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20/11/2015

Facebook blocca, censura, indirizza. Il vento di guerra soffia anche sui social network...

Sono note a tutti le mosse di propaganda di Facebook verso la costruzione di un'immagine di "buono" nella rete. La retorica dello strumento al servizio dell'umanità, già adottata da tante altre aziende come Apple o Google è ormai da tempo compresa nella sua realtà di strumento utile alla costruzione di un marchio di valore, sul quale raggranellare milioni in Borsa o attraverso sponsorizzazioni. Eppure sembra che il rapporto tra web 2.0, messa a valore, sfruttamento biopolitico e costruzione di soggettività si stia avviando verso nuove sperimentazioni.

Negli ultimi tempi sembra esserci un salto di qualità, praticato con mosse come la notifica automatica sulle condizioni di salute dei tuoi contatti parigini degli attentati; una mossa dal sapore simile alla funzionalità che permetteva di poter adagiare sul proprio profilo le bandiere arcobaleno in omaggio alla legalizzazione dei matrimoni gay in molti stati USA, riproposta con quelle tricolori della Francia post 13 novembre.

L'azienda di Zuckerberg – basandosi sui passi in questo campo dell'apripista Google e del suo "don't be evil" – è sempre più impegnata in una promozione del proprio brand che non rifiuta di prender posizione, per quanto su argomenti dal vasto consenso diffuso, rompendo l'idea di un contenitore neutro di profili e pagine ben oltre la prima rottura incarnata dai meccanismi di valutazione di pagine con contenuti ritenuti scomodi (pedofilia etc).

Ma dopo i fatti di Parigi, sembra evidentemente che la libertà d'espressione, "valore cardine della civiltà occidentale" minacciata secondo tutti i commentatori dagli attentati parigini vale fino a quando essa si identifica con certi specifici valori e sentimenti. Valori e sentimenti che devono passare evidentemente al vaglio morale di Facebook, dato che è di oggi la notizia che lo scrittore Giuseppe Genna e la presidente di Emergency Cecilia Strada sono stati sospesi da Facebook per aver pubblicato degli articoli contro la guerra.

Nel primo caso il software di gestione dell'azienda di Menlo Park ha cancellato un post dello scrittore (che potete leggere qui) e ha sospeso il suo account per sette giorni; nel secondo caso la minaccia di sospensione (poi rientrata) è stata messa in atto con la ormai nota richiesta del "nome vero" – cosa che la Strada già utilizzava – che sembra non casuale però se riferita ad un personaggio che aveva più volte espresso pubblicamente, come la sua organizzazione, posizione di netto rifiuto di ogni azione militare.

Solo piccoli esempi, che rendono conto però della pericolosità di una istituzione totale della rete come Facebook di poter eterodirigere più di quanto già non faccia – basti pensare all'algoritmo di ricerca delle informazioni e alla teoria della "bolla omofila" – la formazione del consenso nella folla smisurata che compone i suoi users.

Lo sforzo di Hollande di trainare la Francia e i suoi alleati, Usa in primis, all'interno di una nuova fase bellica a guida occidentale ha evidentemente spinto Facebook a mostrare la sua vera natura. Né profili con bandiere russe per i 224 morti dell'aereo abbattuto nel Sinai, né libanesi dopo la strage di Beirut... anche per Zuckerberg e soci, è il momento di schierarsi al fianco della lotta al "terrorismo di guerra", come da neologismo del Presidente francese.

Anche il più importante social network del pianeta, talmente potente da riuscire a imporsi come idea della totalità della rete da milioni e milioni di persone, scende in campo al richiamo delle fanfare e a schierarsi nel campo che da sempre gli appartiene: quello di una colonizzazione dei sentimenti e delle opinioni talmente approfondita da potere, oltre che metterla a valore, anche curvare a seconda delle necessità.

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