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24/07/2015

Boko Haram colpisce anche in Camerun

di Rita Plantera

«Invo­lon­ta­ria­mente, e ose­rei dire non inten­zio­nal­mente, l’applicazione del Leahy Law Amend­ment da parte del governo degli Stati Uniti ha aiu­tato e favo­rito i ter­ro­ri­sti di Boko Haram». Con que­sta cri­tica lan­ciata dallo Uni­ted Sta­tes Insti­tute for Peace mer­co­ledì scorso, il pre­si­dente della Nige­ria Muham­madu Buhari ha con­cluso la sua visita di quat­tro giorni alla Casa Bianca.

Sotto accusa dun­que l’amministrazione di Obama e la legge Leahy, che impe­di­rebbe al governo ame­ri­cano la ven­dita di armi ai Paesi che vio­lano i diritti umani. Eppure, durante que­sta prima visita del pre­si­dente nige­riano alla Casa Bianca dopo la sua ele­zione a marzo scorso il pro­blema sicu­rezza è stato al cen­tro dei col­lo­qui. A Buhari, che si è gua­da­gnato la pre­si­denza attra­verso una con­sul­ta­zione elet­to­rale demo­cra­tica (prima tran­si­zione paci­fica del potere per la Nige­ria), Obama - oltre a rico­no­scer­gli «una chiara agenda» nella lotta con­tro Boko Haram non­ché uno sforzo con­si­de­re­vole per sra­di­care la cor­ru­zione - ha pro­messo un forte soste­gno militare.

Una pro­messa e un impe­gno rin­no­vato quello degli Usa che hanno già inve­stito (da quando Buhari è stato eletto) 5 milioni di dol­lari a favore di una task force mul­ti­na­zio­nale con­tro Boko Haram. Stra­te­gie di buona con­dotta nell’intento di miglio­rare le rela­zioni eco­no­mi­che con la Nige­ria - il più grande pro­dut­tore di petro­lio dell’Africa - soprat­tutto da quando quelle con altri Paesi afri­cani come Egitto e Suda­frica si sono raf­fred­date. Sono migliaia le vit­time e con­ti­nui gli attac­chi di Boko Haram - ormai non solo più di natura locale bensì tran­sfron­ta­liera - nel corso degli ultimi sei anni, sia nelle zone rurali ed urbane soprat­tutto del nord-est, sia lungo i con­fini con i Paesi limitrofi.

Nelle due ultime set­ti­mane in par­ti­co­lare, in rap­pre­sa­glia a un’offensiva mili­tare lan­ciata dai governi regio­nali nel corso di quest’anno, gli attac­chi kami­kaze e i raid nei vil­laggi si sono intensificati.

Mer­co­ledì scorso, in due diversi atten­tati attri­buti a Boko Haram, più di 40 per­sone sono rima­ste uccise e più di 90 ferite. È suc­cesso nel nord della Nige­ria, presso due sta­zioni dell’autobus nella città di Gombe (circa 29 i morti e 60 i feriti) già tea­tro di un altro attacco in un mer­cato lo scorso venerdì (50 i morti); e nel Came­run set­ten­trio­nale, nella capi­tale della regione del Far North, Maroua (appena oltre il con­fine con Gombe), quar­tier gene­rale delle ope­ra­zioni dell’esercito came­ru­nense nell’ambito della forza mul­ti­re­gio­nale con­tro il gruppo isla­mi­sta (circa 13 morti e 32 feriti). E ancora, sono migliaia e migliaia gli sfol­lati che dalla Nige­ria si river­sano ai con­fini con Came­run e Niger, secondo quanto reso noto recen­te­mente dall’Ufficio dell’Alto Com­mis­sa­rio delle Nazioni Unite per i Rifu­giati (Unhcr).

Secondo quanto segna­lato dalle auto­rità, circa 2.500 nige­riani sono arri­vati a Diffa nel sud del Niger negli ultimi giorni, peg­gio­rando una situa­zione uma­ni­ta­ria già disa­strosa. Que­sto a seguito dei com­bat­ti­menti intorno alla città nige­riana di Dama­sak, con i rifu­giati che arri­vano nei vil­laggi di Che­ti­mari e Gaga­mari in Niger, dove più di 100.000 nige­riani si sono rifu­giati a par­tire dalla metà del 2013.
Secondo le orga­niz­za­zioni uma­ni­ta­rie, si stima che circa 150 mila per­sone si siano river­sate a Diffa negli ultimi due anni, aumen­tando di un terzo la popo­la­zione di una regione che sof­fre ter­ri­bil­mente la scar­sità di cibo e dipende in gran parte dagli aiuti umanitari.

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