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26/10/2015

La Litizzetto dice la verità, quando

Dell’incredibile esternazione televisiva della Litizzetto, forse a causa dell’ondata di indignazione suscitata, è sfuggita la frase più importante, quella finale in cui afferma: “E’ uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve  fare”. Giustissimo: il killeraggio politico è uno sporco lavoro e lei è adattissima a farlo. E’ stato un momento di suprema autoconsapevolezza. Complimenti.

Ma come si fa a passare per satira una cosa del genere? Dove è lo spirito? Immaginate che uno vada in Tv e dicesse “La Tal dei Tali è una troia”… Hahaha, ridete: sto facendo satira!” Vi sembra una cosa accettabile?

Ammetto anche io di scrivere talvolta giudizi molto duri, quasi offensivi, soprattutto quando parlo della Lega, forse dovrei evitarlo, ma non ho la pretesa di spacciarli per satira, nessuno mi paga e lo dico sul mio blog personale, non su una rete Rai pagata con il canone imposto a tutti gli italiani.

Circa trenta anni fa, Grillo fece una battutaccia sui socialisti (che, peraltro, pochi anni dopo si dimostrò non proprio infondata e che, tecnicamente, era costruita con ben maggiore abilità) la pagò con un ostracismo trentennale e, sul momento Pippo Baudo si precipitò al microfono per dire “scusate a volte i comici smarronano”. Questa volta, Fazio era lì che rideva compiaciuto dell’arguzia della Litizzetto.

Direi, quindi, che la signora non la debba passare liscia, per questo ho firmato ed invito a firmare la petizione al comitato di vigilanza Rai di misure disciplinari nei suoi confronti e direi che una sospensione di 5 anni dagli spettacoli Rai sia una misura accettabile (in fondo è un sesto di quel che capitò a Grillo e per una battuta ben più spiritosa). Sperando che in questi cinque anni, la Litizzetto impari la differenza fra la satira e le gratuite sguaiataggini.

Peraltro, anche Fazio un richiamino lo meriterebbe, vi pare?

Ma, in fondo, questo è l’aspetto meno grave della vicenda: cronache ordinarie di guitti prezzolati. Il punto più serio è un altro: ma si può ancora difendere la Tv pubblica? O, per lo meno, è ancora proponibile una Tv sostenuta da un’imposta incostituzionale come il canone? Il problema fu sollevato dai radicali (che per una volta dissero una cosa giusta) negli anni settanta, ma la Corte Costituzionale rispose (se ben ricordo) con una sentenza assai ardita che, sostanzialmente, dimostrava come il possesso di un apparecchio televisivo potesse di per sé giustificare l’imposta. Erano anni di strapotere dei partiti e non sarebbe stato immaginabile un esito diverso. Gran parte della gente poi ha reagito semplicemente non pagando il canone ed, infatti, ora sono ridotti a imporne il pagamento in bolletta elettrica. Ma qui credo che abbiano fatto un errore che riapre tutta la questione dal punto di vista giuridico: infatti, l’utente dovrebbe pagare la bolletta per l’importo indicato in totale, non potendo scorporare la quota del canone. Magari uno può pensare di fare il versamento per la parte relativa alla fornitura elettrica, su un normale bollettino postale, ma difficilmente gli impiegati postali lo accetterebbero e comunque l’Enel non riterrebbero valido il versamento. Per cui o la paga per intero o non la paga affatto. Che possa esserci una sanzione amministrativa per il canone (da 200 a 600 euro) si può anche accettare (sempre che si accetti ancora il principio per cui il possesso di un apparecchio giustifichi il canone), ma qui seguirebbe anche una sanzione aggiuntiva: il distacco per la fornitura elettrica. Ma dove sta scritto che, se io non pago un servizio, debbo subire la sanzione della sospensione di un altro servizio?

Dunque un primo elemento per riaprire la questione c’è. Ma io credo che si possa rimettere in discussione l’assunto base, per il quale il semplice possesso di una televisione dà diritto allo Stato di esigere una imposta. Questo potrebbe essere ragionevole con una sorta di tassa speciale al momento dell’acquisto, ma non ha senso se richiesta ogni anno, a prescindere dal fatto che l’utente magari non veda mai la Rai ed usi la sua televisione solo per vedere altre reti. La cosa andrebbe rivista anche alla luce delle norme sulla concorrenza sopraggiunte negli ultimi anni.

E se la via giudiziaria si dimostrasse impraticabile o infruttuosa? Resterebbe sempre la via referendaria. Certo, le norme tributarie non possono essere oggetto di referendum e, quindi, non si può mettere in discussione il canone per questa via. Però non credo ci sia nulla che impedisca un referendum sull’istituzione dell’ente Rai.

Il punto è proprio questo: la Rai ormai è un bubbone incurabile, incrostato da un reclutamento raccomandatizio e clientelare. La Litizzetto non è una eccezione, ma la fisiologia di un carrozzone di regime ormai irrecuperabile. Se anche il M5s (o altra forza politica anti sistema) dovesse vincere le elezioni, avrebbe le mani legate dall’impossibilità di buttare fuori il personale esistente per sostituirlo con altro che non si capisce dove e come potrebbe essere reclutato. Non che manchino attori, comici, presentatori, registi, programmatori ecc. più capaci di quelli che vediamo, ma trovarli in blocco e di colpo sarebbe impossibile. Ed allora? Allora ridiamo lo scettro al Principe: che decida il pubblico, con il telecomando cosa vuol vedere e che gli incassi di tutti, Rai inclusa, siano proporzionali al numero di ascoltatori.

In definitiva: o si abroga il canone e si tratta la Rai al pari di tutte le altre reti che vivono di pubblicità, oppure abroghiamo la Rai.

Poi bisognerà ragolamentare la pubblicità, che dilaga un po’ troppo, ma questo sarà possibile farlo quando tutti saranno su un piede di parità.

Credo sia arrivato il momento di aprire lo spinoso dossier “caso Rai”.

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