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28/12/2014

Tito Boeri all'Inps, taglio alle pensioni in vista

Che ci fa un professore della Bocconi (un altro...), presidente della Fondazione Debenedetti, editorialista di Repubblica, fondatore de Lavoce.info, ex senior economist dell'Ocse e tante altre cose alla presidenza dell'Inps?

A prima vista arriva a restituire normalità all'ente incaricato di ritirare i contributi previdenziali dalle imprese ed erogare le pensioni, secondo le regole stabilite in passato. Dopo la sciagurata stagione di Mastrapasqua e due commissari straordinari, un presidente autorevole potrebbe sembrare quello che ci vuole.

Il primo sospetto è venuto dalla constatazione della sproporzione evidente tra il curriculum del Boeri più noto (il fratello Stefano, architetto, ha firmato tra l'altro il "recupero" dell'arsenale de La Maddalena per un vertice G8, in regime berlusconiano) e la presidenza di un carrozzone di Stato, decisivo nelle politiche di redistribuzione ma pur sempre un carrozzone di Stato.

Poi, dagli articoli dedicati alla nomina dai giornali mainstream, è cominciata a trapelare qualche ragione meno peregrina. Al Corriere della Sera, per esempio, si sono ricordati con affetto di quel che alcuni anni fa era stato un lavoro scientifico del prof. Boeri giudicato forse a torto "minore": il meccanismo di "ricalcolo" delle pensioni.

Ai profani può sembrare in effetti poca cosa, ma il meccanismo tecnico disegnato - in via d'ipotesi, per carità - da Boeri era incardinato dentro un'idea di riforma complessiva del sistema pensionistico pubblico. In pratica, Boeri si è segnalato in campo pensionistico per l'idea di ricalcolare le pensioni in essere interamente con il sistema contributivo, superando la stratificazione normativa - e monetaria - creata dal tempo della "riforma Dini" (1995).

Un'altra riforma delle pensioni è del resto stata più volte evocata come "necessaria" in ambito governativo e confindustriale, ma subito le voci sono state silenziate, perché facevano sembrare il governo Renzi un po' troppo simile a tutti quelli precedenti, specie all'odiatissimo Monti-Fornero, e stavolta pure senza alcuna lacrima dietro il sorriso strafottente.

L'idea di Boeri ha invece il pregio di apparire soltanto un "dettaglio tecnico", non proprio una "riforma". Consentirebbe grandi risparmi sulla spesa pensionistica senza dover allungare ulteriormente l'età pensionabile (67 anni sono un limite che per il momento neanche la Merkel chiede di superare).

Come? Tagliando gli assegni alle pensioni già in essere. Il ragionamento è semplice quanto omicida: se si "ricalcola" l'assegno pensionistico - di quelli che già si sino ritirati dal lavoro come di chi ci andrà in futuro, da qui all'eternità - secondo il sistema contributivo (in base cioè ai contributi effettivamente versati) si ottiene una riduzione più o meno drastica della cifra erogata. Dipende da quanti anni di servizio sono stati calcolati fin qui col "retributivo" e naturalmente dall'entità dei contributi versati annualmente (in proporzione allo stipendio).

A venir falciati in misura maggiore sarebbero dunque gli assegni attualmente pagati ai pensionati che hanno avuto tutta la loro carriera calcolata col retributivo (diciamo quelli che si sono ritirati dal lavoro fino a una decina di anni fa, grosso modo). A seguire ci sarebbe un taglio sostanzioso per quanti, all'epoca della Dini, si sono visti spezzare la carriera in due periodi (una prima parte col "retributivo" e una seconda col "contributivo"). In linea teorica - ma non ci giureremmo - nulla cambierebbe per quanti già ora sanno che la loro vita lavorativa sarà compensata con una pensione da fame, quantificata in base al solo "contributivo". Constatiamo però che in campo pensionistico non sembra esistere limite alle riduzioni possibili; quindi anche i giovani attualmente al lavoro (quelli che hanno "la fortuna" di avercelo) potrebbero vedersi amputare parti più o meno consistenti dei quattro soldi che avranno a fine carriera (già ora è sotto attacco il Tfr...).

Insomma: una nomina che è tutto un programma. Di rapina.

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