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25/09/2014

Libano - Jihadisti sempre più presenti, Beirut chiede armi e soldi alla coalizione anti-Isis

L’ombra jihadista che marcia su Beirut non è una promessa, ma quasi una realtà. E dopo la decapitazione, da parte del fronte al-Nusra, di Mohammed Hamieh – uno dei circa 30 soldati libanesi ostaggi della formazione qaedista da oltre due mesi (Hamieh è stato il terzo soldato decapitato dall’inizio di settembre, ndr) – ieri è stata la volta dell’attacco a un posto di blocco di Hezbollah nel villaggio di Khraibeh, nella valle della Bekaa. Tre miliziani sono rimasti uccisi e numerosi feriti. La rivendicazione è arrivata immediatamente, firmata al-Nusra: la stessa formazione cui gli Stati Uniti hanno indirettamente regalato centinaia di milioni di dollari per combattere l’Isis assieme alle altre formazioni ribelli sul territorio siriano. E stamattina Hezbollah ha colpito in Siria una base di al-Nusra, uccidendo 23 jihadisti tra cui il loro leader Abdel Leith al-Shami.

Ora i servizi d’intelligence americani avrebbero individuato una nuova minaccia jihadista proveniente dalla Siria e conosciuta con il nome di gruppo Khorasan: guidato da Muhsen al-Fadhli, un tempo vicino a Osama Bin Laden, il gruppo sarebbe uno dei più pericolosi della galassia jihadista siriana assieme ad al-Nusra. Khorasan ha annunciato questa mattina di voler marciare sul Libano, già impegnato in un conflitto frontaliero con i miliziani di al-Nusra e sul fronte interno con i loro sostenitori nel paese, a cominciare da quelli, numerosissimi, presenti nella città di Tripoli e nelle enclavi sunnite al confine con la Siria. Secondo una fuga di notizie da parte dei servizi segreti libanesi ci sarebbero, inoltre, 40 cellule dell’Isis attive in tutto il territorio libanese, pronte a colpire obiettivi nemici come Hezbollah o le zone sciite, già abbondantemente devastate da una serie di attentati e attacchi che vanno avanti da un anno e mezzo, da quando cioè il Partito di Dio ha partecipato alla battaglia di Qusair al fianco dell’esercito di Assad.

Nel mezzo sta il governo libanese e il suo debole esercito, che all’inizio di agosto ha subito gravi perdite nell’attacco jihadista alla cittadina di frontiera di Arsal, con decine di soldati e poliziotti uccisi e rapiti. Alleata della coalizione internazionale anti-Isis capeggiata dagli Stati Uniti, Beirut ha detto di voler “prendere e non dare” nella lotta allo stato islamico, dal momento che “combattiamo l’Isis a casa nostra”. “Il Libano – ha dichiarato ieri il ministro degli Esteri Gebran Bassil – è nel cuore della battaglia. Non abbiamo armi né jet per contribuire agli attacchi contro l’Isis, ma al contrario abbiamo bisogno di armi, aerei e soldi per combattere i jihadisti che sono a casa nostra”. Bassil ha inoltra annunciato che il Libano non fornirà spazi aerei da sorvolare né basi militari per gli alleati. Certo è che se i finanziamenti all’esercito libanese non arriveranno in fretta, si assisterà a un’escalation di “auto-difesa”: gli ultimi a scendere nelle strade sono stati, a partire da agosto, i cristiani. Secondo fonti locali, stanno riattivando le loro milizie per la prima volta dalla fine della guerra civile.

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