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30/03/2016

Francia, è di nuovo attacco al mondo del lavoro a 10 anni dal Cpe: intervista a una ricercatrice

Sembra un revival. 10 anni fa esatti, la Francia si rovesciava nelle piazze contro il tentativo di riforma del lavoro giovanile espressa dal C.P.E (una proposta di legge che semplificando, permetteva di licenziare senza giustificazione nei primi due anni di impiego, i lavoratori assunti con meno di 26 anni), fortemente voluto dall'allora ministro Villepin, ma poi ritirato da Chirac dopo mesi di mobilitazioni concluse con la straordinaria manifestazione di oltre 3 milioni di persone proprio il 28 marzo 2006. Oggi è il governo del socialista Manuel Valls a ritentare una pesante riforma del lavoro con la Loi travail, già ribattezzata "Jobs Act alla francese", ma come allora la risposta non si è fatta attendere. Sono centinaia i licei bloccati e le università in agitazione e puntuali fiumi di persone scorrono per le vie del paese nel tentativo di rigettare quello che è stato percepito come uno sdoganamento della flessibilità e della precarietà. Per avere un quadro più chiaro delle proteste che ci sono state e della grande manifestazione che si terrà il 31 marzo, abbiamo contattato L., ricercatrice universitaria e oggi, come dieci anni fa, parte attiva della mobilitazione.

1) Puoi fare una breve sintesi di questa legge e degli effetti più criticati dai suoi oppositori?

Questa legge propone in pratica di distruggere il diritto del lavoro e le conquiste sociali ottenute grazie a decenni di lotte.

Le proposte principali sono di definire le indennità di licenziamento (così da poter essere “budgettate" nel caso di piani sociali), di permettere di aumentare le ore lavorative senza un accordo collettivo, di modificare le condizioni di lavoro senza un accordo maggioritario dei sindacati (basta ottenere la firma del 30% dei rappresentanti, anche contro l'opinione della maggioranza degli altri), di permettere alle imprese di decidere di un piano sociale senza dover giustificare di difficoltà economiche, di rendere legale il licenziamento di un lavoratore che rifiuta delle modifiche del suo contratto di lavoro, etc etc. Per il dettaglio: qui oppure qui.

2) Quali analogie ci sono tra queste proteste e quelle del 2006 contro il CPE?

Parecchi partecipanti sono "vecchi" del CPE e molti tra i più giovani ne parlano come di un esempio. La differenza principale è che il discorso e le rivendicazioni si sono subito allargate (stato di emergenza, migranti, islamofobia, "déchéance de nationalité"). Poi non si tratta di un contratto ma di un disegno di legge molto più ampio che riguarda il diritto del lavoro in generale. Ma come all'epoca del CPE, le mobilitazioni liceali e studentesche sono massive e probabilmente decisive.

3) Come è organizzata la protesta? Chi vi partecipa? Ci sono delle organizzazioni di riferimento? Quali sono le prospettive?

Come notato prima, licei e università sono in prima linea. Poi le organizzazioni sindacali dei lavoratori seguono a malo modo (bisogna ricordare che in Francia il tasso di tesseramento non supera il 6%). Si nota un'attenzione elevata al controllo se non esclusione delle organizzazioni sindacali, in particolare universitarie. L'UNEF,  il sindacato maggioritario molto legato al PS è regolarmente escluso dai dibattiti e i modi di selezione dei rappresentanti (per il coordinamento nazionale delle università per esempio o anche solo le tribune delle assemblee) sono pensate in modo da non permettere una presa di controllo decisionale dai militanti tesserati. Nelle assemblee più organizzate come a Parigi 8, si nota inoltre un'attenzione alla parità, alla rappresentazione degli studenti "racisés" o non-bianchi (anche se finora poco efficiente) e all'esclusione dei discorsi o parole sessiste o omofobiche. Queste preoccupazioni erano quasi assenti dalle assemblee durante il CPE. In questo si può dire che c'è una grande maturità nei dibattiti.

Si parla molto di convergenza delle lotte anche se le applicazioni pratiche sembrano difficili da attuare. Intanto qualche comitato è uscito dalle assemblee recandosi ad incontrare i lavoratori delle ferrovie, per esempio, e un'assemblea "interlotte" si è tenuta a Parigi 8 ieri sera. Si sono anche visti dei collettivi di sostegno ai migranti che lottano da mesi contro la caccia ai migranti che si perpetua per tutta Parigi in certe assemblee (a Parigi 8 in particolare). Le prospettive sono molte ma il 31 marzo (giornata di sciopero e azioni nazionali) darà un'idea del proseguimento.

4) Ai tempi del CPE si diceva che i francesi invidiavano all'Italia l'esistenza e l'attivismo degli spazi sociali, mentre gli italiani guardavano con ammirazione alla determinazione delle proteste sindacali francesi. Il quadro è ancora questo? Son nate esperienze dal basso in Francia? La forza della piazza nel contrastare le riforme del governo è sempre tale?

Sì, mi sembra che la situazione è ancora abbastanza questa. Le mobilitazioni di piazza sono massive (in questo caso si vedono 100.000 persone in piazza ogni settimana, solo a Parigi), il movimento è principalmente studentesco (anche se i licei non sono da dimenticare, moltissimi sono stati bloccati o occupati da un paio di settimane) e i sindacati di lavoratori hanno un peso importante malgrado il tasso ridicolo di tesseramenti. Le "esperienze dal basso" nuove che si possono notare riguardano in particolare dei collettivi di denuncia delle violenze poliziesche e del razzismo di stato. C'è stata qualche mese fa una "marcia della dignità" con delle organizzazioni finora poco visibili tipo afro-femministe, collettivi contro l'islamofobia, collettivi di quartieri popolari etc. che ha incontrato un successo notevole. Rivendicazioni che si possono paragonare, anche se lontanamente, a quelle portate da movimenti come "black lives matter" stanno quindi emergendo ma per ora non c'è nessuna convergenza di queste lotte con quella che si sta giocando oggi, con il rischio che si attui una divisione simile a quella sperimentata durante il CPE tra studenti e giovani dei quartieri...
 
Redazione 29 marzo 2016

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