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26/12/2015

L'asse Turchia - Qatar e la guerra in Medio Oriente

Procuratevi tutti una copia di oggi (ieri, Ndr) del Sole24ore. L’articolo di Claudio Gatti finalmente dice QUALCOSA sulla guerra in Medio Oriente.


Questo articolo, uscito sul giornale dei padroni con annesso una piccola appendice sulle cosiddette “reminiscenze” neo-ottomane di Erdogan sono un segnale. Solo la stampa italiana parla del presidente turco in questi termini.

Significa che il capitale italiano, forse più di quello turco, ha interesse a rievocare vecchi conflitti di potere nella regione. 

L’Italia ha perso molto con la “scesa in campo” dell’asse Turchia-Qatar, a partire dalla guerra in Libia.

Come ho più volte detto nei mesi precedenti, la Turchia e il Qatar avevano, per motivi diversi ma convergenti, interessi sovrapposti nel medio termine. Il che non è cosa da poco. Questo ha portato i due paesi a cercare una strategia comune nella regione. Prima sostenendo il rovescio del regime egiziano per favorire il loro “agente” Morsi, poi rovesciando manu militari il regime di Gheddafi e finanziando qualsiasi gruppo capace di destabilizzare la Siria del partito Ba’ath. In un primo momento le mosse sembravano essere tutte vincenti, ma l’improbabile accoppiata imperialistica ha presto incontrato i contrappesi delle altre forze regionali. Gli Stati Uniti hanno in un primo momento tollerato queste manovre, per poi tradire le aspettative dell’alleanza.

La Francia lo stesso. Entrambi hanno realizzato che il piano era troppo incontrollabile e praticamente contrario ai loro interessi strategici, benché tatticamente utile. Così Morsi è stato rovesciato ed è stato rimpiazzato da un governo “tradizionalmente” filo-americano. Tripoli è stata occupata da un ex generale di Gheddafi piazzato dalla CIA. In Siria invece sono iniziati i bombardamenti contro i terroristi “troppo zelanti” dell’ISIS.

L’Italia in tutto ciò ci ha solo rimesso. Per questo motivo Renzi è pienamente sostenuto dalla Confindustria che intervista anche Casini, anche lui portavoce della stessa linea.

L’Italia ci ha rimesso nel suo complesso prima con l’embargo contro la Russia, poi con la perdita di Gheddafi che dopo la pacificazione voluta da Berlusconi fruttava moltissimo con trattamenti molto a favore dei capitali italiani a fronte degli altri capitali occidentali. Infine ci ha rimesso con la crisi degli immigrati. 

L’Italia così decide di collaborare nella “lotta contro il terrorismo puntando il dito su chi finanzia e sostiene i terroristi”: è il modo diplomatico per dire che non ci è piaciuta la complicità americana nei disegni che hanno colpito i nostri interessi. 

Tuttavia i proletari italiani non devono pensare che l’Italia renziana stia lavorando per la pace e contro il terrorismo in modo più “serio” degli altri. L’Italia non è contraria al terrore, è semplicemente a favore dei propri interessi imperialistici. Vorrebbe un rapporto più amichevole con la Russia per poter riaprire al più presto il commercio con il paese, vorrebbe un ritorno alla stabilità e riconquistare possibilmente i propri privilegi in Libia.

Non è contro il terrore perché intanto ha inviato aerei pieni di bombe all’Arabia Saudita, che sta radendo al suolo Sana’a commettendo forse il più grande massacro di civili dall’inizio del millennio. Anche l’Italia quindi partecipa alla guerra, sebbene con i propri distinti interessi. Contro la guerra i proletari devono organizzarsi nelle proprie istituzioni di classe!

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