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29/11/2015

Parigi - Oreste Scalzone commenta lo stato di emergenza dichiarto da Hollande

Una domenica mattina, fredda. Come (quasi) sempre... 'qualcuno tentò, ma non seppe'. Tentato di aprire, sviluppare in sequenza lineare ciò che gli sembra aver da dire, arrivare a conclusioni (sempre provvisoriamente definitive), e con un click metterle in circolazione, o quantomeno a disposizione, foss'anche solo dei celebri «sedici lettori», o magari meno o più, uno, nessuno. Al netto di e oltre "tutto", alla peggio foss'anche semplicemente per poter uscire dall'apnea e respirare un po', nel senso – si parva licet... – di "...e ha parlat', 'o zi' Nisciuno", oppure "Dixi, et salvavi..." (che qui non si salva niente, ma almeno si tacita il tumulto di dentro, il rimorso dell'inevaso e dell'inadempienza, il debito pur senza promessa nei confronti anche solo di pochissimi/e). Foss'anche solo per... come "pressurizzarsi" per non implodere, schiacciato da un po' di morte nel cuore per l'incalzare implacabile di voci, vociferazioni d'ogni tipo, da tutti i lati, voci da fuori e echi di dentro, che si accavallano implacabili e da cui ci si sente sopraffatti. (E non parliamo qui del resto, il resto della-vita, materiale corporale, vita «che tossisce tutta la notte sotto le tue lenzuola e non vuol lasciarti dormire», minora d'ogni tipo, disparati disperati, che irrompono, incessantemente perentori che esigono, ingiungono, reclamano, tutti ed ognuno egualmente e tutti assieme prioritari, come avventori attorno a un bancone di caffé o alla porta di cessi o sportello per biglietti di treno indifesi e senza convenzione possibile...).

Tentare di non implodere, e al contempo (e come sia possibile non saprei, ma similitudine metaforica non abbisogna di realisticità, vedi le topologie...), al contempo per non squartarsi, essere strappati esplodere, esser tirato "fuori-di-sé" senza via di "rientro", ritorno, ritrovarsi. Insomma, per "tenersi"' insieme – tenere insieme, per dirla con Zenone, tutte le persone che compongono la risultante «io», molte voci intorno a, sentirsi come "asino fra i suoni", tirato spinto strappato interpretato appiattito classificato interrogato processato sospettato arruolato coscritto al dritto e a rovescio e a forza, senza neanche la facoltà del silenzio, ché la "scena muta" e anche il ritardo è preso per eloquente, e non c'è scampo. D'altronde, il tempo è cronometrato alcuna epoca è concessa, l'intempestivo è letto in modo sintomale, il tempo è quello da «duello al sole» dei cow-boy, quello del pensiero di Twitter, della 'Canzone di Piero' di De André, tirare per primo con tiro per riflesso, come lo sparatore al piattello o l'arciere de lo zen e il tiro con l'arco, come 'sputa-sentenze', certezze sicumèriche apodittiche implicite normative date come a valore normativo universale, e soprattutto messe in colpa, assegnazioni a essenza e a colpa... La forma obbligata, sequenziale, e il tempo di leggere tutti i punti, in generale, per lo più non è concesso, "la prima risposta è quella che conta", la scelta di come cominciare è seguire e conchiudere è fatale, mortale...

Quante volte cominciato con "A questo punto, per intanto...". Formule, espedienti, trovate, marchingegni cadono come birilli uno dopo l'altro, il filo-del-discorso si riaggomitola e ri-cresce per digressioni e ulteriori ramificazioni, flash-back, blow-up e tentativi di synopsis, sguardi d'insieme.

Il punto non sarebbe cosa dire, ma come, come cominciare e da che. Insomma: nei quattro minuti che mi restano per concludere questa operazione forse solo apotropaica, testamentaria per giudizioso dispositivo nel caso che..., dico intanto:
1. Se la data e l'ora fossero oggi, comincerei dal dire che ciò di cui in pochissimi si parla, è che nella ferale sigla IS, oltreché «Islamico», c'è «Stato».
E infatti, nell'orrore a cielo aperto della fogna che è la Ragion di Stato, nella fattispecie geo-strategico-economico-politica, i cent'ottanta o non so, i "Grandi della terra" che stanno sbarcando oggi a Parigi (più il loro collega convitato di pietra Baghdadi e qualch'altro), sono, per cominciare, bari, doppio-, triplo-, multi-giochisti, con quello che ciò significa. Entrare anche solo con un'unghia (tra l'altro, ridicolmente, con velleitarismo puro), se non per una critica radicale a tuttissimo campo, vuol dire "giocarsi anche in estremo le ragioni del rispetto di sé". Tutti, nessuno escluso.

2. Se la pagina del "diario" fosse il venerdì 13 scorso, dopo lo sbigottimento la prima reazione che esprimerei sarebbe – dato poi chi e chi..., la compassione e l'orrore.

3. E poi, dacché, come disvelava un «terribile giurista», «sovrano è [sempre] chi decide sullo stato d'eccezione», e che questo anche qui si è ormai fatto «regola», un'invariante quasi della «costituzione formale», un vero e proprio dispositivo anzi di "governamentalizzazione sovversiva" del territorio e della popolazione, anche il nostro compito è lo stesso di sempre: «la creazione del vero stato di emergenza». A Place de la Republique, per il comunismo. […].

Fonte

Più che un commento è un flusso di coscienza...

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