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26/02/2016

L'Italia pronta alla guerra? Vorrei ma non posso. In ogni caso il Parlamento sarà scavalcato

Visto l'inasprirsi dello scenario libico ci si chiede se l'Italia sia pronta ad affrontare una guerra di Libia. Sì e no, andiamo per argomenti.

FINANZIARIO. La Francia tiene alla fonda le portaerei perché non ha i soldi. L'Italia quindi invade la Libia? Non scherziamo. Si è passati, infatti, dall'opzione della coalizione dei volenterosi, di bushiana memoria, a quella degli indebitati. Quando gli alleati fecero i bombardamenti del 2011 ridussero i programmi perché mancavano i fondi. Non sono guerre come negli anni '80, con gli stati che combattono stampando le banconote che servono per pagare le armi. La guerra oggi è low cost e oltretutto la guerra sul campo è meno decisiva per le sorti di un conflitto. Anche la guerra in Iraq è partita per essere low cost, 150 mila soldati per 24 milioni di abitanti quando per occupare il paese ce ne volevano un paio di milioni. Quindi francesi e americani sembrano (sottolineiamo sembrano) essere partiti per la loro guerra low cost, che affiderà in outsourcing alle forze o bande locali il prima possibile un sacco di funzioni (con conseguenze immaginabili).

Guarda caso gli americani tagliano proprio sulle truppe di terra e c'è chi (National Interest) se ne lamenta.

Per Renzi e l'Italia, invece, il low cost è già troppo. Segnaliamo due articoli. Uno di sussidiario.it che cita un giornalista del Giornale che, da destra, fa capire un po' di cose, così come quello de Il Sole 24 ore.

La guerra imperialista tornerà allo stato ruspante (guerra come motore dell'economia e acquisizione di terra di conquista) quando ci saranno particolari condizioni che al momento non ci sono:

a) l'azionariato delle industrie belliche genererà una bolla tipo dot com o immobiliare;

b) l'industria militare sarà esclusa dai patti di stabilità o finanziata direttamente dalle banche centrali.

Non necessariamente le due cose sono in alternativa. Finché è così, anche in presenza di rialzo titoli militari (come gennaio), la guerra dovrà sempre fare i conti col generale budget. E con le borse, rispetto agli obiettivi da colpire. Poi siccome l'escalation sul campo è indipendente dall'andamento dei "future" e dei mercati finanziari se il caos scoppia su larga scala, la forza dell'occidente si misura con questo ragionamento finanziario.

LA GUERRA SUL CAMPO. Riportiamo la valutazione di un centro studi vicino al ministero della difesa sul ruolo dell'Italia nell'eventuale occupazione libica:
"Dunque, al contingente italiano toccherebbe una gatta da pelare come Tripoli, 1,1 milioni di abitanti" e, scrive il Cesi, "in uno stato di anarchia in preda agli appetiti di diverse milizie armate in lotta tra loro". Inoltre, i militari dovrebbero probabilmente proteggere anche infrastrutture strategiche tra cui l’impianto di gas di Mellitah, a 100 chilometri a Ovest della capitale. A questo si aggiungerebbe lo scontato ruolo di addestramento delle forze di polizia e delle nuove forze armate libiche. Inoltre, il contingente italiano dovrà garantirsi un porto e un aeroporto per i rifornimenti. Durante la rivoluzione del 2011 gli arsenali vennero saccheggiati e oggi tutti hanno ogni tipo di arma. Dunque, gli italiani potrebbero essere obiettivi di «cecchini, autobombe, attentatori suicidi, Ied (ordigni esplosivi improvvisati) e sommosse popolari»"
Non a caso troviamo poi le dichiarazioni del ministro della difesa: "Pinotti: Impensabile intervento militare in Libia".

Renzi si vuole imbucare nella guerra come magari faceva da ragazzo alle feste. Senza sporcarsi per poi recuperare qualche bottiglia (leggi protezione Eni) da portare a casa. Ma non di più. Chi la gestirebbe invece Tripoli? Certo è che se poi se gli americani costringono Renzi a imbarcarsi nella missione e pretendono anche un minimo budget di spesa allora cambia tutto. Vedremo.

Chissà se si può credere alla balla che i droni compiano "missioni di pace". Per ora cercano di farla bere con questa scusa.

LE REAZIONI ISTITUZIONALI. A livello di politica interna e meccanismi decisionali Renzi sta facendo valere una leggina votata a novembre per eventualmente entrare in guerra aggirando il voto parlamentare. A quello ci si penserà nel caso le cose andassero per il peggio.

Quindi se la situazione precipita si va verso un inizio extraparlamentare della guerra con le forze speciali.

I 3000 soldati schierati richiesti all'Italia, invece, sono un'altra questione. Il governo non ha né voglia né soldi per permetterselo. Però se gli americani fanno "moral suasion" tutto può accadere.

Ma l'atto di guerra, se il governo interviene, Renzi lo farà con le truppe speciali senza passare dal parlamento, frutto di della legge che dicevamo prima. Come si vede c'è voglia di menare le mani ma anche timore. Alle prossime puntate.

Redazione, 26 febbraio 2016

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