazionale anglo-australiana Rio Tinto che opera nel settore estrattivo, ha recentemente lanciato un nuovo programma di automatizzazione dei propri processi di estrazione, chiamato Mine of the future. Tra le tante implementazioni emerge l’utilizzo di una nuova flotta di decine di veicoli automatici, con un trend in forte crescita nei prossimi anni. Dichiarano: “Utilizzare mezzi automatici significa muovere materiali in modo più efficiente e sicuro, apportando un decisivo aumento nella produttività e riducendo i costi”6.

Due esempi con i quali possiamo vedere concretamente quali parametri saranno tenuti a riferimento dalle imprese che potranno adottare queste nuove soluzioni.

Spostamento merci: lo shipping

Da quanto visto fin qui è facile dedurre che la grande rivoluzione dell’automatizzazione non riguarderà in prima battuta il mondo passeggeri, quanto piuttosto lo spostamento di merci. Ricordiamo che la delocalizzazione dei centri di produzione mondiale fu permessa anche dall'utilizzo di un sistema di trasporto a bassissimo costo: il container. Ecco, l’avvento dell’automatizzazione sarà quel nuovo salto epocale, in termini di abbattimento dei costi e miglioramento dell’affidabilità dei servizi (puntualità e regolarità), che rivoluzionerà la logistica per come l’abbiamo conosciuta. Risultato? Probabilmente a partire da Shangai a Milano le merci si sposteranno con un sostanziale abbattimento dell'attuale numero di lavoratori coinvolti. Procediamo per gradi per capire quali tecnologie sono all’avanguardia e quali paesi europei stanno maggiormente spingendo verso questa direzione.

I principali spostamenti di merci avvengono per mare. Lo shipping infatti rappresenta un settore da 395 miliardi di dollari, che corrisponde al 90% del commercio mondiale. Quindi perché non pensare a navi che si muovono da sole? Già oggi il numero di persone impiegate nelle moderne portacontainer si è fortemente ridotto rispetto al passato: la più grande nave presente sul mercato, prodotta dalla Samsung Heavy Industries, con una capienza di 9600 TEU7 tiene a bordo solamente diciannove persone. Ma non basta. È notizia recente che Rolls-Royce Holdings Plc sta progettando portacontainer dove l’equipaggio non è previsto. Il capo della divisione di ingegneria marittima della Rolls-Royce ha già dichiarato, in un’intervista sul Financial Times, che la tecnologia esiste già ma manca solamente una legislazione a supporto8. Aggiunge che sarà verosimile vedere applicati questi sistemi in una zona test (probabilmente il Mar Baltico, vicino ai propri centri di ricerca), per poi estenderli in seguito a livello mondiale. Le nuove navi saranno cariche di container da poppa a prua, senza la presenza di un ponte. Considerando poi la totale assenza di uomini, si rimuoveranno tutte quelle zone per ospitare l'equipaggio, con una riduzione di peso a vuoto di circa il 5%. Con la rimozione del personale la diminuzione dei costi operativi è stimata per oltre il 40% rispetto a quelli di una nave tradizionale.

Parallelamente l'Unione Europea stessa sta finanziando un progetto da 395 milioni di euro chiamato MUNIN (Maritime Unmanned Navigation through Intelligence in Networks), promosso da un consorzio di partner accademici e industriali con sede in Germania, Norvegia, Svezia, Islanda e Irlanda. Il progetto prevede una gestione completa da remoto di un'intera flotta di navi con il supporto di un sistema di localizzazione avanzato.9

Nonostante sia chiaro che il risultato cui stanno puntando imprese e istituzioni non sia favorevole al mondo del lavoro, ancora scarsa sembra l'attivazione delle federazioni sindacali per far fronte alle accelerazioni in corso. Recentemente il sindacato dei trasporti ITF (International Transport Workers’ Federation), che rappresenta a livello mondiale 600 mila lavoratori che operano nello shipping (in totale sono circa un milione) ha fatto sentire la sua voce, proprio perché il tema non può più essere rimandato. Per ora il presidente David Heindel si è limitato a sottolineare che l'uomo ha un ruolo fondamentale per la sicurezza delle navi e che non può essere sostituito. Come le organizzazioni sindacali sapranno fronteggiare questi scenari sempre meno irrealistici è tutto da verificare10.

Spostamento merci: i porti

Dalle navi la merce arriva ai porti per poi ripartire verso terra o verso altre rotte marittime.

