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28/10/2016

Il malaffare a Roma solo scalfito dall’inchiesta su Mafia Capitale

Mentre nell’aula bunker di Rebibbia si celebra in modo piuttosto discontinuo il processo per l’inchiesta su Mafia Capitale, su Roma e le casse comunali continuano a pesare i danni di operazioni abbondantemente finanziate e scarsamente controllate. Piano piano sta emergendo la truffa dei Piani di Zona, grazie alle denunce dell’Asia-Usb e ad alcuni servizi televisivi. Eppure solo in due settimane già due famiglie truffate sono state sfrattate con tanto di intervento della polizia. Sembra adesso che la procura intenda chiudere una decina di fascicoli sui Piani di Zona avendo a disposizione parecchio materiale. Ma come funziona la truffa sui Piani di Zona? E come mai per tanto tempo si è fatto fatica a farla emergere?

Il modello seguito è il seguente. Una società, molto spesso una cooperativa edile, ottiene il permesso a costruire alloggi popolari in aree concesse dal Comune (la ex legge 167) accettando due condizioni. La prima è che il prezzo di cessione dell’appartamento (o l’affitto) non deve superare i parametri di legge a tutela del vincolo «agevolato» degli immobili. La seconda, è che nel costruire le case, l’impresa o il consorzio deve realizzare anche tutti i servizi necessari a renderle vivibili: fogne, illuminazioni, strade. Grazie alla denuncia degli inquilini e alla sistematica battaglia condotta dall’Asia-Usb e dall’avvocato Perticare, si è scoperto invece che gli appartamenti siano stati venduti o affittati a prezzi maggiorati come stabilito da 40 sentenze del Tar. I contributi erogati sui singoli appartamenti da Stato e Regione andavano però scomputati dal prezzo di vendita o nella definizione dell’affitto. Al contrario, le agevolazioni per le società e le cooperative non venivano scomputati e quindi si è venduto o affittato a prezzi di mercato, mandando a farsi benedire il carattere “sociale” dell’edilizia nei Piani di Zona e riempiendo del tutto impropriamente le tasche di aziende e cooperative. Lo stesso Corriere della Sera ha scritto di “colpevole inerzia di chi doveva vigilare in tutti questi anni” e non lo ha fatto, né al Comune né alla Regione. Alla fine del mandato l’ex assessore Giovanni Caudo ha presentato due delibere sui prezzi di cessione dopo anni di silenzio di ben tre diverse amministrazioni (Veltroni, Alemanno, Marino). E solo un anno fa la Regione ha pubblicato i moduli per redigere i piani finanziari a consuntivo, cosa che le imprese avrebbero dovuto depositare almeno cinque anni prima. Si è scoperto però che nessuno li aveva mai chiesti. Angelo Fascetti, dell'Asia Usb, alla fine è riuscito ad ottenere un incontro con il neoassessore della giunta Raggi, l’urbanista Paolo Berdini, e ha posto senza giri di parole la questione anche alla nuova amministrazione: “Perché si lasciano in balia delle società e cooperative che hanno speculato famiglie che hanno pagato il proprio alloggio costruito su terreno del Comune di Roma, ricevendo soldi pubblici anche a fondo perduto, o che hanno avuto l’applicazione di canoni uguali a quelli di mercato, non conformi alla legge, per alloggi di edilizia sociale? Quali sono le azioni che l'Amministrazione intende prendere per fermare tutti gli sfratti nei piani di zona e avviare le giuste verifiche sulle modalità di gestione di questo importante piano di abitazioni pubblico?”.

L’Assessore Berdini ha deciso di mettere le mani su due dei più contrastati Piani di Zona, quello di Tor Vergata e quello di Castelverde e revocare le concessioni. “Il Comune porterà fino in fondo la revoca del diritto di concessione, in questo modo potremo fermare gli sfratti perché è illegittimo che famiglie oneste vengano sfrattate dai delinquenti e dagli imbroglioni”, fa sapere Berdini che pure è arrivato a questa conclusione, auspicata dall’Asia-Usb e dagli inquilini, dopo un durissimo scontro verbale con il legale dell’Asia, Perticaro, finita quasi verbalizzata su alcuni giornali.

Ma i Piani di Zona non sono l’unico buco nero su cui la magistratura dovrebbe e, volendo, potrebbe mettere le mani andando a colpire i bersagli grossi del malaffare a Roma. La dovuta attenzione meritano anche i Punti Verde Qualità, altro esempio di consociativismo d’affari tra centro-sinistra e centro-destra a Roma. Il Programma “Punti Verde Qualità”, venne avviato nel 1995 dall’amministrazione Rutelli. Sulla carta intendeva creare spazi sportivi e ricreativi anche nelle periferie, dando aree pubbliche in concessione per 33 anni ai privati, i quali, in cambio, si impegnavano a realizzare, in cambio delle attività a pagamento (piscine, campi sportivi etc.), giardinetti, spazi per i giochi attrezzati, panchine per i cittadini. In pratica erano l’anticipo di quei micidiali “accordi in compensazione” con cui la giunta Veltroni ha reso ricchi e felici i costruttori romani.

