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21/03/2016

Yemen - Il cessate il fuoco si avvicina

Sembra essere vicino un cessate il fuoco tra ribelli sciiti houthi e il governo yemenita riconosciuto internazionalmente. Secondo fonti della sicurezza locali, ieri le due parti, alla presenza dell’inviato dell’Onu nello Yemen Ould Shaykh Ahmed, avrebbero concordato di iniziare una tregua di una o due settimane prima della ripresa dei negoziati di pace di aprile. Gli ufficiali yemeniti, che hanno parlato in condizione di anonimato perché non autorizzati a diffondere notizie, hanno riferito che l’intesa prevede il ritiro degli houthi dai territori che hanno occupato (tra cui anche la capitale Sana’a) e la consegna delle loro armi. La fine dei combattimenti, sostengono le fonti, sarà considerato un “gesto di buona volontà” per terminare la guerra.

Finora i tentativi di implementare un cessate il fuoco sono sempre falliti con le due parti che si sono accusate a vicenda per aver violato i termini delle intese. Così come fallimentare si è rivelato il primo round di negoziati di pace iniziato in Svizzera lo scorso dicembre. L’intesa raggiunta ieri verrebbe a distanza di pochi giorni dal massacro di Mastaba dove oltre 100 persone (numero mai confermato ufficialmente) sono state uccise in un raid saudita su un mercato.

E’ ancora troppo presto per dire se l’eventuale tregua reggerà. Poche, infatti, restano le pressioni internazionali sulla coalizione sunnita a guida saudita per terminare la sua operazione militare nel Paese. Una guerra, preme ricordarlo, che non ha mai ricevuto l’ufficiale avallo dell’Onu e della Lega Araba: entrambe le istituzioni si sono infatti limitate a “benedire” a parole la missione in un chiaro esempio di guerra per procura contro l’Iran. Ma ad un anno dalle prime bombe, sganciate dai jet dei paesi del Golfo, dell’Egitto, del Sudan, una parte della comunità internazionale comincia a muovere delle critiche, sulla spinta di movimenti di base e organizzazioni che accusano l’Occidente di complicità: le armi utilizzate nell’attacco contro lo Yemen sono tutte vendute dai governi alleati europei e dagli Stati Uniti. Tra queste anche le famigerate bombe a grappolo, vietate dal diritto internazionale.

Un passo lo ha compiuto nelle scorse settimane il Parlamento Europeo che ha votato a maggioranza la storica (seppur non vincolante) richiesta alle istituzioni di Bruxelles di imporre un embargo militare contro l’Arabia Saudita. La scorsa settimana il parlamento olandese ha fatto lo stesso: appello al governo perché non venda più armi a Riyadh, “colpevole di violare il diritto internazionale in Yemen”.

Intanto, secondo l’Agenzia ebraica, una missione segreta israeliana compiuta stanotte in Yemen avrebbe portato in Israele 19 ebrei, 14 provenienti dalla città di Raydah e una famiglia di 4 persone dalla capitale Sana’a. Il canale 2 israeliano ha riferito che a partecipare all’operazione sarebbe stato anche il Dipartimento di stato americano che avrebbe aiutato a coordinare il trasferimento delle 19 persone. Fino al 1949 la comunità ebraica yemenita contava 40.000 membri. Quell’anno, però, una missione denominata “Tappeto volante” portò nell’appena nato stato ebraico migliaia di ebrei yemeniti. Secondo quanto riferisce l’Agenzia ebraica, resterebbero in Yemen solo una 50ina di ebrei. Di questi, una quarantina risiederebbe nella capitale Sanan’a vicino all’ambasciata statunitense e avrebbe scelto di non compiere l’aliyah, l’emigrazione in Israele.

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