Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

25/10/2015

Yemen - ONU: "Colloqui di pace subito"

Fissare subito una data per iniziare i colloqui di pace perché la situazione umanitaria è “catastrofica”. A sostenerlo è l’inviato speciale delle Nazioni Unite in Yemen, Ismail Ould Shaykh Ahmed. Intervenendo ieri al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, Ahmed ha detto che si metterà subito a lavoro per portare al tavolo dei negoziati il governo yemenita e i leader ribelli houthi. Uno scenario che, osserva l’inviato Onu, non è inverosimile. I combattenti sciiti e i loro alleati rappresentati dai fedelissimi del presidente Ali Abdullah Saleh, infatti, si sono già “chiaramente impegnati” ad implementare la risoluzione 2216 che impone un loro ritiro negoziato dalle “città chiave yemenite” e la “consegna di tutte le armi allo stato”. Aperture per un piano di pace sono arrivate, inoltre, anche da parte del governo yemenita del presidente Abd Rabbo Mansour Hadi che si è detto favorevole a mandare una sua delegazione. Moderato ottimismo, dunque. Peccato che questa disponibilità resti (al momento) confinata alle dichiarazioni: nessuna data, infatti, è stata al momento stabilita e combattimenti sanguinosi continuano a infuriare in molte regioni del Paese.
 
Della necessità dei negoziati è convinto anche il Consiglio di sicurezza dell’Onu che ieri, in una nota ufficiale, ha esortato “tutte le parti [del conflitto] a riprendere e ad accelerare le consultazioni politiche mediate dalle Nazioni Unite in un modo flessibile e costruttivo”. Nonostante il tono possibilista circa un possibile inizio delle trattative di pace, l’inviato Onu Ahmed non ha potuto però nascondere la sua preoccupazione: il popolo yemenita, ha detto, sta affrontando una “situazione catastrofica” in cui più di 21 milioni di persone (l’80% della popolazione) hanno bisogno di aiuto umanitario. Per comprendere la “catastrofe” di cui parla Ahmed, bisogna tenere in conto che lo Yemen, già prima che iniziassero i raid del blocco sunnita a guida saudita lo scorso marzo, era tra i Paesi più poveri al mondo.

In un quadro già molto difficile dal punto di vista umanitario, sociale ed economico, le operazioni militari contro i ribelli houthi hanno peggiorato ulteriormente le cose: oltre ai 5.000 morti provocati dai combattimenti (di questi 2.577 sono civili secondo i dati delle Nazioni Unite), l‘alto diplomatico Onu ha menzionato ieri il blocco navale imposto allo Yemen dalla coalizione sunnita che non ha permesso l’ingresso nel Paese di carburante causando conseguenze gravissime soprattutto agli ospedali. Situazione che sembra affatto mostrare segni di miglioramento: a settembre è stato consegnato solo l’1% del carburante necessario ogni mese per soddisfare i fabbisogni nazionali. Di fronte al baratro in cui sta precipitando lo stato arabo, troppo poco fa la comunità internazionale. Il Consiglio di sicurezza ha infatti denunciato come dei 1,6 miliardi di dollari in aiuti umanitari richiesti dall’Onu per migliorare le condizioni del Paese sia stato raccolto solo il 47%. Pertanto le Nazioni Unite hanno esortato nuovamente la comunità internazionale a fare di più invitando a consegnare “urgentemente in tutti i porti yemeniti” gli aiuti e il carburante per usi civili. L’Onu sostiene che il governo e i ribelli devono negoziare “senza precondizioni e in buona fede”.

Per Ahmed la base negoziale da cui bisogna partire resta la Risoluzione 2216 spiegando che spetta poi alle parti in lotta concordare su come implementarla. Un primo tentativo di processo di pace fu abbozzato lo scorso giugno ma si rivelò un fallimento.

Le discussioni di ieri al Consiglio di Sicurezza Onu giungevano a poche ore di distanza da un devastante attacco dei ribelli houthi nella città occidentale di Taiz in cui sono rimaste uccise 39 persone. Gli scontri tra forze pro-governative e i combattenti sciiti si protraggono in città da mercoledì e hanno provocato finora 76 vittime (11 sarebbero civili secondo quanto riferiscono le fonti di sicurezza locali). L’Alto commissariato dell’Onu per i diritti umani (Unhchr) ha detto ieri in un comunicato che i checkpoint allestiti da gruppi combattenti affiliati agli houthi stanno esacerbando “il rapido peggioramento della situazione umanitaria” in città. Starebbero infatti limitando il movimento dei civili e bloccando i rifornimenti che provengono dalla capitale Sana’a, dalla città portuale di Aden e da altre regioni del Paese. Il prezzo dell’acqua inoltre, denuncia l’Unhchr, sarebbe aumentato solo la scorsa settimana del 300%. Non se la passa meglio il sistema sanitario ormai “quasi al collasso” dove gli ospedali privati “sono pieni di vittime per combattimenti”.

Proseguono i raid della coalizione contro le postazioni houthi. Colpito ieri un edificio della sicurezza dei ribelli nella provincia di Ibb al centro del Paese. L’attacco ha provocato 7 vittime. Bombe “sunnite” sono piovute anche nella regione di Bayda causando 6 vittime tra i combattenti sciiti. Scontri a fuoco anche a Shabwa (6 vittime houthi) e Sana'a dove a perdere la vita è stato un imprecisato numero di oppositori del governo.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento