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29/10/2015

Siria - Ai colloqui di vienna ci sarà anche l'Iran

Era stato annunciato da alcuni funzionari americani qualche settimana fa: a un certo punto, si dovrà coinvolgere l’Iran nelle discussioni sul futuro della Siria. E ieri sera Teheran ha ricevuto il fatidico invito di Washington: partecipare al prossimo round di colloqui che comincerà domani a Vienna per trovare una soluzione politica al conflitto in atto ormai da 4 anni.

La Repubblica islamica ha accettato, e il suo ministro degli Esteri Mohamad Javad Zarif – artefice dello storico accordo sul nucleare siglato con le potenze del 5+1 lo scorso luglio – volerà domani nella capitale austriaca per sedersi al fianco della diplomazia europea e araba impegnata senza successo da anni nella risoluzione della guerra siriana.

Un invito fatto all’ultimo minuto, spiega un report dell’Associated Press, frutto di settimane di braccio di ferro tra gli Stati Uniti e il loro più fedele alleato nel Golfo, l’Arabia Saudita, potenza regionale rivale dell’Iran. Proprio Riyadh, che ha foraggiato una parte della ribellione a Bashar al-Assad con armi, denaro e influenza politica e l’ha vista trasformarsi in jihadismo militante, si è sempre strenuamente opposta alla presenza iraniana al tavolo negoziale per il sostegno dato da Teheran al campo governativo.

Quando la Russia ha compiuto i suoi primi raid in territorio siriano, lo scorso settembre, Riyadh aveva minacciato un intervento armato. Ma ora che le sorti della guerra sono cambiate, e che l’asse Mosca-Damasco-Teheran appare più forte sul campo rivelando il fallimento della strategia militare portata avanti da Obama, Washington sembra aver sacrificato l’alleato saudita – e forse l’intera impresa militare di sostegno dei cosiddetti “ribelli moderati” –  in nome della soluzione politica.

“Riteniamo – ha dichiarato il vice ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir Abdollahian alla tv di stato – che la soluzione per la Siria sia quella politica. Americani e stranieri in Siria non hanno altra scelta se non accettare la realtà nel paese. Assad ... ha la preparazione necessaria per i colloqui con i ribelli che si sono impegnati in un percorso politico “.

La partecipazione dell’Iran ai colloqui, infatti, manda in frantumi il sogno delle cancellerie occidentali – in primis degli Stati Uniti – e dei loro alleati del Golfo di sbarazzarsi immediatamente del presidente siriano. E’ una scommessa, che vede Washington e i suoi partner sostenere che Assad sì, potrà partecipare alla “transizione politica” ma che al termine del processo se ne dovrà andare, contrapposti a Russia e Iran che hanno respinto a più riprese questa eventualità.

Gli altri punti critici dei colloqui, secondo quanto riporta l’Associated Press, riguardano la lunghezza della transizione, la stesura di una nuova costituzione e le modalità delle future elezioni nel paese. Resta un’incognita la risposta del Consiglio Nazionale Siriano, compagine politica riparata a Istanbul che si è autodefinita “l’unica rappresentante del popolo siriano” e che trova il suo corrispettivo sul campo nei cosiddetti “ribelli moderati”. Il Consiglio si è sempre opposto a una soluzione politica che includesse Bashar al-Assad, arrivando a boicottare i colloqui sponsorizzati dalla Russia.

 Ora Washington spera di unire tutte le parti che abbiano una qualche influenza nel paese arabo “intorno a una visione comune per una soluzione pacifica, laica e pluralista in una Siria governata con il consenso del suo popolo”. Cominciano a pesare troppo gli oltre 250 mila morti, ma ancora di più pesano gli 11 milioni di profughi che, stando alle dichiarazioni di vari diplomatici e funzionari europei, assumono sempre più i connotati di una minaccia per il Vecchio Continente.

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