I porti sono punti nevralgici che hanno la funzione di smaltire altissimi flussi di merci in poche ore e con bassissimi ritardi (che costano molto caro agli operatori di trasporto). Sebbene i carichi non siano in aumento, complice anche la crisi mondiale, la stazza delle navi in transito è invece cresciuta (il cosiddetto fenomeno del “gigantismo navale”), per cui si costruiscono terminal sempre più estesi e tecnologicamente attrezzati. È proprio su questa scia che porti strategici come Rotterdam e Marsiglia stanno allestendo nuove banchine in grado di fornire alte prestazioni in termini di capacità offerta e rapidità esecutiva, e si prevede che i nuovi terminal saranno estremamente automatizzati.

Si stanno gradualmente sostituendo in processi automatici tutte le operazioni previste tra l'arrivo della merce dal mare e il trasbordo su camion e treni. Ad Amburgo i container sui piazzali vengono già movimentati con carrelli pilotati da un unico centro di comando. Nel principale porto europeo, quello di Rotterdam, si è inaugurato l’autunno passato il nuovo terminale Maasvlakte 2 che opera con sistemi altamente automatizzati. Verranno previste gru comandate da remoto che trasborderanno i container su carrelli gommati automatizzati per raggiungere i piazzali di stoccaggio. Dalle zone di sosta sono stati progettati sollevatori verticali che sposteranno i container dai carrelli ai treni, alle chiatte fluviali e ai camion senza intervento umano.

Anche in questo caso possiamo affermare con una buona dose di sicurezza che il mercato del lavoro non uscirà indenne da queste trasformazioni. Lo sanno bene i sindacati olandesi Christelijk Nationaal Vakverbond (CNV) e Federatie Nederlandse Vakbeweging (FNV) che a gennaio hanno indetto il primo sciopero dopo tredici anni senza proteste, proprio per denunciare le ripercussioni che porterà nei prossimi anni l’adozione di tali sistemi nei nuovi terminal11. Si stima che verranno diminuiti all’incirca 800 posti di lavoro su un totale di già sole 3500 persone impiegate attualmente al porto. La preoccupazione riguarda anche il contesto italiano, dove un alto livello di automatizzazione verrà impiegato nei nuovi terminal Bettolo del primo porto italiano. I principali benefici attesi delle nuove strutture non si baseranno tanto su un sostanziale aumento della produzione, quanto su una drastica diminuzione dei costi (soprattutto del personale!). Ancora stessa musica per il futuro molo Maersk a Vado Ligure (porto di Savona), che verrà gestito dallo stesso gruppo del terminal di Rotterdam, ma dove non si conoscono ancora esattamente le intenzioni e i sistemi che verranno scelti per questo progetto. Sicuramente se verrà deciso di utilizzare la stessa tecnologia dell'hub olandese, anche qui la possibilità di una diminuzione in termini di posti di lavoro diventerà inevitabile.

Le merci escono dai porti... su gomma

Dai porti le merci continuano il loro percorso nell'entroterra. Proviamo a vedere come si stiano profilando i livelli di automazione nel trasporto su gomma, su cui oggi si muovono i maggiori volumi terrestri.

Come abbiamo visto per le auto, è già disponibile una tecnologia che permetta il cosiddetto advanced cruise control in funzione delle condizioni di traffico e di tracciato. Questo dispositivo non consente ancora la circolazione sulle strade urbane, ma è già stato testato su vie speciali e protette. In camion si percorrono solitamente lunghe distanze, prevalentemente in autostrada e per un notevole ammontare di ore. Proprio condizioni perfette per i primi impieghi di queste automatizzazioni parziali. L’abbattimento dei costi sarebbe immediato e rilevante, considerando che un singolo autista riesce a trasportare un basso quantitativo di merce, e ipotizzando una verosimile riduzione della durata degli spostamenti, eliminando i tempi di riposo del guidatore. Numerose proposte sono già sulla scena. Primo tra tutti il modello di Truck Platoon, in cui nel primo tir è presente un guidatore, mentre i veicoli che seguono sono pilotati da quello antecedente con il cruise control. Questo sistema permette di risparmiare in termini di combustibile (diminuendo la resistenza dell’aria) e soprattutto rimuovendo i guidatori dei camion in fila. In uno scenario di lungo periodo anche il primo guidatore verrà eliminato. A studiare queste soluzioni troviamo le case automobilistiche come Mercedes-Benz, Volvo e la statunitense Daimler, ma anche il re dei supermarket Walmart, che di grande distribuzione ne sa qualcosa. C’è da sottolineare inoltre che numerosi progetti vengono anche lanciati da centri di ricerca istituzionali in partnership con società private, come il caso dell'olandese TNO capogruppo del progetto EcoTwin12. Proprio il governo olandese, a cui il tema della logistica sta evidentemente molto a cuore, nell'aprile 2016 durante la sua presidenza del Consiglio dell'Unione Europea ha organizzato l’European Truck Platooning Challenge13, una competizione a livello europeo che ha visto grandi gruppi industriali e università fronteggiarsi per fare un salto in avanti sulla tecnologia dei plotoni di tir. L’opportunità dei platoon può giocare un ruolo fondamentale nella catena della logistica in Europa, che ha come punto d’approdo i grandi porti sul Baltico. D'altronde non c'è bisogno di guardare lontano per scoprire l'interesse che l'Unione Europea sta riservando all'argomento: il framework programme Horizon 2020 prevede nel solo 2016-17 più di 110 milioni di euro per le call nell'ambito specifico dell'Automated Road Transport, senza considerare altre decine di milioni di euro destinate dal programma agli studi sulla logistica, sugli Intelligence Transport Systems e sulle infrastrutture portuali14.

