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25/07/2016

Il pacifismo elettorale di Nadezhda Savcenko

“Se non oggi, domani, Nadezhda Savcenko la uccideranno”, scriveva nei giorni scorsi Oleg Matveicev su Novorosinform: “lei continua a scioccare l’Ucraina con dichiarazioni che, in qualsiasi altro normale paese, susciterebbero simpatia e approvazione. Ma l’Ucraina odierna non è un paese normale; una parte della popolazione è stata portata allo stadio terminale della follia dalla propaganda idiota e dal totale lavaggio del cervello, un’altra parte è costretta al silenzio dal timore per la propria vita”.

Una delle ultime dichiarazioni dell’ex Jeanne d’Arc neonazista, è stata che, probabilmente, l’Ucraina dovrebbe chiedere scusa agli abitanti del Donbass; vero è che, appena due giorni fa, ha detto anche che “per la guerra nel Donbass devono chiedere scusa i politici che l’hanno scatenata, compreso il presidente Putin”. Ma, in fondo, scrive Matveicev, la Savcenko non ha detto nulla di originale, dato che Kiev sta bombardando il Donbass da due anni solo perché questo chiedeva due cose che in ogni altro paese sarebbero state “concesse senza che nemmeno venissero chieste: l’ufficializzazione della lingua russa, accanto a quella ucraina, e la possibilità di eleggere i propri governatori tra la popolazione locale. D’altra parte, Washington voleva proprio la guerra. Quando meno di 700 uomini arrivarono a occupare Mariupol, nel 2014, difesa da meno di 150 miliziani, questi si ritirarono pacificamente, nonostante sapessero dell’attacco da giorni e avessero avuto tempo di rinforzare la difesa; ciò vuol dire che, allora, non c’era in Donbass odio per l’Ucraina e nessuno voleva la guerra. Ma poi Kiev cominciò a bombardare i quartieri civili e cominciarono a contarsi vittime tra le donne e i bambini, allora tutti presero le armi e iniziò la guerra civile voluta da Washington. E ora compare una persona la quale proclama che, pur di por fine alla guerra civile, ci si dovrebbe scusare di fronte al Donbass”. Si rende conto Savcenko, scrive Matveicev, “che ciò significherebbe la fine dei guadagni di tutti coloro che, con la guerra, si stanno arricchendo: oligarchi, americani e persino i ras dei battaglioni neonazisti? Si rende conto di infrangere i piani non solo di Kiev, ma anche di Washington? In Ucraina fanno fuori per molto meno”.

Ma, davvero Nadezhda Savcenko si è “convertita sulla strada di Kiev”?

La Savcenko ha anche detto a Deutsche Welle di esser pronta a diventare presidente-dittatore “per cambiare la struttura del paese, adottare leggi che agiscano per la gente, per lottare contro la corruzione, restituire il potere al popolo”. Ma, in ogni caso, è per il suo appello a chiedere scusa al Donbass, per le sue parole di esser pronta a chiedere perdono alle madri del Donbass per la morte dei loro figli, che ora viene accusata di “legami coi terroristi”, come vengono definiti in Ucraina tutti gli abitanti del Donbass. “E’ possibile che dovremo farlo. Dobbiamo imparare a chiedere perdono, altrimenti non ci sarà pace” ha detto Savcenko.

