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27/03/2015

Pc spiati, Renzi fa marcia indietro

Terrorismo. Un emendamento cancella la norma incriminata. Che però tornerà nel ddl intercettazioni

C.L. - tratto da http://ilmanifesto.info/pc-spiati-renzi-fa-marcia-indietro/

Stop al libero accesso da parte dello stato ai nostri com­pu­ter. La discussa norma del decreto anti­ter­ro­ri­smo che asse­gnava ampi poteri di inda­gine alla poli­zia arri­vando a per­met­tere l’acquisizione da remoto di tutti i dati con­te­nuti nei sistemi infor­ma­tici è stata can­cel­lata ieri dall’aula della Camera dove si sta discu­tendo il prov­ve­di­mento. A denun­ciare l’anomalia era stato due giorni fa il depu­tato di Scelta civica Ste­fano Quin­ta­relli, ma ieri un emen­da­mento al testo pre­sen­tato da Sel e votato a mag­gio­ranza ha can­cel­lato defi­ni­ti­va­mente la norma, che adesso potrebbe finire col far parte del dise­gno di legge sulle inter­cet­ta­zioni. Ridotti anche i tempi di con­ser­va­zione dei dati rac­colti, fis­sati dal decreto in 24 mesi, acco­gliendo così i rilievi fatti nei giorni scorsi al testo dal Garante per la pri­vacy Anto­nello Soro. Che ieri ha salu­tato con sod­di­sfa­zione le deci­sioni dell’aula di Mon­te­ci­to­rio. «Lo stral­cio della norma sulle inter­cet­ta­zioni da remoto — ha com­men­tato il Garante — con­sen­tirà un sup­ple­mento di rifles­sione quanto mai neces­sa­rio quando sono in gioco libertà e pro­te­zione dei dati per­so­nali». Apprez­za­mento per la deci­sione è stato espresso anche dal com­mis­sa­rio dei diritti umani del Con­si­glio d’Europa, Nils Muiz­nieks.

Tutto adesso è rin­viato al dise­gno di legge sulle inter­cet­ta­zioni, che il governo vor­rebbe appro­vare il più velo­ce­mente pos­si­bile e dove la norma incri­mi­nata potrebbe ritor­nare sotto forma di emen­da­mento, come ha lasciato inten­dere ieri lo stesso pre­mier Mat­teo Renzi.

Con­tra­ria­mente a quanto pre­vi­sto fino a due giorni fa dal decreto, però, le inter­cet­ta­zioni non potranno essere più indi­scri­mi­nate e coin­vol­gere poten­zial­mente tutti i cit­ta­dini, bensì limi­tate ai soli sog­getti sospet­tati di svol­gere un’attività ter­ro­ri­stica e comun­que auto­riz­zate da un magi­strato. «Non si pos­sono uti­liz­zare le norme con­tro il ter­ro­ri­smo per spiare tutti e bypas­sare la dove­rosa tutela della pri­vacy», ha com­men­tato ieri il capo­gruppo di Sel alla Camera Arturo Scotto. «Evi­den­te­mente il mini­stro Alfano, che dimo­stra ancora una volta di essere ina­de­guato a rico­prire quel ruolo, è stato troppo occu­pato, e pre­oc­cu­pato, dalle vicende del suo par­tito per ren­dersi conto che quella norma era da regime tota­li­ta­rio».

Il decreto viag­gia intanto velo­ce­mente verso la sua tra­sfor­ma­zione in legge. Ieri le oppo­si­zioni hanno tagliato gran parte dei 250 emen­da­menti al testo, con­sen­tendo così all’aula di votare tutti i rima­nenti entro sera e di arri­vare al voto defi­ni­tivo mar­tedì pros­simo. Esclusa a que­sto punto, il ricorso al voto di fidu­cia da parte del governo.

Tra le novità di ieri c’è il via libera — gra­zie a un emen­da­mento pre­sen­tato dal M5S — all’uso di droni per i con­trollo de ter­ri­to­rio da parte delle forze dell’ordine. I droni potranno essere uti­liz­zati per pre­ve­nire e con­tra­stare reati ambien­tali, di cri­mi­na­lità orga­niz­zata e di natura ter­ro­ri­stica sulla base di un decreto che mini­stero degli Interni., della Difesa e dei Tra­sporti dovranno varare entro 120 giorni dall’approvazione della legge.

