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29/06/2015

Vivere senza rimpianti

Tra tutti i pensatori della storia, direi che Friedrich Nietzsche è uno dei migliori esempi del perché non dovremmo prendere i filosofi come modelli di vita (un altro è il cinico Diogene di Sinope). Nonostante avesse coniato il termine übermensch (superuomo), Nietzsche era una persona fragile, malaticcia e tormentata, che ebbe un ultimo crollo mentale dopo aver assistito al maltrattamento di un cavallo, e morì a 55 anni lasciando che a raccogliere la sua eredità fossero i nazisti, che sicuramente avrebbe disprezzato.

Perciò, qualche tempo fa, sono rimasto perplesso nel trovarlo citato sulla rivista Pacific Standard dallo psicologo Edward Chang, come un esempio per vivere una vita intensa e senza rimpianti, “più utile di qualsiasi manuale di autoaiuto”.

Forse avrete già notato che per molte persone, oggi, è importante cercare di vivere una vita priva di rimpianti. Il concetto è sintetizzato dall’espressione in latino carpe diem, che conoscerete bene se siete abbastanza vecchi da ricordare L’attimo fuggente o l’antica Roma, che in entrambi i casi risalgono a molto tempo fa. Se invece siete più giovani, magari conoscete il fastidioso acronimo inglese yolo, che sta per “you only live once” (si vive una volta sola).

Secondo questa filosofia, se non vogliamo una vecchiaia piena di rimpianti, dovremmo sempre buttarci a capofitto nella vita e abbandonare un lavoro che ci rende ottusi; chiedere di uscire alla persona che ci piace oppure (al livello più basso della cultura del si vive una volta sola) svuotarci un cartone di latte sulla testa e postare il video su YouTube.

Non credo di essere l’unico a trovare tutto questo piuttosto stressante, se non altro perché avere rimpianti mi sembra inevitabile: compiere una scelta implica sempre rinunciare a tutte le altre. E allora che fare? È facile dire che rimpiangiamo le cose che non abbiamo fatto, e non quelle che abbiamo fatto. Ma non ha senso, perché ogni scelta coraggiosa può anche essere vista come un atto di vigliaccheria. Quando rompiamo un matrimonio, scegliamo di non scoprire quello che sarebbe successo se l’avessimo portato avanti.

Ed è qui che entra in gioco il nostro baffuto amante dei cavalli. “La mia formula per la grandezza dell’uomo”, scrive in un capitolo di Ecce homo splendidamente intitolato “Perché sono così intelligente”, “è l’amor fati”, l’amore per il proprio destino. Spiega Nietzsche di voler “imparare sempre più a considerare bello quello che è necessario: amare il mio fato!”. Amor fati significa vivere senza rimpianti, ma non come lo intendiamo oggi. Carpe diem significa prendere decisioni coraggiose, per non pentirsene in seguito, mentre amor fati (tra le altre cose) significa imparare ad accettare le scelte, più o meno coraggiose, già fatte.

Dopotutto, se un certo aspetto della vita è veramente “necessario”, non accettarlo significa rifiutare la realtà. E che cosa è più necessario del passato che, essendo già successo, non può essere cancellato?

Una volta capito questo, il mantra moderno del “non avere rimpianti” comincia a non sembrare più un atto di coraggio ma di vigliaccheria: un disperato tentativo, dettato dal panico, di evitare la tristezza futura. Invece, paradossalmente, l’amor fati è un modo migliore per evitare i rimpianti. Non si tratta più di fare scelte coraggiose “prima che sia troppo tardi”, ma di capire che è già troppo tardi, e lo è sempre stato. Questo è estremamente liberatorio. Abbiamo una sola vita. Perché sprecarla cercando di non avere rimpianti?

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