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28/09/2016

Legge di stabilità. Poche idee, ma “ammischiate”

Con l'ottimismo della fantasia non si va in genere molto lontano. E il Documento di economia e finanza (Def) uscito fuori ieri pomeriggio da un consiglio dei ministri appositamente convocato non fa eccezione alla regola.

Già i numero sono decisamente arbitrari, a partire da quel Pil “programmatico” del 2017 fissato all'1% quando tutti gli istituti internazionali e nazionali si fermano allo 0,6 (con forte tendenza alla revisione al ribasso, man mano che passano i mesi). Si capisce facilmente che una esagerazione nelle previsioni riguardo al Pil consente di fissare un deficit sui conti pubblici più basso e ampiamente nei margini dei parametri di Maastricht (la stessa cifra dà percentuali diverse se il Pil cala o sale).

Ma l'unica ragione che spinge questo ottimismo – e il giudizio moderatamente positivo di Confindustria – è la voce “investimenti”. Pubblici, ovviamente. Per l'anno prossimo, dopo anni di contrazione continua, il Def prevede una prima inversione di tendenza, pari al +2%. Non molto e, soprattutto, dagli effetti pratici molto differenti a seconda del tipo di investimenti che si prevede di fare. Certo che se l'idea di fondo è per follie infrastrutturali tipo il ponte sullo Stretto, possiamo pure dire che sarebbero nulli...

Il governo ha dovuto archiviare la voce Olimpiadi, per cui pure erano pronti alcuni miliardi (se la candidatura avesse prodotto anche l'assegnazione), quindi è alla ricerca di progetti sostitutivi. Ma tutti di tipo “infrastrutturale”, l'unico che risulta relativamente ammissibile agli occhi della Commissione Europea. Anche questo tipo di investimenti, però, hanno una limitazione forte secondo i criteri Ue, perché debbono essere sempre “co-finanziati” anche da imprese private. E qui il gioco si blocca, perché i costruttori privilegiati della “grandi opere” sono per un verso molto pochi e per un altro molto tirchi: aspettano sempre che sia lo Stato a metterci quasi l'intera posta – e a garantire la copertura dei costi finali, sempre molto più alti di quelli preventivati – e poi arrivano a posare il cip, come una foglia di fico che permette però di vantare diritti di prelazione sull'opera conclusa (quantomeno in “concessione”).

Anche un governo più serio – non è difficile, avendo davanti agli occhi questo – avrebbe problemi seri, visto il contesto globale: il commercio globale è in frenata, la “competitività” del sistema produttivo migliora ma non quanto stanno facendo i “concorrenti” (c'è una corsa mondiale alla distruzione del valore della forza lavoro e del welfare), ecc. Neanche il nuovo tracollo del prezzo del petrolio e il prolungamento decennale dei quantitative easing (da parte di Bce, Bank of Japan e Banca d'Inghilterra, con la Fed bloccata) riescono a far partire quel poco di inflazione ritenuta fondamentale per non inchiodare la dinamica produttiva globale.

Ma questo governo somma assoluta obbedienza alle indicazioni “austere” della Troika (taglio della spesa sociale e corrente, “riforme” favorevoli a imprese e governance autoritaria, ecc.) e dilettantismo orientato alla conquista del consenso a breve termine. Dunque insiste sull'unica strada – strettissima – che gli sembra percorribile: spuntare per l'ennesima volta margini di flessibilità da Bruxelles, in modo da poter mantenere la manovra entro i limiti dei 9-10 miliardi ed evitare così misure automatiche disastrose (e impopolari) come l'aumento di due punti dell'Iva. Gli argomenti usati – terremoto e migranti – sono però limitati rispetti ai margini di flessibilità richiesta; e soprattutto rispetto ai conti veri che bisognerebbe fare adottando una previsione più realistica sulla crescita del Pil.

Da Bruxelles, fin qui, sono arrivati segnali ambigui, con i commissari equamente divisi tra chi recita la parte del “poliziotto buono” e la maggior parte che anima il branco dei “cattivi”. L'unica arma in mano a Renzi è la stabilità del governo che presiede, enfatizzando i rischi derivanti dalla sua eventuale caduta.

Un po' poco, visto che la Spagna è di fatto senza governo da quasi un anno e il Belgio, tempo fa, ci ha messo quasi tre anni per trovare una “quadra”.

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