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27/07/2014

Gaza: la verità sulle menzogne di oggi in un Rapporto ONU del 2009

“Si… Ma, in fondo, anche Hamas contribuisce alla mattanza in Israele imponendo ai Palestinesi di fare gli scudi umani….” , “…e, comunque, gli Israeliani avvertono prima per dare il tempo ai palestinesi di evacuare gli edifici che saranno poi colpiti”, “…e poi Israele che è pur sempre uno stato democratico, ha sempre condotto accurate inchieste per appurare gli eccessi e le colpe di alcuni suoi militari…”

È questo il “mantra” che, alimentato dai tanti vergognosi articoli dei giornali padronali (primo tra tutti, – ça va sans dire – Repubblica) viene oggi salmodiato dalle tante “anime belle” del “pacifismo” per giustificare la loro assenza dalle mobilitazioni di questi giorni contro la mattanza di Gaza.

Ad essi consigliamo la lettura del Rapporto Goldstone una dettagliata (555 pagine) indagine sugli episodi che hanno costellato l’operazione “Piombo Fuso” (bombardamenti israeliani su Gaza dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009: 1417 palestinesi uccisi) commissionata dalle Nazioni Unite (Human Rights Council) al magistrato sudafricano Richard J. Goldstone riedito in Italia e curato, tra gli altri, da Vittorio Arrigoni. Un documento, costato caro a Goldstone, (di origini ebraiche e che non ha mai nascosto le sue posizioni filo-sioniste) che, tra l’altro, analizza anche le stesse identiche menzogne che, in questi giorni, vorrebbero ammansire l’indignazione per quanto Israele sta compiendo a Gaza.

Vediamone qualcuna.

Per quanto concerne le dichiarazioni del portavoce dell’esercito Israeliano alla Commissione di inchiesta secondo le quali l’aviazione israeliana era costretta a bombardare abitazioni nelle quali si trovavano civili che avrebbe voluto arrestare se non fosse che Hamas aveva disseminato in queste trappole esplosive, la Commissione così si esprime: “Pur non escludendo, alla luce dei citati rapporti, l'uso di trappole esplosive da parte dei gruppi armati palestinesi, la Commissione non ha basi per concludere che siano state messe a rischio delle vite civili, dato che nessuno dei rapporti registra la presenza di civili all'interno o nelle vicinanze delle case in cui si presume siano state collocate le trappole”. (Report of the United Nations Fact-Finding Mission on the Gaza Conflict, pag. 133)

Per quanto concerne le dichiarazioni dell’esercito Israeliano secondo le quali il bombardamento dell’ospedale Al Wafa non avrebbe dovuto provocare vittime in quanto era stato preceduto dal lancio di volantini e sms che invitavano i degenti e il personale ad abbandonarlo, la Commissione così si esprime: "Nonostante i media affermino che l'attacco fosse stato preceduto da un avvertimento, lo staff dell'ospedale nega di aver ricevuto alcun avvertimento specifico. Nell'area erano stati sganciati volantini con messaggi generici, in cui si minacciavano punizioni per il supporto fornito ad Hamas. L'ospedale aveva ricevuto anche un certo numero di avvertimenti telefonici con messaggi preregistrati in cui tuttavia non si indicava in modo specifico che l'ospedale stesso sarebbe stato oggetto di attacco, né tanto meno quando ciò sarebbe accaduto. Un medico ha affermato che l'ospedale avrebbe ricevuto circa quattro messaggi di questo tipo tutti i giorni a partire dal 27 dicembre 2008. Il 5 gennaio 2009 l'ospedale fu investito da un intenso fuoco di artiglieria, tra cui anche proiettili al fosforo bianco. I dirigenti medici riferiscono di avere ricevuto dei messaggi telefonici preregistrati e generici anche durante lo stesso attacco” (pag. 168)

Per quanto concerne le dichiarazioni dell’esercito Israeliano secondo le quali era stato costretto a bombardare l’ospedale in quanto sede di guerriglieri, la Commissione così si esprime (qui, in sintesi): “Non vi è alcuna prova della presenza di membri della resistenza armata all'interno dell'ospedale. (….). La Commissione reputa quindi, in base alle informazioni di cui dispone, che le forze armate israeliane abbiano violato gli articoli 18 e 19 della Quarta Convenzione di Ginevra.” (pag. 167)