Tutto il pac­chetto anti-terrorismo avrà un costo com­ples­sivo ce si aggira intorno ai 950 milioni di euro, la mag­gior parte dei quali pro­ve­nienti dal decreto mis­sioni inter­na­zio­nali e da altre coper­ture spe­ci­fi­che. Tre milioni, — e non più 14 come pre­vi­sto ini­zial­mente — ver­ranno invece presi dal fondo per le poli­ti­che di asilo dei migranti. 40 milioni di euro sono invece desti­nati all’operazione Mare sicuro, la mis­sione anti ter­ro­ri­smo avviata nel Medi­ter­ra­neo.

Spe­ci­fi­cata meglio, infine, la norma che col­pi­sce i foreign fighter, coloro che deci­dono di arruo­larsi nell’esercito dell’Isis, e quanti orga­niz­zano viaggi all’estero.

La norma pre­ve­deva gene­ri­ca­mente una reclu­sione tra i 5 e gli 8 anni di car­cere, senza indi­care lo sce­na­rio in cui viene com­messo il reato. Due emen­da­menti iden­tici di Sel e M5S pre­ci­sano invece che si deve trat­tare di viaggi verso l’estero.

26 marzo 2015

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Antiterrorismo, se il genio italico si infila nei computer

Un emendamento che stravolgeva il testo originario votata in poche ore e di notte

Massimo Villone - tratto da http://ilmanifesto.info/antiterrorismo-se-il-genio-italico-si-infila-nei-computer/

Lo spione di Stato è appro­dato in Par­la­mento. Il fat­tac­cio è acca­duto nelle com­mis­sioni con­giunte II e IV della Camera, che hanno appro­vato nella seduta del 19 marzo l’emendamento 2.100 del governo al dise­gno di legge AC 2893-A (con­ver­sione del cosid­detto decreto anti­ter­ro­ri­smo). L’emendamento modi­fi­cava l’art. 266-bis, co. 1, c.p.p. con­sen­tendo le inter­cet­ta­zioni «anche attra­verso l’impiego di stru­menti o di pro­grammi infor­ma­tici per l’acquisizione da remoto delle comu­ni­ca­zioni e dei dati pre­senti in un sistema infor­ma­tico». Non si tratta più di inter­cet­tare un dato o una comu­ni­ca­zione in tran­sito o in corso di svol­gi­mento. È spio­nag­gio in senso pro­prio. Ogni com­pu­ter, tablet, smart­phone diventa un libro aperto. E non — si badi — solo per fatti di ter­ro­ri­smo, ma anche per un gran numero di reati che con il ter­ro­ri­smo nulla hanno a che fare. Spy­ware e phi­shing si coprono con la sacra­lità dell’interesse pubblico.

A Palazzo Chigi le pen­sano di notte. L’emendamento 2.100 arriva alle Com­mis­sioni nel corso della seduta — appunto, not­turna — del 18 marzo 2015, ini­ziata alle 20.05. Accan­to­na­mento degli emen­da­menti all’art. 2, ter­mine per i sube­men­da­menti la mat­tina suc­ces­siva, vota­zione nella seduta del 19 marzo ini­ziata alle 17.30. Sono respinti i — pochis­simi — sube­men­da­menti, tesi a limi­tare la por­tata del 2.100.

L’ineffabile vice­mi­ni­stro Bub­bico afferma che «si uti­liz­ze­ranno tutti gli stru­menti tec­nici esi­stenti per ren­dere pos­si­bile la fina­lità per­se­guita dalla norma, vale a dire l’acquisizione da remoto delle comu­ni­ca­zioni e dei dati pre­senti in un sistema infor­ma­tico». E rin­cara poi la dose, chia­rendo che «non è pos­si­bile far sapere quali mezzi tec­nici le forze dell’ordine use­ranno per per­se­guire i reati e con­tra­stare il cri­mine, in quanto que­sto tipo di pub­bli­cità vani­fi­che­rebbe la loro azione» (Bol­let­tino Com­mis­sioni, 19.03.2015, pag. 10).

