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28/11/2016

Crolla la qualità della vita nelle aree metropolitane

Le grandi aree metropolitane – meno Torino – perdono tutte posizioni rispetto allo scorso anno nella graduatoria della qualità della vita nella città curata dall’università La Sapienza di Roma e dal quotidiano economico Italia Oggi. Lo studio analizza le 110 province italiane sulla base di 9 parametri – affari e lavoro, ambiente, criminalità, disagio sociale e personale, popolazione, servizi finanziari e scolastici, sistema salute, tempo libero e tenore di vita – 21 sottodimensioni e 84 indicatori di base, Dai risultati se ne ricava un quadro generale del benessere o meno nelle città italiane.

Nonostante l’Expo la stessa Milano scende al 56° posto, Torino – che pure risale – si colloca al 70° posto. Roma paga il prezzo più pesante precipitando all’88° posto, mentre Napoli perde posizioni e si colloca a 108 su 110, peggio stanno solo Crotone e Siracusa.

Il crollo della qualità della vita basato sugli indicatori sociali prima indicati, se appare inaspettato per Milano, è decisamente pesante per Roma che già nel 2015 era scesa di 31 posti rispetto al 2014 ed ora vede peggiorare la situazione. Si conferma così quel processo di “meridionalizzazione” della Capitale diventato visibile negli ultimi anni.

A livello di macro-regione, il Nord-est e l’Italia centrale sembrano reggere meglio i colpi della crisi, mentre l’ex triangolo industriale nel Nordovest e il Meridione sembrano risentirne più pesantemente. A pesare è ormai la scomparsa dei distretti industriali – per una fase cresciuti a macchia di leopardo anche nel Sud – per decenni indicatori di vitalità economica e sociale ma adesso assai spesso desertificati dalla deindustrializzazione.

A respirare meglio, secondo l’indagine, sono le piccole città di provincia. Nel 2016 sono aumentate da 53 a 56 su 110 le province in cui si registra un miglioramento e non un peggioramento. Spicca Mantova che ha scalzato il primo posto a Trento, la città simbolo della qualità della vita per anni.

A consuntivo, il dato che emerge è che il 53,9% della popolazione italiana vive in territori dove la qualità della vita è scarsa o insufficiente (contro il 56,6% dello scorso anno), si tratta di 32 milioni 732 mila residenti (erano 34 milioni 420 mila nel 2015), un dato che sembrerebbe in controtendenza. In realtà è un indicatore del peggioramento delle condizioni complessive di vita nelle aree urbane più densamente popolate, ma dove i tagli ai servizi sociali, la disoccupazione, i vincoli del pareggio di bilancio nei comuni cominciano a far sentire i loro nefasti effetti.

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