Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

24/02/2016

Storiografia per anniversari e futilità

Poche cose hanno fatto danni come la cattiva digestione della scuola degli Annales in Italia: la ricerca di nuove fonti per una storia della civiltà materiale è presto degenerata in un culto della minutaglia ultralocalistica di nessuna utilità sul  piano della comprensione storica.

Il guaio peggiore lo hanno combinato i contemporaneisti con la loro abituale mancanza di rigore metodologico, che spinge ad affastellare studi al di fuori  di qualsiasi progetto di largo respiro: storia del liceo classico di Molfetta, i mugnai brianzoli ed il primo movimento cattolico, il cineforum nel Guf di Ancona dal '36 al '38, i giornali scolastici piacentini prima del sessantotto, femminismo e gastronomia eccetera. Secondo voi, cosa può venire fuori da questo minestrone?

E, infatti, da ormai un buon trentennio non esistono più scuole d’ indirizzo storiografico, salvo che non si intenda per esse alcune cordate concorsuali. L’unico pallido riflesso di quelle che furono le scuole di indirizzo marxista, cattolico o liberale (per la verità, già abbastanza deboli e troppo legate ai partiti di riferimento) sono alcuni saggi destinati a risolvere quesiti del tipi: “Craxi fu un ladro o uno statista?” “Sino a che punto il Pci dipendeva da Mosca?”, “la Dc era più o meno corretta dei socialisti?” “Aveva ragione Craxi o Berlinguer?” e via di questo passo, sempre, alla ricerca della riabilitazione di questo o quel protagonista della Prima Repubblica e proprio nume tutelare, senza nessun respiro internazionale.

Ad esempio non c’è l’ombra di un dibattito sull’impatto della globalizzazione e sul tipo di storia che essa richiede.

A questo desolante panorama, poi si aggiungono giornalisti, librettisti ed operatori vari dell’industria culturale alla ricerca del folklore. Pensate al centenario dell’entrata dell’Italia nella I guerra mondiale: canzoni, piatti tipici, raccolte di medaglie e diplomi, lettere alla moglie, profilassi igienica, gergo militare e così via. Intendiamoci: sono sempre stato un fautore di una storiografia non esclusivamente politica e mi va benissimo anche l’uso di fonti cosiddette “minori” o “eterodosse”. Se devi fare uno studio sul morale delle truppe al fronte, le lettere alla moglie, censura permettendo, possono essere una spia importante, a condizione di averne una raccolta adeguata, così come i canti di caserma possono dire molto in una ricerca sulla formazione dell’immaginario fascista, ed anche l’esame del rancio può dire delle condizioni fisiche delle truppe, ed anche la storia del costume ha la sua importanza.

Però, questo presuppone, prima di tutto la formazione di un piano di ricerca di ampio respiro, poi una ricerca di fonti differenziate, la raccolta di una base documentaria adeguata ed una impostazione metodologica rigorosa per il trattamento. Una raccolta a casaccio di lettere alla famiglia provenienti per il 70% dallo stesso reggimento e poi un po’ di testi sparsi qua e là serve a poco o niente. Così come l’analisi del fascismo a Monterotondo, in sé non ci dice nulla che ci illumini sul fascismo.  “Ma il Guf di Ancora era eterodosso rispetto alle indicazioni del partito”. Va bene: e chi se ne frega! Dopo che ne abbiamo ricostruito la programmazione cinematografica, cosa ci cambia?

C’è un fraintendimento colossale della lezione degli Annales che invita allo studio delle microstorie ed all’uso di fonti frammentarie: intuizione geniale per un medievista che deve misurarsi con una grande penuria di fonti scritte e, talvolta, anche di epigrafie. Ma l’epoca presente, normalmente,  presenta una sovrabbondanza delle fonti (salvo quelle segretate), per cui, in linea di massima, il problema è quello di selezionarle, organizzarle e procedere per carotaggi ponderati. Dopo di che, può benissimo esserci la necessità di integrare le fonti disponibili con altre di natura più insolita ed in qualche modo “minore”, nulla di male in ciò, ma la storia non può essere ridotta alla bottega di un rigattiere.

Il fatto è che per anni la storiografia (e non parlo solo dell’Italia) è andata avanti senza nessun grande progetto, ma solo con l’ordinaria  routine concorsuale. Un esercizio di avvilente servilismo.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento