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29/06/2015

Sinistra, destra e bisogno di autonomia politica

Tra le responsabilità politiche più gravi del Pci-Pds-DS-PD - colpe alle quale vanno associate quelle delle sue appendici strutturali passate (Prc, PdCI, SEL e compagnia cantante) e quelle delle sue appendici strutturali future (costituenti e coalizioni possibili) - c'è quella di aver quasi costretto molte persone in buona fede a ritenere superata sul piano storico o persino su quello politologico la distinzione tra destra e sinistra. Precludendo loro in tal modo la possibilità di concepire le condizioni di una ridefinizione della sinistra stessa in un contesto di ritirata strategica che durerà decenni.

Poiché la sinistra è il PD e il PD e i suoi alleati fanno cose di destra - viene detto -, in realtà destra e sinistra non esistono più e forse non sono mai esistite ma comunque si sono confuse in un'unica, indistinta casta paramafiosa (per i delusi più propensi al lavoro manuale e al ragionamento pratico), oppure in un unico funzionariato politico fiancheggiatore del Grande Capitale Transnazionale e/o Statunitense (per gli intellettuali dotati di più letture).

La convergenza con l'iper-ideologia neoliberale che da decenni ci parla della fine delle ideologie dovrebbe destare più di qualche sospetto nei sostenitori di queste tesi. Tuttavia, è comprensibile questa disillusione, soprattutto se mancano gli strumenti per una comprensione storica di ciò che è accaduto negli ultimi decenni e per una comparazione con i secoli precedenti.

Ciò che non è gradevole è invece che a questa disillusione segua di solito l'assunzione orgogliosa di atteggiamenti e categorie proprie della destra, quasi a voler segnare con un presunto gesto anticonformista la rottura polemica di quei tabù che caratterizzavano l'antica appartenenza, manifestando in maniera simbolica una presa di distanze.

Questo gesto di distinzione al contrario, che nasconde un più profondo bisogno di rassicurazione e serve a elaborare il lutto per il tradimento ideologico subito, non avviene per caso. Discende invece quasi di necessità da quanto sopra, ed è la conseguenza di un'ulteriore sconfitta che sta avvenendo sul terreno del confronto egemonico. Perché in realtà la stessa tesi del superamento di destra e sinistra - tesi che risale alla fine del XIX secolo e che, teorizzata in maniera esplicita nella Rivoluzione conservatrice tedesca a Weimar, si è presentata più volte nel corso del Novecento tornando ogni volta come se fosse chissà quale epocale novità - fa parte del processo di apprendimento che le destre continentali hanno dovuto intraprendere, ormai molto tempo fa, per confrontarsi con quella società di massa che dapprima avevano cercato di ostacolare. Un confronto che alla sinistra ha dovuto e deve contendere simboli, nomi, concetti.

Su questo terreno queste destre stanno oggi vincendo. Vincono grazie a un'abile divisione del lavoro tra le elites e la messinscena della contestazione delle elites, ma vincono soprattutto per colpa nostra. Si tratta infatti di un fenomeno che è presente anche in altri paesi ma in misura decisamente minore, dato che altrove la sinistra è riuscita ben più che da noi a conservare una propria autonomia rispetto a quei processi storico-politici di fondo che hanno invece stravolto la sinistra italiana.

Anche rispetto a questo problema, è alla storia del nostro paese che dobbiamo guardare. E anche in questo caso, proprio la forza politica che la sinistra aveva accumulato in passato durante la Seconda guerra mondiale e nella ricostruzione, quella forza che ci ha consentito di sopravvivere sino ad oggi, rende inevitabilmente tutto più difficile per quanto riguarda il futuro [SGA].

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