Forse un governo meno arro­gante avrebbe almeno avuto la cau­tela di far pre­sen­tare l’emendamento da qual­che inno­cuo peone di mag­gio­ranza, per non met­terci troppo la fac­cia. Ma non que­sto governo, che non esita a dichia­rare aper­ta­mente di voler spiare in segreto pro­pri cit­ta­dini. E soprat­tutto col­pi­sce che norme stra­vol­genti siano state appro­vate in poche ore, nella incon­sa­pe­vo­lezza dei gruppi par­la­men­tari, e senza alcun parere delle com­mis­sioni di merito.

La giu­sti­fi­ca­zione, ovvia­mente, è nel fatto che si tratta di con­ver­sione di decreto legge, che deve giun­gere all’approvazione entro 60 giorni. Ma que­sto dimo­stra come abbia ragione la Corte costi­tu­zio­nale nella sent. 32/2014, in cui afferma sulla decre­ta­zione di urgenza che una «pene­trante e inci­siva riforma, coin­vol­gente deli­cate scelte di natura poli­tica, giu­ri­dica e scien­ti­fica, avrebbe richie­sto un ade­guato dibat­tito par­la­men­tare, pos­si­bile ove si fos­sero seguite le ordi­na­rie pro­ce­dure di for­ma­zione della legge, ex art. 72 Cost. … Nella misura in cui le Camere non rispet­tano la fun­zione tipica della legge di con­ver­sione … al fine di per­se­guire scopi ulte­riori rispetto alla con­ver­sione del prov­ve­di­mento del Governo, agi­scono in una situa­zione di carenza di potere».

È esat­ta­mente quel che è acca­duto. Di certo, la mate­ria trat­tata nell’emendamento 2.100 era troppo deli­cata, impor­tante e inno­va­tiva rispetto al testo ori­gi­na­rio per essere vei­co­lata in un emen­da­mento in sede di con­ver­sione, e per di più not­te­tempo. E abbiamo anche un assag­gio di quel che può diven­tare il pro­ce­di­mento legi­sla­tivo con il potere di ghi­gliot­tina per­ma­nente che la riforma costi­tu­zio­nale in iti­nere con­cede all’esecutivo, e la con­se­guente sem­pre pos­si­bile stroz­za­tura dei tempi del lavoro parlamentare.

Il dub­bio di inco­sti­tu­zio­na­lità sull’emendamento si aggiunge ai molti già espressi dagli esperti nelle audi­zioni sul decreto. Man­cato rispetto dei prin­cipi di deter­mi­na­tezza e di offen­si­vità, di neces­sità e pro­por­zio­na­lità, della riserva di giurisdizione.

Ora il testo è stato di nuovo emen­dato in aula ma la norma sullo spione di Stato, stral­ciata, potrebbe rien­trare nel ddl inter­cet­ta­zioni, spe­riamo ridotta al solo ter­ro­ri­smo, al fon­dato sospetto che la spe­ci­fica utenza infor­ma­tica vi sia diret­ta­mente e atti­va­mente coin­volta, e comun­que su deci­sione del giu­dice. Se tor­nerà uguale a prima, potremmo con­so­larci con qual­che para­dosso. È in Senato l’AS 1627, già appro­vato dalla Camera, che intro­duce il reato di inqui­na­mento pro­ces­suale e depi­stag­gio punito con la reclu­sione fino a 4 anni. Se fosse defi­ni­ti­va­mente appro­vato, quid juris se il nostro anti­vi­rus sco­prisse e neu­tra­liz­zasse lo spione di Stato? Dovremmo temere la galera? E se faces­simo un hard reset dello smart­phone o del tablet? Se for­mat­tas­simo l’hard disk? Si aprono oriz­zonti di cui forse pos­siamo sor­ri­dere. Ma non è diver­tente l’idea che una mail rice­vuta per errore o un dato occul­ta­mente e con male­vola inten­zione intro­dotto nel com­pu­ter, possa dis­sol­vere a nostra insa­puta le difese con­tro l’invasione del potere pubblico.

Renzi ha ragione: esi­ste un genio ita­lico, in spe­cie gover­na­tivo. Pec­cato sia volto al male.

26 marzo 2015

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