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28/11/2014

Movimenti e rappresentanza politica: il caso Podemos

Da diverso tempo il caso Podemos – il partito politico nato dall’esperienza del movimento degli “indignados” in Spagna – sta tenendo banco nelle discussioni di movimento. A ragione, vorremmo sottolineare, perché il caso si presta ad una molteplicità di letture affatto attuali e dirimenti per la situazione italiana. Interpretare il caso spagnolo è allora opportuno, perché può insegnarci qualcosa, per cogliere i limiti e le potenzialità di tale esperimento, insomma per generare una discussione capace di smuovere le secche politiche dei movimenti italiani. Movimenti costantemente stretti tra rifiuto della rappresentanza e crisi del politico, una vuoto di volta in volta riempito dalle peggiori imitazioni del concetto di sinistra. 

Podemos nasce nel gennaio di quest’anno, a più di tre anni dall’esplosione (e dalla relativamente rapida dissoluzione) del movimento degli indignados (un movimento particolare che già aveva attirato la nostra attenzione: uno, due e tre link utili a capire cosa ne pensavamo). Una dissoluzione determinata da vari fattori anche contrastanti, il primo dei quali è la non strutturazione dell’esperienza politica, che ha portato questa al veloce dissolvimento una volta raggiunto l’apice della protesta. Un movimento politico basato esclusivamente sulla mobilitazione costante infatti non riesce a reggere alla distanza, quando fisiologicamente la mobilitazione viene meno per le ragioni più varie. E in genere, senza strutturazione e visione politica definita, la capacità delle proteste di movimento di “cogliere l’attimo”, cioè portare a casa dei risultati stabili nel momento di massima partecipazione, è molto scarso. Una certa agilità movimentista è allora necessaria alla capacità di mobilitazione, ma senza strutturazione questa disperde troppo velocemente il capitale umano e politico attivato. Podemos conferma direttamente questa tendenza. Nonostante il “movimiento 15M” abbia continuato la propria attività assembleare, dialettica, partecipativa, radicale, anche nella fase calante della protesta, nei fatti era scomparso dal panorama politico effettivo spagnolo. La nascita di Podemos ha riportato immediatamente in auge le vertenze e la visione politica di quel movimento, e stavolta senza la necessità di una mobilitazione costante che lo ponesse al centro delle cronache. Attraverso un processo di ampio respiro democratico, il partito non solo si è dato un programma definito e chiaro, ma si è anche organizzato sul terreno della rappresentanza politica ufficiale, divenendo il quarto partito di Spagna e soprattutto un’alternativa identificabile nel calderone dell’offerta politica. Rappresentanza e “conoscibilità”, identificazione chiara di un progetto e strutturazione, non fanno rima con elezioni. Il fatto che Podemos si sia posto anche su un piano elettorale è paradossalmente la caratteristica meno interessante. E’ stata una scelta, potremmo dire anche azzeccata, ma è il risultato di un percorso politico, non l’origine di un esperimento elettorale.

Podemos struttura dunque le aspirazioni politiche di un movimento altrimenti relegato all’invisibilità, capace di generare interesse solamente nel momento di massima mobilitazione ma destinato all’irrilevanza nella quotidianità. Ovviamente parliamo di un’irrilevanza riferita alla massa di lavoratori/elettori del contesto spagnolo, che dovrebbero costituire il naturale bacino sociale di quel movimento, non di quei militanti che anche nella fase di bassa marea hanno continuato a portare avanti le ragioni della protesta. Ma se la politica riguarda la costruzione di quel feedback decisivo tra avanguardie militanti e composizione sociale, quel legame per cui un’avanguardia rappresenta le ragioni politiche di una determinata classe, allora l’invisibilità di un movimento ne descrive la sua incapacità di farsi alternativa politica. L’esperimento politico di Podemos ha colmato questa irrilevanza, e lo ha fatto tramite la strutturazione politica di un’esperienza altrimenti defunta (ripetiamo: defunta per l’opinione media ecc).