Così che Anton Gerashenko, membro del collegio del Ministero degli interni, ha proclamato che “Putin ha introdotto un cavallo di Troia nelle teste degli ucraini” e l’ha additata come “agente di Zakharcenko”, specialmente dopo che quest’ultimo ha dichiarato che “l’attività di Savcenko a Kiev apre per noi nuove possibilità”. Naturalmente, da tempo l’ex correttrice di tiro del battaglione “Ajdar”, è considerata reclutata dai Servizi russi. Come ricorda Dmitrij Rodionov su Russkaja Vesna, quasi subito dopo la liberazione, Savcenko “ha iniziato a distinguersi per iniziative non comuni nell’Ucraina di oggi. Prima ha proposto colloqui diretti con DNR e LNR; poi ha parlato dell’amnistia alle milizie”. E nonostante che da tempo siano apparse petizioni perché le venga tolto il titolo di “eroe dell’Ucraina”, assegnatole da Poroshenko dopo la grazia concessale da Vladimir Putin, i sondaggi indicano che almeno un 45% di ucraini ha un atteggiamento positivo – il rating più alto tra tutti i politici ucraini – nei suoi confronti, contro un 34% negativo e che nel caso un “Partito Nadezhda Savcenko” si presentasse alle elezioni, raccoglierebbe non meno del 10% dei voti, a discapito di “Patria” di Julija Timoshenko (di cui Savcenko è deputata) e del blocco “Solidarietà” di Petro Poroshenko. Quanto bassa sia oggi la popolarità del presidente lo testimonia anche l’episodio occorso alla “first lady” nei giorni scorsi a L’vov – in una regione, tra l’altro, da sempre in testa per gli orientamenti neonazisti – quando è stata respinta a un raduno di vedove di guerra, cui si era presentata in abiti firmati, distribuendo soldi e confetti “Roshen” (quelli delle aziende del marito): persino Victoria-Fuck-the-UE-Nuland, allorché distribuiva caramelle in giro per Euromajdan, si era coperta con una giacca a vento.

Anche per questo, per la possibile concorrenza elettorale e per le “smanie pacifiste” che infonderebbe nella gente, nell’ambito presidenziale si fa di tutto per screditarla, soprattutto ora che, nonostante le pressioni USA, il partito della guerra sta avendo il sopravvento a Kiev. Ma, osservano alcuni analisti, se il presidente non farà nulla per andare nella direzione voluta, Washington potrebbe anticipare le prossime elezioni parlamentari e allora l’ipotetico “partito Savcenko” avrebbe forti chance; in quel caso, Savcenko dovrebbe puntare non solo sulla fine della guerra, ma anche su slogan antioligarchici e anticorruzione. Pur se, dice l’analista ucraino Dmitrij Skvortsov, non pochi politici le ritorceranno contro le parole da lei pronunciate a proposito del Donbass.

Dunque: sparate elettorali e nient’altro? Evgenij Tinjanskij, ex miliziano e ora deputato al parlamento della Novorossija, ha dichiarato a Pravda.ru che dietro le uscite della Savcenko bisogna ricordare che, nonostante tutto, “Kiev spera ancora in un ritorno del Donbass nel contesto statale ucraino; e questo significherebbe oltre 8 milioni di potenziali elettori”, che le varie formazioni cercano di accaparrarsi. Lo sanno bene Savcenko e chi sta dietro di lei.

Tra l’altro, di contro agli slogan recenti dell’aviatrice neonazista, ci sono anche quelli più in linea col suo ruolo di “ispiratrice ideologica del battaglione Ajdar”: sempre in questi giorni ha definito “pecoroni” i leader di DNR e LNR, aggiungendo che non ha senso dialogare con loro: “Per quanto riguarda i colloqui coi rappresentanti del territorio occupato dai russi, ovviamente, bisogna parlare con il pastore e non con le pecore. Ho cercato di raggiungere un dialogo diretto con la gente, perché penso che le persone possano comprendersi prima dei politici, per i quali la guerra è vantaggiosa. Dovevamo iniziare a parlare con la gente: questo avrebbe permesso di accelerare la fine della guerra”.

Dunque, più appropriata appare la reazione del leader della LNR, Igor Plotnitskij: “Giudico positivamente i recenti appelli di Nadezhda Savcenko a pace, perdono e dialogo. Tuttavia, con i soli discorsi non si raggiunge la pace. Lei è deputata del blocco di Julija Timoshenko: quanti altri deputati di quel blocco sostengono le sue iniziative? E come le valuta la stessa Timoshenko, coi suoi piani di cingere il Donbass col filo spinato e bombardarlo con l’atomica? Finché Savcenko rimane una pacifista-solitaria, nessun incontro tra lei e me cambierà qualcosa. E’ in grado Savcenko di creare un gruppo parlamentare “Per la pace e il dialogo nel Donbass”? Se sì, allora un nostro incontro può risultare opportuno e fruttuoso”.

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