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24/11/2016

Renzi, il divo e Livorno

Altro che bagno di folla a Livorno: senza la diretta twitter, tv, i lanci, le foto etc la giornata di martedì 22 sarebbe stata un raduno praticamente inavvertito in una delle zone meno frequentate della città. Per il resto Renzi non ha detto nulla, vive solo di cornice spettacolare, ed è inutile fermarsi a qualche battuta da tavolata della domenica. E Nogarin risponde parlando di un reddito di cittadinanza che non esiste

Nella giornata di martedì, quando è apparso un tweet del direttore del Tirreno che evidenziava come una spettatrice livornese del comizio di Renzi gli avesse urlato quanto fosse bravo e bello, si sono definiti alcuni passaggi della comunicazione, locale e nazionale, diversi anche rispetto al recente passato. Il tweet di Vicinanza sta nella strategia di rafforzamento, o di mantenimento, della rappresentazione del divismo attorno a Renzi. L’idea è che quanto più forte sia il divismo attorno al presidente del consiglio, tanto più sia colmabile lo spaventoso vuoto politico che lo accompagna.

La stampa locale partecipa quindi a questo gioco di rappresentazione del divismo di Renzi che, da Rolling Stone a “Chi” al Sole 24 ore, accompagna le vicende del presidente del consiglio dalla sua installazione a palazzo Chigi. Nella stampa e nei media locali tutto questo è elaborato con schemi, quelli sì, in armonia con il passato: ampio spazio, acritico e pieno di particolari inutili dal punto di vista informativo utilissimi per il gossip, al divo poi ritagli di notizia, nemmeno poi male, per gli oppositori. E’ un modo di accompagnare il potere, furbo e consolidato. La differenza la fa il contesto comunicativo al quale si partecipa. L’apologia della stampa locale ai presidenti del consiglio di centrosinistra del passato – da Prodi a D’Alema a Letta – non ha mai toccato il divismo se non in modo periferico. Con Renzi si partecipa ad un gioco e a un fenomeno pericolosi, che concorrono al consolidamento di un concentrato di potere già recentemente conosciuto come inquietante nella storia della repubblica: segretario, presidente del consiglio, gestore dei telegiornali (basta vedere i dati dell’osservatorio di Pavia), barzellettiere.

Un personaggio i cui particolari dell’esistenza privata vengono diffusi sia nei canali dedicati al gossip che in quelli specializzati nelle news, figuriamoci in quelli ibridi tra pettegolezzo e notizia. Una strategia del divismo che ricorda, anche perchè ne è tentativo di copia/incolla, quella berlusconiana. Con qualche significativa differenza: Berlusconi ha spaccato il sistema dell’informazione, specie i giornali che fanno l’agenda politica di tutti giorni, non ha avuto un circuito unificato di produzione di notizie (dal Tg1 a Sky) così coeso. Ci sarebbe da dire che Berlusconi era un divo vero, emerso dalla spazzatura culturale che lo ha incoronato così negli anni ’80, mentre Renzi non rappresenta niente in quanto divo sostanziale. Ma si andrebbe su un’altro piano, qui ci interessa vedere come la stampa locale si adegui, automaticamente, a modelli di decorazione del divismo politico che si presenta sui territori. Modello, quello del divismo politico dei territori, che emerge come risposta, dall’alto, alla crisi della politica locale. Risposta che trova il notabile, antico residuo della cultura liberale postunitaria, come figura, rinnovata, chiave della politica dei territori. Renzi è quel tipo di notabile, che emerge dalla crisi degli apparati politici locali, che fa carriera nazionale e ritorna ogni tanto, in visita, alla radici. La stampa locale non può che ringraziare, entusiasta. Concorrendo a un modello neoautoritario di comunicazione che, ufficialmente, respinge il populismo come la peste. Mentre, in realtà, usa uno degli strumenti chiave del populismo, specie digitale: il divismo di un uomo solo fatto per piacere, alla folla, per acclamazione. Da palazzo Chigi alle terre senza forma punteggiate di capannoni in località Picchianti.

La visita di Renzi a Livorno è stata una delle tappe referendarie, compressa tra una tappa piombinese, dove il premier non ha detto niente di concreto sulla permanentemente drammatica vicenda delle acciaierie, e la serata pisana alla Leopolda. Desta una certa impressione le modalità di, come dire, confezionamento della giornata. Qualche centinaio di persone, non sindachiamo né sul numero né sulla composizione, dirottate in periferia, sigillate da uno schieramento di polizia degno di un prefiltraggio rigido allo stadio nei giorni delle partite calde. Contatto con la città zero, unico elemento di comunicazione i media locali (mobilitati pure con la diretta tv) e nazionali. I media locali sono qui passati dall'essere il soggetto che rappresenta, in modo politicamente subalterno, gli eventi del territorio a coloro che lo costruiscono in toto. Altro che bagno di folla a Livorno: senza la diretta twitter, tv, i lanci, le foto etc la giornata di martedì 22 sarebbe stata un raduno praticamente inavvertito in una delle zone meno frequentate della città. Considerando che chi fa l’evento, i media, oggi è saldamente in mano al premier si fa presto a capire: si cerca di reiterare una politica sigillata, il cui significato comunicativo, gonfiato per l’audience, è governato da pochi e celebrato dagli operatori della comunicazione.

Quale sia la concezione dei territori di un modo simile di proporre eventi è qualcosa di sperimentato da tempo: il classico non-luogo utile, ogni tanto, per qualche spettacolo politico. Ma utile per il nome, non per lo spazio. Visto che viene usato nelle zone meno frequentate. A differenza dei concerti sbattuti in periferia, invasi per gli eventi estivi, si tratta di zone pensate non perchè la gente possa accedervi ma perché non ci passi nemmeno. O comunque venga bloccata agli accessi, per non creare problemi non tanto di ordine pubblico ma di scaletta dello spettacolo previsto. Perché a dare colore, significato e audience ci deve pensare la comunicazione. Per il resto Renzi non ha detto nulla, vive solo di cornice spettacolare, ed è inutile fermarsi a qualche battuta da tavolata della domenica. Battuta fatta nella convinzione che sia questo, oggi, il format comunicativo che rende. Va solo notato come la contaminazione, avvenuta da tempo, tra Renzi e Benigni abbia reso il primo un presidente del consiglio che fa battute scontate e il secondo un comico che fa affermazioni politiche banali. Nemmeno uno sciamano avrebbe potuto fare un incanto negativo migliore.

Inoltre renzianamente, l’attuale sindaco di Livorno, chiamato in causa dal presidente del consiglio al Picchianti cerca di rispondere reiterando una cavolata sperando di farla passare per un gioiello. La cavolata è quella di parlare di un reddito di cittadinanza che non esiste, se non come bassa trovata di propaganda dell’amministrazione, proponendolo proprio come oggetto di discussione al presidente del consiglio. Il rischio concreto è che, su questi temi da intrattenimento politico, Nogarin e Renzi si parlino. Livorno avrebbe bisogno di ben altre cose ma, si sa, oggi siamo su un terreno molto lontano dalla politica, dalla trasformazione in positivo della vita sui territori. Siamo su un terreno nel quale l’erosione della vita sociale è un processo ormai naturalizzato. Fino a quanto tutto questo avanspettacolo non esaurisce le batterie e rivela le tinte forti, quelle che sembrano esagerate ma invece sono reali, del panorama che abitiamo.

Redazione, 23 novembre 2016

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