...Oppure escono su ferrovia

Sta però aumentando l'attenzione rivolta ai trasbordi verso treni e barche per garantire processi con costi minori per unità di carico rispetto a quelli concessi dai tir. Treni e barche rendono possibile anche un maggiore margine di automazione. Non è un caso che olandesi, belgi e tedeschi stiano investendo sulla ferrovia merci Betuweroute per collegare il porto di Rotterdam alla Germania. Allo stesso tempo anche in Italia per il già citato nuovo terminal del porto di Savona sarà previsto il trasferimento su binario del 40% dei container in arrivo15.

Seppure allo stato dell'arte non si abbiano ancora notizie su rilevanti avanzamenti nell'automazione delle linee ferroviarie, bisogna ricordare che il treno è uno dei mezzi più semplici da poter comandare da remoto: ha una linea dedicata e regole di circolazione molto rigide. Per esempio nel loro piccolo tutte le nuove metropolitane vengono già progettate senza guidatore, come in Italia a Torino, Milano e Roma (la futura metro C). La gestione automatica consente di far viaggiare i treni a una minore distanza gli uni dagli altri, rendendo così possibile un aumento di capacità fino al cinquanta percento su ogni linea. Al contempo diminuisce l'utilizzo di energia: grazie a frenate e accelerazioni più caute è possibile risparmiare fino al quindici percento nei consumi. Per le metropolitane l’automatizzazione è più semplice, perché trattasi di sistemi chiusi, ovvero non presentano incroci o interferenze con altro traffico. Il tutto quindi starà nell’adeguare le infrastrutture ferroviarie esistenti ai nuovi requisiti. L’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Italiane, Renato Mazzoncini16, nella primavera 2016 ha ribadito una visione secondo cui a far muovere i treni non sarebbero i macchinisti, ma il sistema di circolazione che si trova dietro le quinte. Affermazioni che hanno presto trovato tra i sindacati una forte opposizione, ma che certamente testimoniano come in ferrovia sia possibile nel breve futuro fare a meno di molta parte del personale ora impiegato.

I treni senza conducente infatti non sono destinati a rimanere per forza sotto terra. È quanto dimostra la già citata multinazionale mineraria Rio Tinto, la quale ha affidato ai computer la guida delle locomotive dei treni merci che trasportano minerale di ferro nell’outback australiano. La realizzazione delle linee ferroviarie automatiche per il trasporto merci nell’Australia Occidentale ha un costo stimato di circa mezzo miliardo di dollari (cifre molto basse se considerate relativamente alle spese solitamente previste per queste grandi opere) e rientra nel progetto futuro di Rio Tinto di automatizzare completamente la gestione delle miniere, come avevamo anticipato. Con il progetto Auto Haul potrebbe quindi nascere la rete ferroviaria automatizzata più lunga al mondo. Su 1300 chilometri di binari, treni merci controllati da sistemi informatici renderanno più flessibili i processi logistici e di trasporto, riducendo al contempo le emissioni di anidride carbonica17.

Conclusioni

Nelle ipotesi più avveniristiche anche l’ultimo miglio della piccola distribuzione sarà operato dai robot. Chi non ha sentito parlare dei nuovi prototipi di droni che vengono testati da Amazon, DHL e la solita Google per evitare di utilizzare dipendenti per la consegna a domicilio? Sebbene le notizie in merito siano all'ordine del giorno a causa del diretto interesse che queste innovazioni comportano nella nostra vita quotidiana, in realtà l’iter di realizzazione potrebbe richiedere ancora alcuni passaggi, come l'ottenimento dei permessi di volo. Inoltre le aziende interessate devono ancora comprendere la reale redditività di questi sistemi. In ogni caso, sembra proprio non manchi più nulla per spostare le merci direttamente dai punti di produzione a quelli di consumo con metodi automatizzati.

