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28/02/2015

Messico: 12 maestri ‘desaparecidos’, polizia accusata di violenza sessuale

Dopo i 43 studenti di Ayotzinapa spariti nel nulla il 26 settembre la stessa sorte tocca ai maestri? Alcune organizzazioni di docenti messicani hanno denunciato ieri la scomparsa di 12 loro colleghi e gli abusi sessuali subiti da quattro maestre a seguito della dura repressione scatenata martedì scorso dalla polizia contro migliaia di manifestanti che protestavano nel porto di Acapulco a favore del pagamento degli stipendi arretrati, saldatisi con un maestro ucciso, decine di feriti e centinaia di fermati.

Manuel Salvador Rosas, rappresentante del Coordinamento statale dei lavoratori dell’istruzione dello Stato di Guerrero (Ceteg) – lo stesso Stato in cui a settembre sei persone sono state uccise dai poliziotti di Iguala e dai narcos e 43 studenti della scuola rurale di Ayotzinapa sono spariti nel nulla – ha annunciato una denuncia formale alle autorità. “Ora non sono più solo i 43. Dalla repressione di Iguala a oggi si contano anche 12 maestri che non compaiono più da nessuna parte, non sono a casa, non sono agli arresti” ha detto a una emittente radio locale.

“Quattro maestre affermano di essere state violentate nel giorno della repressione” ha aggiunto Rosas. In quanto al docente in pensione rimasto ucciso martedì a causa del pestaggio da parte degli agenti, il 65enne Claudio Castillo, l’organizzazione sindacale ha respinto la versione ufficiale fornita dalla polizia secondo la quale sarebbe stato investito da un’auto. “Era in testa al corteo, in nessun momento è sceso dal suo mezzo, è stata la polizia a tirarlo giù e a colpirlo. Era una persona disabile, non era autosufficiente negli spostamenti”.


Intanto alcune migliaia di persone hanno partecipato a una manifestazione a Città del Messico per commemorare i cinque mesi dalla scomparsa dei 43 studenti che secondo il governo sono stati uccisi da una gang di trafficanti di droga in combutta con le autorità e la polizia di alcune località del Guerrero. La marcia è partita da una piazza al centro di Città del Messico e si è chiusa fuori dalla residenza del presidente Enrique Pena, circondata da un ingente dispositivo di polizia in assetto antisommossa.

La marcia si è chiusa con la consueta repressione della polizia nei confronti dei giovanissimi manifestanti – molti i feriti – e con l'arresto di alcuni di loro. L'episodio più cruento si è verificato quando la polizia ha aggredito un gruppo di studenti che si allontanavano dal luogo di chiusura della manifestazione vicino alla fermata della metropolitana Sevilla. Nel corso delle violentissime cariche diversi studenti hanno riportato ferite gravi come traumi cranici e fratture del volto e cinque di loro sono stati arrestati.

Gli studenti scomparsi studiavano in un collegio di preparazione alla carriera di insegnante ad Ayotzinapa. Sono scomparsi dopo essere stati arrestati dalla polizia il 26 settembre; secondo le autorità gli agenti li hanno consegnati a una gang di trafficanti di droga, i ‘Guerreros Unidos’, che li avrebbero uccisi e ne avrebbero bruciato i resti gettandoli in alcune discariche. Ma i parenti delle vittime e il movimento che si è sviluppato in solidarietà con i desaparecidos respingono la ricostruzione del procuratore generale dello Stato, Murillo, notando che finora non sono stati recuperati i resti degli scomparsi e che la tattica del governo è quella di concludere le indagini e salvare da possibili ripercussioni le autorità politiche e militari del paese che invece sarebbero coinvolti nel massacro e nel rapimento.

"Fino a quando i media nasconderanno la partecipazione della polizia federale e dell'esercito nel massacro di Iguala, non ci fermeremo” hanno avvertito i manifestanti che giovedì hanno marciato a Città del Messico ma anche in altre città dello Stato.

Come a Cancun, dove 13 manifestanti sono stati arrestati.

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