Per quanto concerne le dichiarazioni dell’esercito Israeliano secondo le quali "Hamas ha abusato della protezione accordata ai luoghi di culto, utilizzando abitualmente le moschee come depositi di armi" la Commissione così si esprime: “Sebbene la Commissione non sia stata in grado di verificare le accuse in generale sull'uso delle moschee da parte dei gruppi palestinesi per nascondere armi, ha potuto esaminare un attacco missilistico lanciato dalle forze armate israeliane contro la moschea di Al-Maqadmah alla periferia del campo di Jabaliyah, il 3 gennaio 2009, in cui almeno 15 persone furono uccise e 40 ferite. La Commissione non ha trovato prove che questa moschea fosse utilizzata per nascondere armi o per altre attività militari da parte dei gruppi armati palestinesi. In questo caso, dunque, la Commissione non ha trovato prove delle accuse mosse dal governo di Israele.” (pag. 133)

Rispetto alle accuse di usare civili come “scudi umani”: “La Commissione ha ricevuto denunce sull'uso di uomini palestinesi come scudi umani da parte delle truppe israeliane nel corso delle perquisizioni di case in due aree a nord di Gaza. Gli uomini palestinesi sarebbero stati costretti sotto la minaccia delle armi ad entrare nelle case prima dei soldati o, in un caso, al posto dei soldati. La Commissione ha svolto indagini su quattro casi (….) e conclude che queste accuse sono credibili.” (pag. 526-527).

A proposito delle dichiarazioni del portavoce dell’esercito israeliano sul generale utilizzo del “Roof-knocking” (e cioè la tecnica di far colpire il tetto dell’edificio destinato ad essere distrutto da un missile privo di carica esplosiva per convincere gli abitanti ad abbandonarlo salvando così la loro vita), la Commissione (pag. 350-353) riporta numerose testimonianze di palestinesi che smentiscono questa tecnica. Più in generale la Commissione così si esprime sugli “avvertimenti” dati alla popolazione palestinese: “La Commissione riconosce che gli avvertimenti diffusi dall'esercito israeliano abbiano in alcuni casi incoraggiato diverse persone a fuggire dai pericoli rappresentati dall'invasione di terra, ma ciò non è sufficiente per considerarli generalmente efficaci. La Commissione ritiene che alcuni dei volantini contenenti avvertimenti specifici, come ad esempio quelli che Israele sostiene di avere diffuso a Rafah e ad al-Shujaeiyah, possano essere considerati efficaci. Tuttavia la Commissione non ritiene che i messaggi generici in cui si invitava la popolazione a spostarsi, ovunque si fosse trovata, verso i centri cittadini, soddisfino la soglia minima di efficacia nelle particolari circostanze di questa campagna militare. La Commissione ritiene che alcune telefonate specifiche abbiano fornito un preavviso efficace, ma considera con cautela la cifra di 165.000 telefonate. Senza ulteriori e sufficienti informazioni che consentano di stabilire quante di queste telefonate fossero specifiche, la Commissione non è in grado di determinare in che misura questo sforzo possa essere considerato efficace. La Commissione non considera la tecnica di lanciare missili all'interno o al di sopra degli edifici come un mezzo di avvertimento, tanto meno come un avvertimento efficace. È una pratica pericolosa che costituisce, nella sua essenza, una forma di aggressione piuttosto che un avvertimento. La Commissione è inoltre a conoscenza di diversi incidenti, su cui ha investigato, in cui persone civili sono state uccise o in altro modo danneggiate e trattate in modo umiliante e degradante dai soldati israeliani mentre fuggivano dai luoghi in cui era stato recapitato un avvertimento.” (pag.394-397)

Il Rapporto Goldstone, come già detto, consta di ben 555 pagine e non abbiamo qui la pretesa di sintetizzarlo. Concludiamo, quindi, accennando alle conseguenze che questo dettagliato Rapporto ha determinato. Nulla, assolutamente nulla. A parte l’epiteto di «nemico del popolo ebraico» rivolto dal Premio Nobel per la Pace, Elie Wiesel, a Goldstone che ha subito, sui mass media di tutto il mondo, una valanga di altre ingiurie e minacce.

E così quando alcuni mesi dopo la pubblicazione del Rapporto dell’ONU, due sottufficiali della brigata Givati, accusati di aver costretto un bambino palestinese di nove anni a far loro da "scudo umano" in un'azione durante l’operazione Piombo Fuso sono finiti davanti alla Corte marziale, se la sono cavata con sei mesi con la condizionale. Nel frattempo il comandante dell'Operazione Piombo Fuso, generale Yoav Galant, veniva promosso all’incarico di Capo dello Stato Maggiore Generale delle Forze armate israeliane.

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