Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

29/09/2015

I bombardamenti sauditi polverizzano il patrimonio dello Yemen


di Chiara Cruciati – Il Manifesto

La guerra con­tro lo Yemen è una guerra occulta: oltre 4mila morti, 1 milione di sfol­lati interni, 21 milioni di per­sone senza accesso costante a cibo e acqua. Alla deva­sta­zione subita dalla popo­la­zione civile se ne aggiunge un’altra: quella alle immense ric­chezze archeo­lo­gi­che e archi­tet­to­ni­che di un paese che è stato culla della civiltà araba e isla­mica. Sana’a, Marib, Aden: città, che ad ogni angolo nar­rano la sto­ria del mondo arabo e il suo incon­tro con popoli asia­tici e afri­cani, sono in mace­rie. «Para­diso»: que­sto signi­fica in arabo il nome Aden, la città por­tuale a sud, tar­get dei vio­lenti raid della coa­li­zione anti-Houthi gui­data dall’Arabia Sau­dita.

Quello che lo Stato Isla­mico sta facendo in Iraq e in Siria, can­cel­lando Pal­mira e Nim­rud, Riyadh lo sta facendo in Yemen, nel silen­zio del mondo. Ne abbiamo par­lato con Lamya Kha­lidi, archeo­loga stau­ni­tense di ori­gini pale­sti­nesi al Cen­tro Nazio­nale della Ricerca Scien­ti­fica (Cnrs) fran­cese. Lamya ha vis­suto in Yemen per otto anni e lo segue dal 2001. Oggi moni­tora i danni pro­vo­cati dal con­flitto in corso.

Dopo oltre cin­que mesi di guerra, è pos­si­bile fare un bilan­cio dei siti distrutti o dan­neg­giati, sti­mare le per­dite per il patri­mo­nio yeme­nita?

È dif­fi­cile dare i dati esatti, nep­pure le auto­rità locali sono in grado di muo­versi sul campo per docu­men­tare i dan­neg­gia­menti. Al momento, comun­que, il bilan­cio è ter­ri­bile. L’ultimo rap­porto del Mini­stero degli Interni risale al 19 luglio e com­prende 43 siti (moschee, siti archeo­lo­gici e luoghi turi­stici). Ritengo che tale numero sia aumen­tato a dismi­sura negli ultimi due mesi a causa della vio­lenza dei bom­bar­da­menti. È impos­si­bile sti­mare il numero di reperti dan­neg­giati o distrutti. Pos­siamo farlo nel caso del Museo di Dha­mar, pol­ve­riz­zato in un bom­bar­da­mento aereo: cono­sce­vamo prima il numero di oggetti lì con­ser­vati, non ser­vono altre stime, si è perso tutto. E non dimen­ti­chiamo che i raid, il caos e la povertà faci­li­tano i sac­cheg­giamento di siti e musei. Ci sono poi siti che sono stati bom­bar­dati più volte, come l’antica diga di Marib o i siti di Bara­qish e Sir­wah, risa­lenti al primo mil­len­nio a.C.

Tra i siti più noti, sim­boli dell’impatto della distru­zione di un’eredità mon­diale, quali sono ormai persi per sem­pre?

Vista l’ampiezza della distru­zione, dob­biamo divi­dere i danni a patri­moni tan­gi­bili in cin­que cate­go­rie: le città; i monu­menti come moschee, cit­ta­delle, forti; i siti archeo­lo­gici; i reperti archeo­lo­gici; e i musei.
Il museo di Dha­mar è un signi­fi­ca­tivo esem­pio della por­tata della per­dita. Il museo ospi­tava decine di migliaia di reperti, alla cui cata­lo­ga­zione hanno lavo­rato molti archeo­lo­gici yeme­niti e stra­nieri. Si tro­vava in un sito archeo­lo­gico, sca­vato prima della costru­zione del museo. È stato pol­ve­riz­zato in un secondo, non rie­sco a capire come nes­suno possa rea­gire. Se il museo nazio­nale egi­ziano del Cairo fosse bom­bar­dato, il mondo si mobi­li­te­rebbe, scioc­cato e disgu­stato. Quando il museo di Mosul è stato van­da­liz­zato, i video hanno fatto il giro del mondo e la rea­zione della gente è stata duris­sima. Qui stiamo par­lando di musei nazio­nali, isti­tu­zioni nazio­nali che pro­teg­gono tesori ine­sti­ma­bili.

I siti archeo­lo­gici sono nume­rosi, molti sono stati col­piti all’inizio del con­flitto dalla coa­li­zione sau­dita e poi bom­bar­dati di nuovi, nono­stante gli sforzi di Une­sco e archeo­logi di pro­teg­gere un patri­mo­nio mon­diale. Tra que­sti la diga di Marib, ancora oggi tar­get, è un’impresa del genio inge­gne­ri­stico del primo mil­len­nio a.C. quando a gover­nare lo Yemen era la dina­stia Sabei. Un’altra città della stessa epoca, Bara­qish, restau­rata da un team ita­liano, è stata col­pita solo pochi giorni fa: il tem­pio di Nakrah, com­ple­ta­mente ristrutturato dagli ita­liani, il tem­pio di Ath­tar, le mura cit­ta­dine e anche la casa usata dal team, sono ridotti in mace­rie.

