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22/10/2016

L'Isis attacca Kirkuk per non perdere l'Iraq

Dopo 24 ore di scontri e violenze, l’assalto dello Stato Islamico a Kirkuk è stato respinto da peshmerga e truppe irachene. Un attacco massivo, la risposta dell’Isis alla controffensiva su Mosul, con il chiaro obiettivo di distogliere forze dalla controffensiva in corso nella provincia di Ninawa. Ma soprattutto è un assalto che porta con sé i tratti dell’attuale e futura strategia islamista nel paese: a fronte della perdita di territori in Siria e Iraq, a fronte del fallimento delle ambizioni statuali e amministrative su cui il “califfato” ha fondato il suo nome, lo Stato Islamico può ancora contare sulla guerra, sulla macchina bellica che ha messo in piedi grazie alle generose donazioni dall’estero, la vendita sotto banco di greggio a paesi compiacenti, le tasse e i saccheggi delle banche irachene.
 
Di certo, come prevedono gli analisti, le casse dell’Isis non saranno più piene come oggi: la perdita della sola Mosul comporterà la perdita di 4 milioni di dollari al giorno in tasse, mentre di greggio ne vende sempre meno. E allora cambia la strategia militare e la Kirkuk di ieri ne è modello, come lo è Baghdad, target settimanale di attentati suicidi: gli islamisti si infiltrano nelle zone non occupate, le attaccano e uccidono. Con due obiettivi: indebolire il governo centrale mostrandolo incapace di garantire la sicurezza; allargare i settarismi interni, attaccando sciiti e kurdi e creando dunque sospetto verso la comunità sunnità. E l’Iraq è diviso.

La scelta stessa di Kirkuk ha un suo significato: è la città contesa da Erbil e Baghdad, da kurdi e arabi, che la rivendicano entrambi: è la città de-kurdizzata negli anni ’80 da Saddam e oggi de-arabizzata da Barzani. Ad oggi le sue immense ricchezze petrolifere sono in mano al governo regionale del Kurdistan che ne ha assunto il controllo dopo che l’esercito iracheno, nel 2014, si diede alla fuga all’arrivo dell’Isis.

L’attacco di ieri è cominciato alle 3 di notte, tra giovedì e venerdì, ed è terminato solo nella serata di venerdì: almeno 46 i morti, tra cui 10 dipendenti di un impianto elettrico e membri delle forze di sicurezza. L’Isis ha compiuto un attacco organizzato, fatto di kamikaze, camion-bomba e assalti con fucili automatici. Il governatore ha indetto il coprifuoco e ordinato ai cittadini di non uscire di casa. È riuscito per alcune ore a prendere il controllo di alcuni quartieri fino all’annuncio della polizia della città: tutti i terroristi sono morti.

Nel frattempo non cessava l’offensiva su Mosul: l’esercito iracheno sta cercando di riprendere la città di Hamdaniyah, a 20 km da Mosul, ormai quasi del tutto inabitata. Ma a preoccupare sono le notizie che arrivano da Mosul: dopo aver minato la città e averla circondata di cecchini e trincee incendiarie, ora l’Isis si starebbe preparando a difendersi rapendo civili per farne scudi umani. È la denuncia dell’Onu secondo la quale 550 famiglie, negli ultimi giorni, sono state portare da due villaggi fuori Mosul nel capoluogo di provincia per essere usati come scudi al futuro assalto delle truppe di Baghdad.

E’ invece la Cnn a riportare la notizia dell’esecuzione di 284 persone, uomini e ragazzi, uccisi poco fuori da Mosul. Secondo fonti dei servizi segreti iracheni, i loro corpi sono stati portati via con i bulldozer e messi in una fossa comune.

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