Nel merito, Podemos ha avuto la capacità di riportare il discorso egemone (e liberista) sulla casta, la corruzione politica, lo scontro generazionale, ad un quadro di valori e di proposte chiaramente di sinistra. Il programma politico uscito fuori dalla discussione interna (ed esterna) al partito è un programma chiaramente di sinistra radicale. Seppur concedendo molto alla visione socialdemocratica-keynesiana dei rapporti di produzione, nonché della retorica moltitudinaria dei beni comuni, l’orizzonte politico definito è quello della socializzazione effettiva dell’economia, della nazionalizzazione totale dei mezzi di produzione economici e finanziari principali, dell’allargamento della democrazia reale sia nella sostanza che nella forma. Purtroppo, questo programma mirabilmente chiaro è al servizio di una retorica politica promossa dal partito di un apparente equidistanza tra la destra e la sinistra, categorie giudicate sorpassate nell’attuale contesto politico. Podemos non si definisce organizzazione politica di sinistra, quanto piuttosto un contenitore dal basso per la rappresentanza di tutto ciò che si oppone “all’alto”. Una visione manichea e “spoliticizzante” che non favorisce le istanze stesse dell’esperimento politico. Dando sponda alla retorica delle soluzioni per il “bene comune” che non sarebbero politicamente orientate, il progetto spagnolo sembra avvalorare l’ideologia mercatista per cui le soluzioni ai problemi “della popolazione” non sarebbero nella politica, inevitabilmente viziata dal contrasto ideologico destra/sinistra,  ma nell’accettazione di determinate soluzioni tecniche, di volta in volta boicottate dal ceto politico per i motivi di cui sopra: corruzione, privilegi di casta, complotti di vario genere, eccetera. Purtroppo questa retorica forte copre il merito del programma, che invece, ribadiamo, è un programma nettamente di sinistra, una sinistra che potremmo anche definire comunista, sebbene non legata a vecchi modelli d’impostazione politica, sia (evidentemente) nella forma che nella sostanza. Il fatto è che le proposte avanzate da Podemos, e a cui Podemos rimanda idealmente, non sono né tecniche né impolitiche. Sono il frutto di un’esperienza plurisecolare delle sinistre di classe, di una storia del movimento operaio che le ha definite attraverso le proprie esperienze.

La volontà, politica, di rompere i ponti con il passato, di non storicizzare il proprio retroterra politico, è un errore capitale per le ragioni di Podemos. Prima di tutto, perché contribuisce ad alimentare le ragioni dell’irrilevanza delle sinistre nel contesto europeo, visto l’appoggio ad un certo tipo di retorica che punta in primo luogo proprio alla scomparsa di una visione politica autonoma delle classi subalterne. In secondo luogo, perché rende tale progetto politico “scalabile” da altre posizioni. Se la dirimente non è più destra/sinistra, una qualsiasi opzione politica *di destra* potrebbe appropriarsi dello spirito e delle ragioni rappresentante dal Podemos di turno. In Italia abbiamo un esempio chiaro di questa tendenza: a forze di ripetere che non esistono più soluzioni politiche identificabili, un gruppo dirigente di destra, Grillo e la Casaleggio associati, si è appropriato di un impianto politico di sinistra rimodulandolo in chiave pacificante e liberista, razzista e anarco-capitalista. La facilità con cui Grillo si è apparentemente presentato come leader di sinistra, salvo poi demolire le ragioni della sinistra a vantaggio di un progetto politico liberista, è sotto gli occhi di tutti e risponde proprio alla stessa logica purtroppo promossa da Podemos: senza storicizzazione della propria esperienza politica, questa perde il valore di esperienza diventando permeabile a qualsiasi retorica apparentemente (post)moderna.

Il partito politico di Pablo Iglesias allora ci dice due cose: la prima, che una sintesi politica organizzata capace di rappresentare le ragioni dei movimenti di classe è necessaria allo sviluppo e alle possibilità di vittoria dei movimenti stessi. La seconda, che un cedimento all’ideologia liberista (né destra né sinistra; soluzioni tecniche; beni comuni per la popolazione indifferenziata al suo interno; lotta a presunta “caste” di privilegiati; ecc.) impedisce a questi movimenti/partiti di essere vera alternativa al sistema politico-economico attuale. Podemos è nel mezzo di queste due tendenze, e il suo futuro sviluppo ne determinerà la reale consistenza.

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