Se par­liamo di città, clas­si­fi­cate siti Une­sco per la loro archi­tet­tura moz­za­fiato, unica, la lista è lunga: è dif­fi­cile tro­vare in Yemen un vil­lag­gio che non abbia la sua par­ti­co­la­rità. Il più ovvio atto di van­da­li­smo sono i raid con­tro le città vec­chie di Sana’a e Shi­bam, entrambe patri­mo­nio dell’umanità. Meno note sono Zabid, Saada e Wadi Dhahr, in lista per l’ingresso all’Unesco.

E poi ci sono i monu­menti, moschee e cit­ta­delle, tombe sacre, distrutti dai raid aerei o van­da­liz­zati da gruppi come Isis e al Qaeda, che vi vedono forme di ido­la­tria. Non è qual­cosa di nuovo in Yemen: da quando ci lavoro, da 15 anni, i mili­ziani Wah­habi spesso arri­vano dall’Arabia Sau­dita per distrug­gere l’eredità yeme­nita. Ma que­ste moschee e tombe sono parte di un’identità ric­chis­sima e antica, che intrec­cia insieme l’Islam reli­gioso e quello cul­tu­rale.

Molti non sanno di quanto sia esteso il patri­mo­nio yeme­nita, della sua uni­ver­sa­lità. È un paese con una cul­tura che è un mosaico di ele­menti, dall’Asia sudoc­ci­den­tale, dall’Africa dell’Est, dal Medio Oriente. È un incre­di­bile mix di popoli, suoni, sapori, este­tica, archi­tet­tura che si sono uniti natu­ral­mente, in un modo bel­lis­simo, con sullo sfondo uno dei pae­saggi più vari al mondo. Ora tutto ciò è in pericolo.

Pensa che in futuro sarà pos­si­bile recu­pe­rare parte di que­sta ere­dità? O si tratta di danni irre­pa­ra­bili?

La prin­ci­pale tra­ge­dia sono le vit­time civili e la pro­fon­dità dei danni alle infra­strut­ture e alle case. Quando la crisi finirà, il recu­pero di que­sto patri­mo­nio non sarà una prio­rità. In ogni caso, si potrà recu­pe­rare solo quello che esi­ste ancora. Quello che è stato distrutto, è perso per sem­pre, è inso­sti­tui­bile. I bom­bar­da­menti con­ti­nui con­tro alcuni siti e la demo­li­zione com­pleta di altri lasciano ben poca spe­ranza. Quello che l’Isis sta com­piendo in Siria e Iraq con­tro i patri­moni locali è esat­ta­mente lo stesso di quello che Riyadh fa in Yemen.

Ci sono orga­niz­za­zioni inter­na­zio­nali che stanno ten­tando di fare pres­sioni sui sau­diti per pro­teg­gere que­sta ere­dità?

Quello che sta suc­ce­dendo in Yemen sta avve­nendo nel silen­zio asso­luto del mondo. Non c’è nep­pure una buona coper­tura media­tica. Intanto la gente è ter­ro­riz­zata, i raid sono così vio­lenti e col­pi­scono pesan­te­mente le aree abi­tate, intere fami­glie non sanno dove andare o cosa fare. Que­sta è la dimo­stra­zione che la coa­li­zione bom­barda indi­scri­mi­na­ta­mente, senza pre­oc­cu­parsi di vite umane, patri­mo­nio o diritto inter­na­zio­nale. I rac­conti di amici e col­le­ghi rima­sti in Yemen mi ricor­dano l’attacco israe­liano con­tro Gaza della scorsa estate.

Nel caso del patri­mo­nio sto­rico, i raid sono sì indi­scri­mi­nati ma anche molto pre­cisi. Alcuni siti sono nel mezzo del deserto, come la diga di Marib. Puoi col­pirla solo con coor­di­nate pre­cise. E poi lo rifai, per set­ti­mane: è chia­ra­mente una distru­zione voluta per­ché quel sito non minac­cia nes­suno. Non ci sono strade vicino, né vil­laggi intorno. L’Unesco ha con­se­gnato all’Arabia Sau­dita una lista di siti pro­tetti, ma Riyadh è indif­fe­rente. La pres­sione che viene fatta sui sau­diti è nulla: i ten­ta­tivi di pro­te­zione non sono pro­por­zio­nali al livello di distru­zione. L’Unesco cerca di fare la sua parte ma non ha influenza. Nes­suno ascolta.

In un edi­to­riale sul New York Times, lei ha par­lato di “van­da­lismo sau­dita”. Qual è l’obiettivo di Riyadh quando distrugge i sim­boli di un paese con una sto­ria mil­le­na­ria? Imporre la pro­pria nar­ra­tiva, la pro­pria auto­rità?

Non so quale sia l’obiettivo, ma posso dire che si tratta di una distru­zione cal­co­lata: cono­sco que­sti siti, dove si tro­vano, quali sono abi­tati e quali no, e so che non è facile col­pirli a meno che non lo si voglia. Dall’altro lato abbiamo città come Sana’a e Shi­bam, siti Une­sco, chia­ra­mente molto popo­lati: è evi­dente che siano affol­lati di civili e siano sede di un patri­mo­nio impor­tante. I sau­diti, che in mano hanno una lista no-fly, non rispon­dono alle domande sul per­ché stanno com­piendo una simile distru­zione. Non penso lo faranno fino a quando i loro alleati, gli Stati Uniti e l’Europa, invie­ranno loro un equi­pag­gia­mento ad alta pre­ci­sione che pro­voca distru­zione di massa. Nes­suno li sta accu­sando di cri­mini con­tro l’umanità. Si tratta di puro van­da­li­smo, esat­ta­mente quello che com­pie l’Isis in Siria.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento