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26/07/2015

Siria - La battaglia per Zabadani e quella per l'esercito

E’ battaglia all’ultimo sangue per Zabadani, la cittadina siriana al confine con il Libano assediata dall’esercito di Assad e da Hezbollah da quasi un mese. Oggi, stando a quanto diffuso dall’Osservatorio siriano per i Diritti umani, sull’ultima roccaforte islamista nella cintura intorno a Damasco sarebbero piovute almeno 50 bombe a barile, lanciate dagli elicotteri del regime siriano. L’uso, a Zabadani, di queste armi, che sono dei barili riempiti con esplosivi, munizioni, chiodi e ferraglia varia, era stato denunciato qualche giorno fa dall’inviato Onu per la Siria Staffan de Mistura, poiché nel raid di martedì scorso avevano causato “una distruzione senza precedenti e molte vittime tra la popolazione civile”.

Dopo oltre tre settimane di combattimenti, l’esercito governativo e il suo alleato libanese, il Partito di Dio, sembrano aver riconquistato ampie zone della città, punto di transito di uomini e armi nella tormentata frontiera tra i due paesi. L’ultimo bastione di al-Nusra nella zona potrebbe essere presto riconquistato del tutto da Bashar al-Assad, che ne controlla i maggiori punti di ingresso, stando ai report delle agenzie stampa governative. La Sana riporta ad esempio come i soldati abbiano distrutto un tunnel di 70 metri usato da alcuni gruppi di ribelli per contrabbandare rifornimenti da Zabadani alla vicina Madaya. Stessa notizia riportata dall’emittente tv al-Manar, legata a Hezbollah, che racconta inoltre come decine di combattenti ribelli siano morti a seguito di un’operazione condotta da Damasco in alcuni quartieri della città meridionale di Deraa.

Ai successi militari del regime si accompagna l’annuncio, fatto oggi in diretta tv da Bashar al-Assad, di concedere l’amnistia a tutti i disertori, che essi si trovino in Siria o all’estero. L’agenzia stampa Reuters fa notare come, secondo alcune fonti diplomatiche, dopo gli insuccessi di Idlib e Palmyra – conquistate entrambe da coalizioni di forze islamiste – l’esercito sia ora concentrato a difendere alcuni bastioni importanti per Assad, come Damasco, Homs e la regione costiera a forte presenza alawita. Sempre la Reuters rivela che, a fronte di una carenza di manodopera sempre più importante – un numero imprecisato di uomini sarebbe fuggito dal reclutamento – l’esercito stia assoldando milizie locali nelle aree che controlla.

Sul versante politico opposto, invece, ieri a Bruxelles il Consiglio nazionale siriano e il Comitato di Coordinamento nazionale hanno annunciato di aver siglato un accordo per una roadmap che metta fine al conflitto. I due organi di opposizione al presidente siriano – rispettivamente in esilio e interno – avrebbero acconsentito a istituire un governo di transizione che guidi il paese fuori dalla guerra, governo di cui non faccia parte Assad: la sua presenza nel futuro della Siria era stata sempre rifiutata dall’opposizione basata a Istanbul, mentre era stata considerata da quella di stanza a Damasco, ufficiosamente “tollerata” da Assad.

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