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31/08/2014

Mogherini, vittoria di Pirro

di Fabrizio Casari

Alla fine, come pronosticato anche qui, Federica Mogherini, Ministro degli Esteri italiano, è stata eletta alla carica di Lady Pesc, ovvero Alto Rappresentante Europeo per la politica estera e di sicurezza. E’ certamente una vittoria politica di Matteo Renzi, che della nomina della Mogherini in Europa ne ha fatto una questione cruciale, quasi una ossessione. Berlino, Parigi e Londra non hanno avuto particolari difficoltà ad accettare il capriccio di Renzi, dal momento che non sarà certo la politica estera il terreno principale delle contraddizioni interne alla UE. In cambio, ottenere l’inutile nomina a Mr Pesc ne impedisce altre di maggior peso politico.

Per questo, nonostante le opposizioni dei paesi dell’Est Europa, ampio era il consenso dei paesi decisivi e lo stesso accordo tra socialisti e democristiani a livello europeo, che aveva prodotto la nomina di Junker a Commissario Europeo con il voto decisivo del PSE, (con il PD italiano in prima fila) comportava per riequilibrio sia la vicepresidenza del Consiglio d’Europa che l'Alto Rappresentante agli esteri e alla sicurezza a forze e paesi diversi.
La nomina della Mogherini era scontata proprio dopo l’avvenuta nomina di Junker e l’opposizione degli ex appartenenti al blocco socialista dell’Est non avrebbe potuto impedire l’arrivo della signora romana a Bruxelles. Ungheria, Bulgaria, Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, Croazia, Romania, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia, pur costituendo un blocco numeroso sono però paesi dal peso politico ridotto a livello europeo. Vedono comunque bilanciare la sconfitta patita su Lady Pesc con la nomina di Donald Tusk, ex premier polacco, a Vicepresidente permanente del Consiglio d’Europa.

Peraltro, l’opposizione di Praga, Varsavia, Budapest e soci poggiava su un elemento discutibile, cioè la presunta “morbidezza” della Mogherini nei confronti di Mosca. Ma si tratta di furore ideologico allo stato puro, dal momento che Mogherini, come del resto i governi determinanti europei, non sono inclini a verbosità guerriere contro Mosca. A Varsavia o a Praga, tutto meno che icone di democrazia, in linea con il cioccolataio di Kiev si chiede l’apertura di una guerra con la Russia di Putin, salvo poi, a giorni alterni, chiedere armi e soldi a Europa e Usa. Un “armiamoci e partite” quindi, che non viene accreditato di particolare considerazione a Bruxelles.

Anche perché, differentemente dai parìa dell’Est, proprio a Bruxelles (vista come sede Ue e Nato) sanno perfettamente la differenza che corre tra una diplomazia attenta all’interlocuzione e un comizio; e dal momento che sono Berlino, Parigi, Londra, Roma e Madrid a sostenere lo scontro politico, diplomatico e commerciale con Mosca, ritengono di dover affrontare i nodi delicati della partita con la Russia con la precisa consapevolezza di doversi poi assumere le conseguenze del loro agire politico.
Ciò detto, rimane da decifrare politicamente la ragione dell’impegno spasmodico di Renzi per occupare la casella di Lady Pesc, a parte l’evidenza della volontà del premier italiano di ottenere un successo personale, aspetto del resto presente in tutta l’attività dell’uomo con il gelato. Intendiamoci: la nomina a Lady Pesc di una politica italiana non rappresenta un danno per il Paese, ci mancherebbe altro.
Semplicemente, Lady Pesc - come ha dimostrato la Signora Ashton - è un ruolo puramente figurativo, privo di qualunque decisionalità politica, dal momento che Bruxelles non ha una linea politica continentale nelle relazioni internazionali; sostiene posizioni comuni solo su questioni di relativa importanza, mentre i dossier decisivi per gli equilibri internazionali ciascun paese membro della UE li affronta per proprio conto e d’accordo con Washington.
E, proprio in relazione a quest'ultimo aspetto, va sottolineato come la vicinanza di Renzi a Obama abbia visto Washington dare il suo gradimento alla nomina di Federica Mogherini, ed è ovvio quanto noto che il sostegno statunitense sulla nomina di un ministro degli Esteri e della Sicurezza europea pesa come un macigno sulla scelta.

Per quanto riguarda le ricadute italiane della nomina di Federica Mogherini, si tratterà di vedere se Renzi riterrà di nominare solo una nuova titolare della Farnesina oppure se verrò colta l’occasione per un mini-rimpasto di governo. Nelle scorse settimane erano girate voci insistenti sullo spostamento di Alfano al posto della Mogherini, ma i deboli di stomaco hanno espresso diverse riserve.
Se infatti l’uscita di Alfano dal Viminale rappresenterebbe comunque una buona notizia per l’Italia, le recentissime polemiche su Frontex e sulla missione Mare Nostrum che il ministro dell’Interno ha scatenato contro l’Europa potrebbero costituire un’ulteriore difficoltà per lo spostamento di Alfano alla Farnesina. Voci maliziose sostengono che le polemiche sarebbero nate proprio in seguito alla consapevolezza di uno scarsissimo entusiasmo dei partner europei all’arrivo alla Farnesina di un uomo considerato non certo dotato di genialità politica.

Contemporaneamente, altri appetiti si scatenano. Casini, infatti, si danna quotidianamente per autocandidarsi a nuovo ministro degli Esteri e, benché il mantenimento in vita del governo è garantito dall’alleanza tra PD e Forza Italia, con il NDC e gli ex di SEL nel ruolo di attori non protagonisti, Renzi potrebbe ritenere utile blindare anche i voti della pattuglia di Cesa e Casini.

In attesa della consumazione del rito tutto democristiano del rimpasto, resta solo l’evidenza di come Renzi, mentre l’economia attraversa una fase drammatica e la disoccupazione registra la percentuale più alta della storia italiana dagli anni ’60 ad oggi, si sia impegnato allo spasimo per la controriforma istituzionale e la nomina di Federica Mogherini. La prima dannosa per l’Italia, la seconda inutile per l’Europa.

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