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21/04/2016

Il governo decreta: le banche possono espropriarti la casa

Alla fine l’hanno fatto davvero. Visto che nessuno protesta, nonostante la casa di proprietà sia il principale obiettivo economico e patrimoniale di ogni famiglia italiana, non si sono fermati e hanno realizzato un’altra “riforma” epocale: l’esproprio della casa al proprietario in ritardo con il pagamento del mutuo.

L’unica correzione, rispetto al primo testo presentato, riguarda il numero delle mensilità arretrate che fanno scattare l’espropriazione: 18, invece delle 6 della prima stesura e della legge attuale.

Si potrebbe pensare che si tratta di un allungamento dei tempi, che dunque favorisce il mutuatario in difficoltà (quasi sempre un lavoratore dipendente licenziato o in cassa integrazione per crisi aziendale, oppure coniugi che si sono separati); ma non è così. La legge attuale, infatti, concede alla banca la possibilità di chiedere la messa all’asta della casa, rivolgendosi ad un giudice. Il quale istruisce il procedimento, ascolta entrambe le parti (la banca e il mutuatario), e alla fine decide. Nel frattempo, com’è ovvio, passa parecchio tempo e spesso accade che durante questo tempo il mutuatario trovi il denaro per pagare le rate arretrate, rimettersi in riga e restare dunque proprietario di casa sua.

Con la nuova legge, approvata ieri in via definitiva, dopo 18 mesi di mancati pagamenti, anche non continuativi, la banca mette all’asta l’immobile di propria iniziativa. Senza ascoltare nessuno e senza essere “mediata” da un giudizio.

Naturalmente questa legge varrà per i mutui che verranno stipulati da oggi in poi, visto che nessuna legge può essere applicata retroattivamente.

Le uniche misure “a tutela” del disgraziato mutuatario sono relativamente poco importanti, ma molto pubblicizzare – non a caso – dal governo. Si tratta della possibilità di estinguere il mutuo senza pagare alcuna penale (ad oggi, la maggior parte dei contratti prevede ancora il pagamento dell’1% della somma residua), dell’estinzione del debito con la vendita all’asta anche se la somma ricavata dovesse essere inferiore al residuo (ipotesi plausibile in un mercato immobiliare con prezzi calanti sul lunghissimo periodo) e infine l’assegnazione all’ex proprietario della eventuale differenza positiva tra debito residuo e prezzo all’asta.

Un altro deciso passo avanti verso l’impoverimento dell’ex “ceto medio”, in realtà del lavoro dipendente di ogni ordine, grado e contratto.

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