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26/09/2015

Siria - Chi combatte contro ISIS e Nusra

di Chiara Cruciati – Il Manifesto

A com­bat­tere lo Stato Isla­mico e i gruppi jiha­di­sti, che come fun­ghi spun­tano tra le pie­ghe delle guerre siriana e ira­chena, non sono gli eser­citi gover­na­tivi. Come in Iraq, anche in Siria il ruolo delle mili­zie sciite, locali e stra­niere, è diven­tato cen­trale e molto più effi­cace di quello dei disa­strati eser­citi di Dama­sco e Bagh­dad. Tanto da fir­mare un ces­sate il fuoco: gio­vedì Jaish al-Fatah (l’Esercito della Con­qui­sta, fede­ra­zione di mili­zie isla­mi­ste capi­ta­nate da al-Nusra) e le forze sciite pro-Assad hanno siglato una tre­gua di sei mesi a Zaba­dani, al con­fine con il Libano, e nei due vil­laggi sciiti di Fuaa e Kafraya, nella pro­vin­cia di Idlib.

A fare da super­vi­sori, secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, sono inter­ve­nuti Onu e Iran. Abdul­lah al-Mohaisany, uffi­ciale isla­mi­sta, ha ripor­tato i det­ta­gli dell’accordo: cor­ri­doio di fuga per i civili, stop ai raid dell’aviazione gover­na­tiva, abban­dono delle armi e ritiro dei mili­ziani isla­mi­sti da Zaba­dani a Idlib (con­trol­lata da al-Nusra).

Il ces­sate il fuoco mostra la cen­tra­lità delle mili­zie sciite che com­bat­tono sul campo siriano: oltre 150mila com­bat­tenti, ben equi­pag­giati e adde­strati, ormai indi­spen­sa­bili per il pre­si­dente Assad, che ha visto il pro­prio eser­cito dimez­zato da defe­zioni, feri­menti e ucci­sioni. «Ci sono oltre 25 mili­zie di diversa gran­dezza in Siria, tra i 150 e i 200mila uomini», ha ripor­tato all’Afp una fonte mili­tare ano­nima. Tra que­ste la prin­ci­pale è la Ndf (Natio­nal Defence For­ces), nata nel 2012 sotto la super­vi­sione di Dama­sco e Tehe­ran. Conta 90mila para­mi­li­tari, dispie­gati per lo più nella capi­tale, ad Aleppo e a Homs. C’è chi si è unito per spi­rito patriot­tico, chi per denaro: il sala­rio va dai 100 ai 300 dol­lari al mese, dieci volte tanto quello incas­sato dai sol­dati di Assad. E c’è chi lo fa per­ché, potendo com­bat­tere nelle pro­prie città, vede cre­scere il pro­prio ruolo nella società.


Intorno all’Ndf si muove una galas­sia di mili­zie sciite, for­ma­tesi intorno a nuclei diversi: par­titi poli­tici, tribù, etnie. Il par­tito Baath conta 10mila uomini, attivi a Dama­sco e Aleppo, e il par­tito Nazio­na­li­sta Socia­li­sta i 6mila com­bat­tenti delle Nus­sur al-Zaoubaa; le mili­zie etni­che (ala­wite lungo la costa, druse a sud e cri­stiane a nord-est) nell’ordine delle migliaia; e quelle tri­bali circa 2mila, divisi tra gli uomini delle tribù del deserto di Badiya e quelle di Deir Ezzor.

Ancora più potente è il ruolo delle mili­zie inviate da fuori, dal cosid­detto asse sciita: gli 8mila liba­nesi di Hez­bol­lah e i 6mila com­bat­tenti afgani e ira­cheni, gestiti dalle 7mila Guar­die Rivo­lu­zio­na­rie ira­niane sul ter­reno. È l’Iran a super­vi­sio­nare, equi­pag­giare e adde­strare i com­bat­tenti, sia stra­nieri che siriani, come i 7mila uomini dei Fal­coni del Deserto dispie­gati ad Homs.
Lo fanno in Siria come lo fanno a Bagh­dad, appa­ren­te­mente coor­di­nan­dosi con il super alleato, la Rus­sia: secondo un arti­colo della Fox, coman­danti siriani, ira­niani e russi avreb­bero creato una cel­lula di coor­di­na­mento in chiave anti-Isis nella capi­tale irachena.

L’ennesimo guanto di sfida russo al pre­si­dente Obama che due giorni fa ha capi­to­lato e accet­tato di incon­trare la con­tro­parte, Vla­di­mir Putin, il pros­simo lunedì a mar­gine dell’Assemblea Gene­rale delle Nazioni Unite. Secondo il segre­ta­rio alla Difesa Usa, Ash­ton Car­ter, Mosca e Washing­ton potreb­bero indi­vi­duare stru­menti di coor­di­na­mento, neces­sari a porre fine alla crisi siriana. La Rus­sia ha dichia­rato l’intenzione di unirsi alla coa­li­zione inter­na­zio­nale, solo nel caso in cui il nemico sia iden­ti­fi­cato nell’Isis e non in Assad. Che negli ultimi giorni ha visto miglio­rare la pro­pria posi­zione: dall’inattesa aper­tura del pre­si­dente turco Erdo­gan a quella della can­cel­liera tede­sca Mer­kel, sono sem­pre di più i lea­der mon­diali che riten­gono ormai neces­sa­ria la par­te­ci­pa­zione del pre­si­dente siriano al negoziato.

Visioni solo appa­ren­te­mente vicine: Mosca e Tehe­ran non vogliono veder sal­tare Assad, ma solo la par­te­ci­pa­zione delle oppo­si­zioni alla tran­si­zione poli­tica. Occi­dente e Tur­chia pen­sano ad un Assad ad inte­rim che scom­paia non appena la crisi sarà pas­sata. L’incontro Obama-Putin potrebbe aprire la strada ad una solu­zione a metà, che garan­ti­sca alle due super potenze di evi­tare uno scon­tro che non vogliono e di sal­vare non solo la fac­cia, ma soprat­tutto i rispet­tivi inte­ressi: nego­ziato tra oppo­si­zioni e Dama­sco e un governo di unità a cui pren­dano parte impor­tanti figure dell’establishment di Assad. Magari senza Assad.

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