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25/05/2015

Le stampelle di Diallo

Diallo è paralizzato dal 2007. La manifestazione di piazza si è per lui trasformata in dramma. La Guinea è da anni uno dei principali produttori di minerale di ferro. Le montagne e anche le colline abbondano di questo materiale. Utile per l’esportazione e non per i cittadini del paese che da anni si dibattono con la politica della miseria. Diallo scappava con la moto poi falciata da un’auto. Da allora è paralizzato alle due gambe. Decide allora di fare sua la causa dei disabili e per questo parte a Marrakech nel Marocco del Re della dinastia che governa in  nome dell’Islam e del Capitale.

Posa le stampelle per terra. Arriva da Agadez. Prima viaggia per il Mali e poi l’Algeria. Nel Marocco lavora per i turisti che adorano i suoi disegni pieni di fantasia. L’amico che lo ha invitato parte in Spagna dove il futuro sembra possibile per quelli che camminano sulle acque. Si sente solo e abbandonato al destino che lo ha illuso. Parte e torna in Algeria dove disegna sulla sabbia quanto rimane del sogno che lo ha fatto viaggiare. Diallo sorride e scrive su un foglio di carta l’indirizzo mail nel caso qualcuno si interessasse al suo progetto di associazione di handicappati.

Nel viaggio di ritorno passa per il deserto e lo fermano i tuareg che dalla guerra passano alla rapina. Tra le due operazioni non c’è troppa differenza. Ogni guerra è un affare per creare mercato e benessere per alcuni. Quattro posti di blocco per domandare soldi nel deserto che unisce e separa l’Algeria dal Niger. Tra le complicità dei trasportatori e dei gendarmi che pattugliano l’omertà. Diallo non ha i soldi per pagare la tassa di navigazione e i compagni pagano per lui. Fa il disegnatore e l’incisore di ferite alla dignità di coloro che come lui hanno le stampelle per migrare.

Ha redatto un documento nel quale viene rivendicato lo stesso trattamento. Migranti coi piedi e quelli con le stampelle hanno gli stessi diritti. Ognuno cammina come può. Le stampelle sono un simbolo e una profezia. La follia di migrare con le stampelle. Le stampelle che migrano sono il simbolo dell’abisso nel quale sprofonda la politica. Non c’è futuro per uno come Diallo nel paese terzo produttore mondiale di bauxite. Si spostano le elezioni e si riaggiustano a seconda delle stagioni. Muoiono sulle strade quanti protestano, oppure nello stadio di Conakry, la capitale.

Camminare e migrare con le stampelle è una profezia. Un’utopia che sfida l’impossibile. Le stampelle sono quelle della politica e della civiltà che di essa si nutre. Stampelle sono le frontiere che dividono e si spostano a seconda delle convenienze. Stampelle sono la religione che tutto ingloba di volontà poco divina. Stampelle è Diallo che sfida le più elementari regole del giudizio e delle distanze. Scrive lo statuto per la sua associazione che non troverà finanziatori. Diallo torna al paese che lo ha esportato quattro anni fa. Dice che vuole viaggiare altrove. Le stampelle fanno la storia.

Diallo arriva con suo fratello. Lui ha conosciuto la neve di Algeri e la rete metallica di Melilla nel Marocco. Ha tentato più volte l’assalto alla barriera e si è scoraggiato. Ha fatto sue le stampelle di suo fratello e lo ha accompagnato fino a Niamey. Lui ha dovuto pagare i tuareg e i doganieri. Migliaia di franchi e il cellulare con le foto della traversata del deserto e del mare Mediterraneo. L’altro Diallo non si lamenta e non impreca. Ricorda la neve che si scioglieva al primo sguardo e nella mani non gli rimaneva nulla. Un pò d’acqua da bere come pranzo da condividere col fratello.

Diallo porta le stampelle come un trofeo. Cammina a stento anche con loro. Dice che una volta al paese continuerà a difendere i diritti di quelli come lui. Come lui hanno altre ricchezze da condividere. L’articolo primo della sua carta ricorda che tutti sono uguali davanti alla vita.

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