Abbiamo visto come l'automazione immaginata da Google non si limiti allo sviluppo delle driverless car. Le poche informazioni di cui disponiamo sugli avveniristici progetti che vengono sviluppati nel segretissimo laboratorio di Google X ci permettono di dire che a Mountain View si stia ideando un futuro di interconnessioni. Google è già profondamente coinvolta nel cosiddetto Internet of Things, e i veicoli automatici potrebbero essere solo un tassello di un sistema in cui big data, applicazioni e servizi si incontreranno nelle città di domani. Queste considerazioni ci lasciano quindi con diversi legittimi dubbi sui riflessi che l'accentramento di conoscenze tecnologiche avanzate potranno avere sulla gestione privata di importanti reti infrastrutturali e delle nostre informazioni personali ormai messe sul mercato.

Ultime osservazioni per concludere. In questo testo siamo partiti dall'assunto che attualmente la logistica già riveste un enorme ruolo per gli sviluppi delle economie avanzate della nostra epoca. Non ci siamo quindi interrogati sulle tante implicite conseguenze che ricadono sul mondo del lavoro di oggi. Un tema che meriterebbe una trattazione a parte. Ci vogliamo invece lasciare con qualche ipotesi sulle tendenze per il futuro. Come abbiamo potuto intuire, si aprono grandi interrogativi sull'incidenza che l'automazione avrà sul fattore lavoro. La prima impressione che ne sorge è la drastica riduzione degli operatori impiegati, come emerso in queste pagine, con una ricaduta negativa su tutta l'economia che gira attorno ad essi. Eppure si apre una grande contraddizione. Alcuni fanno notare che il più grande ostacolo alla diffusione dei mezzi di trasporto automatizzati potrebbe essere proprio negli effetti di un rapido progresso tecnologico in altri settori economici. Infatti, è noto come i cambiamenti tecnologici negli ultimi anni abbiano cancellato molti cosiddetti middle skilled jobs, i lavori della classe media, spingendo tantissimi lavoratori verso più basse fasce salariali. La possibilità di avere manodopera a basso costo ha parzialmente disincentivato le imprese dall'investire nell'automazione dei processi. Sarebbe ironico se i mezzi automatici, sotto più punti di vista simbolo dei cambiamenti tecnologici in corso, non riuscissero a diventare realtà proprio a causa dell'abbassamento del costo del lavoro dovuto alla disoccupazione causata dall'avanzamento di altre tecnologie. Una possibile situazione intermedia sembra quella data da uno scenario in linea con la polarizzazione cui stiamo assistendo nei paesi occidentali: una parziale automazione potrebbe lasciare comunque indenni le mansioni a minor valore aggiunto, causandone probabilmente un ulteriore caduta dei salari, mentre è immaginabile che al polo opposto si creeranno nuovi posti di lavoro per tecnici iperspecializzati.

Note
1 http://www.sae.org/misc/pdfs/automated_driving.pdf

2 http://www.wsj.com/articles/alphabets-next-big-thing-building-a-smart-city-1461688156

3 http://www.drivesweden.net/en/partners

4 http://vislab.it/

5 http://business.financialpost.com/news/energy/how-canadas-oilsands-are-paving-the-way-for-driverless-trucks-and-the-threat-of-big-layoffs?__lsa=c0cc-a994

6 http://www.riotinto.com/australia/pilbara/mine-of-the-future-9603.aspx

7 Sigla di Twenty (feet) Equivalent Unit, che nei trasporti navali indica il container da 20×12×8 piedi e, anche, la capacità di trasporto di una nave portacontainer

8 http://www.bloomberg.com/news/articles/2014-02-25/rolls-royce-drone-ships-challenge-375-billion-industry-freight

9 http://www.unmanned-ship.org/munin/

10 https://www.rt.com/news/drone-maritime-unmanned-navigation-768/

11 http://www.informare.it/news/gennews/2016/20160013-sciopero-porto-Rotterdam-interrompe-13-anni-pace-sociale.asp

12 https://www.tno.nl/en/about-tno/news/2016/3/tno-takes-part-in-the-european-truck-platooning-challenge-with-ecotwin/

13 https://www.eutruckplatooning.com/home/default.aspx

14 http://ec.europa.eu/research/participants/data/ref/h2020/wp/2016_2017/main/h2020-wp1617-transport_en.pdf

15 www.porto.sv.it

16 http://www.repubblica.it/economia/2016/04/26/news/fs_trenitalia_mazzoncini-138487099/

17 http://blog.sbbcargo.com/it/14777/il-futuro-della-logistica-5-treni-senza-macchinista/

Fonte

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