Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

28/08/2014

Un’ America esitante col nemico/amico a fasi alterne


Quando la coppia Obama-Clinton prometteva di rinunciare a esportare la democrazia con le armi e a promuovere la diffusione degli ideali democratici e dei diritti umani attraverso il ‘soft power’ sostenendo i movimenti che nel mondo chiedevano di abbattere i dittatori. Poi in Siria nacque Isis.

 C’è poco da fare. Per quanto uno si sforzi di comprendere la politica estera dell’attuale amministrazione USA cercando una strategia globale, un quadro razionale in cui i vari tasselli assumano infine un significato preciso (o almeno più leggibile), ogni tentativo in tale direzione è frustrato da una percezione di incertezza che tende a crescere piuttosto che a diminuire.

Inutile rimarcare che vi sono anche delle ragioni atte a spiegare un simile stato di cose. Dopo la scomparsa dell’URSS e la fine della Guerra Fredda, lo scenario internazionale è diventato molto più complicato e difficile da gestire. Ammesso che gli americani siano tuttora intenzionati a gestirlo, e secondo molti commentatori la loro volontà in questo senso non c’è più. Spesso le parole di Obama forniscono indizi che lasciano intendere una sorta di “ritiro” dagli impegni o, quanto meno, un alleggerimento del quale è però arduo capire la portata.

Ultimo caso emblematico è, ancora una volta, la Siria. Il Presidente ha autorizzato l’uso dei droni per “tenere sotto controllo” le vaste aree conquistate negli ultimi tempi dall’ISIS (o IS, per adottare l’ultimo acronimo in uso). Ufficialmente la Casa Bianca ha ignorato l’offerta di collaborazione da parte di Assad. In realtà pare non sia così, giacché inviare i droni senza avere il consenso di massima del governo siriano risulterebbe piuttosto arduo.

E allora si continua con le dichiarazioni ambigue. Vengono effettuate operazioni belliche ma non si deve ammetterlo apertamente poiché Assad resta comunque un nemico, anche se ora si è capito che la sua presenza serve. I miliziani jihadisti del califfato sono il demonio da sconfiggere a ogni costo. Però si continua a insistere sull’utilità di potenziare presunte milizie moderate e filo-occidentali che dovrebbero, nello stesso tempo, battersi contro l’ISIS da un lato e contro l’esercito regolare di Damasco dall’altro. Non può funzionare, ma fa lo stesso.

Eppure di recente c’era stata una polemica tra lo stesso Obama e Hillary Clinton proprio su questo tema, con il Presidente in carica che, molto seccato, aveva risposto che le milizie di cui sopra sono troppo deboli per essere prese sul serio. Altri aggiunsero addirittura che non esistono. Invece eccole tornare sulla scena, probabilmente a uso e consumo di un’opinione pubblica americana sempre più confusa a causa dei continui oscillamenti dell’amministrazione.

Si può forse capire qualcosa leggendo quanto scrive Hillary Clinton nel suo libro di memorie. Rispetto al passato, la coppia Obama-Clinton si proponeva, all’inizio del mandato, di rinunciare a esportare la democrazia con le armi. Intendeva piuttosto promuovere la diffusione degli ideali democratici e dei diritti umani facendo ricorso al “soft power” e incoraggiando i vari movimenti che, in Medio Oriente e altrove, chiedevano di abbattere i dittatori.

Nel libro suddetto troviamo pagine che, se non fossero tragiche, risulterebbero davvero esilaranti. Quando l’ex Segretario di Stato si recò a Tripoli per verificare sul campo i progressi del movimento democratico libico, fu accolta all’aeroporto da una banda di omoni barbuti con il mitra a tracolla. Dopo un attimo di sgomento, la Clinton capì che erano “bravi ragazzi” che volevano solo scortarla all’ambasciata. Rimase affascinata quando costoro intonarono “Dio è grande” e “U-S-A”, dandole pure grandi pacche sulle spalle. Giunse intatta all’ambasciata, ma pochi giorni dopo ci fu l’assalto di Bengasi con l’assassinio dell’ambasciatore Stevens.

Un atteggiamento “leggero” che sorprende, e che spiega molto dei continui disastri subiti dalla diplomazia USA negli ultimi anni. Non vi sono tuttavia tracce di rinsavimento, giacché la Clinton continua sino alla fine a sostenere l’utilità di promuovere i diritti umani e, addirittura, l’uguaglianza di genere in Paesi come Libia, Pakistan e Afghanistan.

Questa tendenza è tuttora in atto e la situazione è peggiorata con l’avvento di John Kerry, la cui personalità è senza dubbio meno forte di quella di Hillary Clinton. L’attuale Presidente è prigioniero di questa visione irenica del mondo, che gli impedisce di assumere toni decisi quando sarebbe il caso di farlo, e di riconoscere che la realtà assai spesso – per non dire sempre – non corrisponde all’immagine che gli uomini se ne fanno.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento