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22/04/2016

Ma che c’entra la Resistenza con i due marò?

Lo ammettiamo subito: quando abbiamo letto la notizia abbiamo pensato che fosse un’altra genialata di Lercio, l’ottimo giornale satirico on line che spezza spesso la noia delle nostra giornate da redattori. Un tempo avremmo pensato a Il male, ad esempio quando titolò sull’arresto di Ugo Tognazzi come capo delle Brigate Rosse, facendo fare una figura di merda – non casualmente – a giornalacci piccisti come il Paese Sera.

E invece no. Avevamo davanti il Corriere della Sera, che al Quirinale ha un inviato in servizio permanente effettivo per cogliere qualche respiro di Sergio Mattarella che ne certifichi la permanenza in vita.
In occasione dell’inizio delle celebrazioni per il 25 aprile, Festa della Liberazione, il presidente della Repubblica ha espresso «vicinanza a Salvatore Girone e a Massimiliano La Torre» confermando l’impegno dell’Italia e suo personale «per risolvere una vertenza che si trascina da troppo tempo». Per Sergio Mattarella, la cerimonia al Quirinale con i rappresentanti della associazioni combattentistiche accompagnati dal ministro della Difesa, Roberta Pinotti, è stata l’occasione per tornare a parlare della vicenda dei due fanti di Marina imbarcati come scorta sulla petroliera Enrica Lexie e poi messi sotto processo in India per l’uccisione a largo delle coste del Kerala di due pescatori indiani il 15 febbraio 2012. Ai due militari (Latorre è in Italia a curarsi) il capo dello Stato ha voluto dedicare l’ultimo saluto nel suo discorso pronunciato questa mattina al Quirinale: «Voglio esprimere la vicinanza mia e di tutto il Paese a Salvatore Girone e a Massimiliano Latorre confermando l’impegno per una soluzione favorevole che si trascina da troppo tempo».
Normale e anche doveroso che le massime autorità dello Stato si preoccupino della sorte di due soldati professionisti incredibilmente subaffittati come scorta a una petroliera privata (il geniale ministro della Difesa d’allora si chiamava Ignazio La Russa, il che è già una spiegazione sufficiente), ma perché legare nello stesso discorso di circostanza sull’anniversario della Liberazione, che tanta repulsione suscita nella classe politica attuale, un episodio da basso impero e il momento più elevato della storia italiana degli ultimi 150 anni?

Che c’entra, insomma, la Resistenza armata della parte migliore di questo paese contro i nazisti e i loro alleati locali (quei fascisti che ancor oggi pretendono di esser considerati alla pari dei partigiani, se non addirittura meglio) con una vicenda ridicola dal punto di vista di uno stato di diritto, ma drammatica per due innocenti pescatori indiani?

Perché, insomma accostare un duplice omicidio compiuto per un errore indegno di “professionisti” delle armi a «quei valori [di cui] dobbiamo essere fieri per l’abnegazione e la generosità oggi salviamo migliaia di esseri umani che fuggono da guerre, miseria e condizioni disumane sottoponendo se stessi e i loro figli a rischi e pericoli gravissimi pur di mantenere accesa una piccola speranza per un futuro migliore»?

Che c’entra, infine, la scarcerazione di due assassini (per errore, certo, ma andatelo a spiegare agli indiani...) con la Liberazione di un paese?

Mattarella è stato membro della Corte Costituzionale, addirittura di quella Consulta che giudicato incostituzionale la legge elettorale chiamata “porcellum” e sulla cui base è stato nominato (eletto sarebbe troppo...) il Parlamento attuale. Dovrebbe dunque conoscere meglio di tutti la distanza siderale tra due ordini di discorso così diversi.

Ma se la conosce, come indubbiamente la conosce, non resta che pensare che lo ha fatto apposta. E questo dà la misura dell’abisso in cui l’attuale classe dirigente – non solo quella politica – sta precipitando un paese intero.

In effetti non si trattava di Lercio – anche se l’aggettivo, per un abisso del genere, sarebbe appropriato – perché non c’è proprio niente da ridere...

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