Ma in venti anni i Punti Verde Qualità sono diventati un buco nero da 550 milioni di euro (121 secondo altre fonti) che grava sulle casse pubbliche verso le banche, senza aver portato i benefici previsti per la collettività. La causa principale del buco è la scelta del Comune, rinnovatasi nel corso delle amministrazioni Veltroni e Alemanno, di farsi garante dei mutui erogati dalle banche ai privati, per cifre lievitate oltre misura, senza controlli, e per lo più non corrisposte. L’aspetto più sorprendente è che in tutti questi anni sono stati lanciati spesso allarmi, costituite commissioni di scopo, fatte denunce alla Procura e alla Corte dei Conti, ma contemporaneamente venivano approvati, in modo assolutamente bipartisan, ulteriori finanziamenti ed esposizioni, con la proposta ricorrente, per risolvere il problema, di un passaggio della proprietà o del diritto di superficie di beni pubblici ai privati.

Con la giunta Veltroni viene agevolato il finanziamento per la realizzazione dei Punti Verde Qualità. Il Comune si fa da garante presso la Banca di Credito Cooperativo ed il Credito Sportivo per il 95% delle somme da erogare agli imprenditori che realizzeranno le opere. I finanziamenti delle banche vengono stanziati sulla base di stati avanzamento lavori. Una mossa azzardata che attiva gli appetiti della criminalità ed imprenditori corrotti, che vedono in questo meccanismo un facile giro di fatturazioni false per ottenere i soldi e non effettuare i lavori. Il business non è tanto nella gestione delle aree verdi ma nella realizzazione. Con la Giunta Alemanno i Punti Verde Qualità diventano oggetto di battute che ne identificano le caratteristiche: “Prendi i soldi e scappa”. Viene addirittura intercettato il faccendiere nero Mokbel al telefono con il boss della malavita di Ostia, Carmine Fasciani, che ne decanta le possibilità di fare soldi a palate. Un altro “nero” che si arricchirà con i Punti Verde Qualità è l’ex capo della segreteria di Alemanno, Lucarelli. Poi passerà la mano, prima ai cugini e infine a Silvio Fanella, il commercialista di Mokbel freddato in casa sua da un commando di killer neofascisti in cerca del malloppo promesso.

Quello dei Punti Verde Qualità è un groviglio oscuro, che neppure l’Assessore alla Legalità Alfonso Sabella è riuscito a risolvere, tanto da arrivare a ipotizzare una “sanatoria in convalida delle copiose e notevoli illegittimità riscontrate nei numerosi procedimenti di gara svolti dal Comune di Roma per l’affidamento in concessione della costruzione e gestione di aree verdi attrezzate aperte al pubblico nel periodo 1996-2012”.

Ad agosto dello scorso anno, in una Conferenza Stampa, l'allora Assessore alla Legalità, Sabella, aveva dichiarato di augurarsi che le cifre dell'esposizione debitoria del Comune possano restare quelle dei 121 milioni di euro. “In quella cifra non abbiamo messo i concessionari che finora hanno pagato – aveva precisato l'Assessore alla Legalità – ma se smettessero di pagare il problema potrebbe diventare più rilevante di quanto non sia stato finora”. Venticinque milioni già pagati, 121 milioni di debiti residui, poi ci sono altre rate annuali da 10 milioni di euro da pagare alle banche.

Nelle settimane in cui al Comune di Roma si apre la discussione sul bilancio, diventa opportuno e necessario che si smantellino tutte le ipoteche e le falsità sull’astronomico debito comunale. Un debito che in realtà è stato alimentato attraverso soldi pubblici regalati ai privati e accordi suicidi con le banche. E’ per questo motivo che continuiamo a “sorprenderci” del fatto che Mafia Capitale abbia avuto tanto clamore per un malaffare di qualche decina di milioni di euro ma che il bersaglio grosso, la “ciccia” del malaffare, non sia stata ancora presa di petto con l’energia dovuta.

E’ vero, il “Mondo di sopra” è più potente, trasversale e influente degli scagnozzi del “Mondo di mezzo” come Buzzi e Carminati. Ma nessuno ci venga a raccontare che il buco del debito comunale sia un fattore estraneo dagli appetiti dei privati e dalla complicità della macchina amministrativa. Le responsabilità erariali dei politici, a confronto con questi, sono quasi come quelle di ragazzini che hanno rubato le caramelle. Fumo negli occhi dei semplici di cuore, come quello che Renzi getta in queste settimane in vista del referendum contro la Costituzione.

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