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29/05/2016

Francia: governo non cede, sindacati annunciano escalation

Il bilancio dell’ottava giornata di mobilitazione nazionale, realizzata giovedì da quasi tutti i sindacati del paese e dalle organizzazioni studentesche, è di alcune centinaia di migliaia di persone in piazza in decine di città, oltre che di 77 manifestanti fermati (ormai il numero totale dei dimostranti che hanno subito le ‘attenzioni’ delle forze dell’ordine ha superato quota 1500 in tre mesi).

Mentre nei giorni scorsi i media internazionali accreditavano l’ipotesi di una spaccatura nel governo tra chi era pronto a rivedere alcune delle misure più contestate all’interno della Loi Travail e chi invece voleva procedere come uno schiacciasassi, ieri il premier socialista Valls ha ribadito che il testo non sarà modificato. Dal Giappone, dove si trova per il G7, anche il presidente François Hollande ha ribadito la sua volontà di “tener duro”, scatenando la reazione da parte del fronte di lotta che ha quindi rilanciato le mobilitazioni.

Ieri le otto sigle sindacali e studentesche protagoniste di tre mesi di braccio di ferro – insieme ad un movimento giovanile più informale e a spezzoni più radicali che denunciano la scarsa conflittualità e determinazione delle organizzazioni ufficiali dei lavoratori – hanno quindi lanciato un appello “a proseguire ed ampliare” la mobilitazione. “Siamo determinati. Promettiamo che se il governo non ritira il suo progetto, se i lavoratori non sono d’accordo, le mobilitazioni continueranno e si estenderanno” ha tuonato Philippe Martinez, leader della Cgt che il governo sta tentando di isolare e criminalizzare di fronte agli spezzoni più moderati di una opinione pubblica che comunque rimane in gran parte contraria al Jobs Act in versione francese.

Nelle ultime settimane il movimento di protesta contro la legge che precarizza e flessibilizza i rapporti di lavoro, rendendo più facili i licenziamenti e concedendo priorità ai contratti aziendali a scapito di quelli nazionali di categoria, si è inasprito e radicalizzato: agli scioperi e alle manifestazioni si sono aggiunti i blocchi e i picchetti ai porti, agli aeroporti, alle raffinerie e ai depositi di carburante. “Valls dimettiti” e “No alla legge sul lavoro” scandivano anche ieri centinaia di manifestanti a pugno alzato, che bloccavano il deposito petrolifero di Donges, il secondo del Paese, prima che le forze dell’ordine li costringessero a evacuare. Ieri una quindicina di depositi di carburante sono stati sbloccati senza grossi incidenti dalla polizia in assetto antisommossa. Ne resta solo uno in sciopero, quello di Gargenville (Yvelines) nella regione parigina. Ma sei delle otto raffinerie del paese continuano ad operano a regime ridotto o sono ferme del tutto a causa del fermo proclamato nello strategico settore da parte della Cgt e di altre sigle sindacali, con il risultato che circa il 20% delle pompe di benzina sono ancora a secco mentre l’Ente dell’aviazione civile di Parigi ha invitato per precauzione tutti gli operatori delle linee aeree a fare il pieno di carburante all’estero. In due delle quattro raffinerie Total interessate dal blocco, a Feyzin e Grandpuits, i lavoratori hanno votato per estendere lo sciopero rispettivamente fino al 30 maggio e al 3 giugno.

Le mobilitazioni continuano anche in altri settori. Ieri circa 4000 lavoratori hanno protestato contro la legge El Khomri davanti allo scalo aeroportuale di Marsiglia, che però non è stato bloccato, al contrario di quanto è avvenuto col porto de La Rochelle e con la strada di accesso all’aeroporto di Nantes, mentre continua lo sciopero al terminal petrolifero del porto di Le Havre e da giovedì la produzione di energia elettrica in 10 centrali nucleari sulle 19 esistenti nel paese è diminuita sensibilmente.

La prossima settimana è stato già indetto uno sciopero dei trasporti pubblici che coinvolgerà la rete ferroviaria nazionale della Sncf, la metropolitana di Parigi e il trasporto aereo.

Con un comunicato, i sindacati in lotta annunciano «forti convergenze delle lotte intercategoriali nei prossimi giorni», in vista della «giornata nazionale» di mobilitazione e della grande manifestazione convocata a Parigi il 14 giugno, giorno previsto per l’inizio della discussione della Loi Travail al Senato. Una manifestazione che dovrebbe essere seguita da un’altra forte giornata di lotta qualche giorno più tardi. Ma neanche Philippe Martinez, che pure parla di ‘generalizzazione dello sciopero’, ha finora citato la possibilità di quello sciopero generale nazionale invocato a gran voce sia da Nuit Debout sia da molti spezzoni del mondo del lavoro che spingono per una lotta più determinata e incisiva. Anche il boicottaggio degli Europei di calcio il cui inizio è previsto il 10 giugno prossimo, che finora sembrava una carta in mano ai sindacati per costringere l’esecutivo alla resa, è stato smentito da Martinez, secondo il quale l’appuntamento sportivo internazionale non è tra gli obiettivi della mobilitazione.

Mobilitazione che comunque rimane la più importante nel paese degli ultimi 35 anni, e la prima così generalizzata e forte contro un governo di centrosinistra. Dall’elezione del socialista François Mitterrand alla presidenza della Repubblica nel 1981, i presidenti e i governi socialisti francesi hanno dovuto affrontare numerose proteste su questioni sociali (come contro la scuola privata nel 1984) o scioperi in alcuni settori, ma mai una mobilitazione sindacale generale di protesta della portata di quella attuale. Finora, le principali mobilitazioni sindacali erano state dirette contro i progetti di controriforma promossi dai governi della destra, con Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy all’Eliseo. I più importanti movimenti di protesta sono stati quello sviluppatosi contro la tentata riforma del sistema di previdenza sociale, con Alain Juppé primo ministro (1995-97), che aveva toccato anche le pensioni dei lavoratori del pubblico impiego, categoria già colpita dal blocco dei salari. Anche il primo ministro Jean-Pierre Raffarin (2002-2005) e il suo ministro del Lavoro Francois Fillon, che intendevano tagliare le pensioni, dovettero affrontare piazze gremite di manifestanti e numerosi scioperi. Le proteste degli studenti, sia liceali sia universitari, hanno fatto saltare i piani governativi più volte, come all’epoca del salario minimo di ingresso (Cip) o del contratto di primo impiego (Cpe).

Intanto sui media francesi rimbalza l’inquietante immagine di un poliziotto in borghese che punta la pistola contro i manifestanti che lo avevano riconosciuto e cacciato – insieme ad un collega con il volto coperto da un casco integrale – dal corteo che ha sfilato nel centro di Parigi. Il prefetto della capitale ha ammesso ma anche giustificato il comportamento dell’agente infiltrato, affermando che è stato costretto a difendersi da vari giovani che mettevano a rischio la sua incolumità aggredendolo con bastoni, sbarre di ferro e bottiglie. Ma i testimoni parlano di qualche spintone e di urla da parte dei lavoratori che hanno scoperto il provocatore, niente più.

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