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30/09/2016

Shimon Peres non fu un “costruttore di pace”

I grandi del mondo stanno in queste ore omaggiando un loro storico pari grado. La fanfara della menzogna risuona da un lato all'altro del globo. Sulla figura di Shimon Peres ci sembra perciò necessario pubblicare il seguente impietoso ritratto scritto da Robert Fisk, uno dei più famosi inviati di guerra, pubblicato sul britannico The Indipendent.

Tradotto da Vercinge Torige, che naturalmente ringraziamo. Buona lettura.

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Shimon Peres non fu mediatore di pace. Non dimenticherò mai la vista dei corpi bruciati ed il sangue che grondava a Qana

Peres disse che il massacro si presentò come “un’ amara sorpresa”. Era una bugia: le Nazioni Unite avevano avvisato ripetutamente Israele che il campo era gremito di rifugiati.

di Robert Fisk

Mercoledì, 28 settembre 2016.

Quando al mondo è pervenuta la notizia della morte di Shimon Peres, tutti hanno esclamato: “Il mediatore di pace!” Ma quando io ho saputo che Peres era morto, ho pensato a sangue, fuoco e ad una carneficina; ad un massacro.

Io ne ho visto gli effetti: bambini fatti a pezzi, rifugiati che gridavano dal dolore, corpi bruciati... fumanti. Era una località di nome Qana e la maggioranza dei 106 corpi – la metà dei quali erano bambini – ora giacciono sotto le macerie del campo delle Nazioni Unite dove sono stati fatti a pezzi dalle granate Israeliane nel 1996. Ero in un convoglio di aiuti umanitari delle Nazioni Unite proprio a sud del villaggio Libanese. Quelle granate fischiavano proprio sopra le nostre teste, abbattendosi sui rifugiati stipati sotto di noi. Andò avanti così per 17 minuti.

Shimon Peres, candidato a Primo Ministro di Israele – posto ereditato quando il suo predecessore Yitzhak Rabin fu assassinato – decise di incrementare le sue credenziali militari, proprio il giorno prima delle elezioni assalendo il Libano. Il Premio Nobel per la pace usò come pretesto il lancio di razzi Katyusha oltre il confine libanese da parte di Hezbollah. Di fatto i razzi furono lanciati in risposta alla morte di un ragazzo libanese, causata da una bomba-trappola, che si sospettò essere stata lasciata da una pattuglia Israeliana. Ma tutto questo non era importante.

Pochi giorni dopo le truppe israeliane entrarono in Libano, nella zona di Qana, e per rappresaglia aprirono il fuoco nel vicino villaggio. Le prime granate colpirono un cimitero usato da Hezbollah; il resto fu riversato direttamente nel campo dell’Esercito Figiano delle Nazioni Unite, dove avevano trovato rifugio centinaia di civili. Peres rese noto: “non sapevamo che in quel campo erano concentrate centinaia di persone. E’ stata un’amara sorpresa.”

Era una bugia. Gli Israeliani avevano occupato Qana per anni, dopo la loro invasione nel 1982, avevano un video del campo, e durante il massacro del 1996 fecero volare addirittura un drone sopra il campo - un fatto questo che negarono, finché un soldato delle Nazioni Unite non mi diede un suo video del drone, i cui frames furono pubblicati dall’Independent. Le Nazioni Unite avevano ripetutamente avvertito Israele che il campo era pieno di rifugiati.

Questo fu il contributo di Peres alla pace in Libano. Perse le elezioni e, probabilmente, lui non penso più a Qana. Ma io non mai dimenticato.

Quando giunsi al campo delle Nazioni Unite, il sangue scorreva a fiumi attraverso i cancelli. Ne potevo sentire il puzzo. Bagnava le nostre scarpe e ci si appiccicava come fosse colla. C’erano gambe... c’erano braccia ovunque; e c’ erano bambini senza testa... e c’erano teste di anziani senza corpo. Il corpo di un uomo pendeva, in due pezzi, da un albero che stava bruciando. Quello che era rimasto di lui era in fiamme...

Sui gradini di una baracca sedeva una ragazza; stringeva una mano d’uomo coperta di peluria grigia, il braccio di lei a circondargli le spalle, dondolando il cadavere stretto nelle sue braccia avanti ed indietro. Gli occhi dell’uomo la fissavano. Si lamentava, gridando e piangendo, ancora ed ancora: “Mio padre, mio padre.” Se è ancora viva – perché negli anni seguenti doveva esserci un altro massacro a Qana questa volta da parte delle forze aeree israeliane – dubito, che la parola “mediatore di pace” sarebbe mai stata pronunciata dalle sue labbra.

Ci fu un’inchiesta delle Nazioni Unite che stabilì, anche se blandamente, che non era credibile, che una carneficina del genere potesse essere solo un “incidente”. Il rapporto delle Nazioni Unite fu accusato di anti-semitismo. Molto tempo dopo, una coraggiosa rivista isrealiana pubblicò un’intervista ad alcuni soldati dell’artiglieria che parteciparono all’incursione di Qana. Un ufficiale si riferì alla gente del villaggio come a “solo un pugno di Arabi” (“arabushim” in ebraico). “Ne morirono solo pochissimi di Arabushim... non c’è nulla di male in tutto questo,” citarono testualmente sulla rivista. Quasi allo stesso modo, il capo dello staff di Peres, senza alcuna preoccupazione, cinicamente, dichiarò: “Non conosco altre regole di gioco, né per l’esercito israeliano, né per i civili...”

Peres chiamò la sua invasione del Libano con il nome di “Operazione Furore”, che – se il nome non fu ispirato dal romanzo di John Steinbeck – deve per forza di cose provenire dal Libro del Deuteronomio. “La spada all’esterno ed il terrore all’interno,” recita nel capitolo 32, “distruggeranno sia il giovane che la vergine, il neonato e l’uomo dai capelli grigi.” Può esserci una descrizione migliore per quei 17 minuti a Qana?

Ricordando il conflitto Israele – Gaza

Si, naturalmente, Peres era cambiato negli ultimi anni. Fu rivendicato che anche Ariel Sharon – i cui soldati osservarono senza batter ciglio il massacro nei campi di Sabra e Chatila da parte dei loro alleati Cristiano Libanesi nel 1982 – fu un “costruttore di pace”, alla sua morte. Ma almeno non ricevette il Premio Nobel.

Peres negli ultimi tempi divenne il difensore della “soluzione dei due stati”, anche se le colonie Ebraiche in terra di Palestina – che egli una volta sosteneva con così tanto fervore – continuano ad aumentare. Ora dobbiamo chiamarlo “costruttore di pace”. E contare, se ne saremo capaci, quanto spesso la parola “pace” sarà usata nei suoi necrologi nei prossimi giorni. Quindi contare quante volte appare la parola Qana.

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